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“L’Intelligenza Emotiva ci accomuna agli X-Men?”, di Costantina Censurato

14/2/2025

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Un mutante, nell’universo Marvel, è un individuo che possiede un particolare tratto genetico chiamato gene-X che consente di sviluppare naturalmente abilità e superpoteri.
Mi sono chiesta più volte, come sviluppare alcune metabilità, definite come delle capacità auto-apprese e permanenti che permettono di acquisire un’altra serie di competenze performanti. E’ fattibile per tutti o bisogna essere X-men?

Il contributo più noto, in merito allo sviluppo delle metabilità, lo ha dato lo psicologo statunitense, Daniel Goleman, in merito alla teoria dell’intelligenza emotiva. Nel libro dedicato del 1995, ne ha introdotto il concetto, definendola come un insieme di competenze che permettono di identificare, discriminare e gestire le proprie emozioni, nonchè la capacità di riconoscere ed entrare in empatia con le emozioni degli altri. 

Il famigerato quoziente intellettivo (QI), pare non essere adeguato quando occorre prevedere il successo familiare, sociale o lavorativo affidandosi solamente alla fredda logica e alla solida memoria. La mente umana è poliedrica e in questa sua complessità, l’influenza del mondo emotivo è importante. Il QI e l’intelligenza emotiva (IE), sono due intelligenze complementari, infatti Goleman afferma che l’attitudine emozionale è una metabilità, in quanto determina quanto bene riusciamo a servirci delle nostre altre capacità, incluse quelle puramente intellettuali che sono misurate dal QI. Le emozioni rivestono un ruolo fondamentale nella nostra esistenza: rappresentano una componente imprescindibile della comunicazione, del processo decisionale, della motivazione e della risoluzione dei problemi. Tuttavia, se non sappiamo gestirle adeguatamente, possono diventare fonte di stress, conflitti, ansia e depressione. L’IE ci permette di regolare le nostre emozioni in modo da adattarle al contesto e agli obiettivi che vogliamo raggiungere. Ecco perché essa rappresenta una qualità che entra in gioco nella realizzazione di noi stessi.

L’IE è fatta da una serie di competenze emotive fondamentali che comprendono cinque caratteristiche essenziali:
1)la consapevolezza di sé intesa come la conoscenza e la capacità di riconoscere i propri stati interiori (punti di forza e limiti)
2)l’autocontrollo cioè la capacità di controllare gli impulsi emotivi, senza reprimerli e senza entrarci in conflitto né farsene travolgere, e  di regolare in qualche modo le proprie emozioni per fronteggiare al meglio ogni situazione
3)la motivazione, ovvero la capacità di individuare e trasformare i pensieri negativi in positivi al fine del raggiungimento degli obiettivi personali    
4)l’empatia intesa come la capacità di percepire i sentimenti degli altri essendo in grado di adottare la loro prospettiva 
5)l’abilità sociale ossia la capacità di gestire le relazioni in ambito sociale allo scopo del raggiungimento di un determinato obiettivo; include competenze come la comunicazione, la negoziazione, la risoluzione dei conflitti (importanza della calma nelle relazioni) e la leadership.
Secondo Goleman, a ciascuna delle suddette caratteristiche appartengono diverse competenze emotive, intese come le abilità pratiche dell’individuo necessarie all’instaurazione di relazioni positive con gli altri. Tali competenze tuttavia, non sono innate ma possono essere apprese, sviluppate e migliorate al fine di raggiungere prestazioni lavorative e di leadership importanti. Riporto a tal proposito, il test delle caramelle marshmallow di Goleman, in cui veniva offerta una marshmallow a un gruppo di bambini di quattro anni e gliene veniva promessa un’altra se avessero resistito venti minuti senza piangere prima. E’ stato rilevato, dai ricercatori che seguirono i progressi di ogni bambino fino all’adolescenza che, coloro che avevano dimostrato la capacità di aspettare erano meglio inseriti, più affidabili e conseguirono migliori punteggi ai test scolastici attitudinali. La capacità di ritardare la gratificazione, distraendosi in maniera originale, in funzione di un obiettivo più grande, spostato nel futuro è una abilità che appartiene alla IE. Essa può essere potenziata da chiunque grazie all’utilizzo di specifiche tecniche e strategie. 

Si tratta di un percorso di crescita personale che conduce a una maggiore consapevolezza di sé e ad una più efficace gestione delle proprie emozioni e di quelle altrui. Numerosi metodi si sono dimostrati validi per migliorare in modo significativo le competenze emotive, se praticati con costanza e impegno. Tra questi vi sono la mindfulness, il rilassamento, esercizi di visualizzazione, role-playning e molti altri. Fondamentale è la motivazione ad apprendere e a mettere in atto nuove modalità di pensiero, azione e relazioni con gli altri. Grazie allo sviluppo dell’IE è possibile acquisire fiducia in sé stessi, stabilire relazioni appaganti, adattarsi flessibilmente alle situazioni, raggiungere i propri obiettivi in maniera efficace. Si tratta di un percorso graduale ma estremamente gratificante alla portata di tutti. L’IE ci permette di comunicare in modo intimo e profondo con gli altri, quindi è fondamentale nella capacità di gestione dei conflitti che derivano dai rapporti interpersonali. Può essere potenziata per aumentare la consapevolezza degli stati d’animo. Acquisire tale consapevolezza, significa portare dentro l’intelligenza le nostre emozioni, cercando di contenere quelle negative. Bisogna, pertanto, sapere esplorare le proprie emozioni, riconoscerle, in modo da comprendere cosa c’è, ad esempio dietro a un sentimento; provando poi a regolare le emozioni primarie quali la paura, l’ansia, la vergogna o la tristezza, tenendo conto che l’individuo è una totalità integrata, all’interno di un contesto sociale e che c’è una sorta di osmosi tra la sfera affettiva e quella conoscitiva. Lo sviluppo delle capacità intellettive è interconnesso con lo sviluppo delle emozioni, che a sua volta è collegato con i processi di maturazione neurologica, cognitiva e sociale. L’intelligenza emotiva si può migliorare e ci sono dei programmi chiamati di alfabetizzazione emozionali attuati in ambito scolastico che hanno come obiettivo, quello di permettere una adeguata gestione dei sentimenti che entrano in gioco nei processi cognitivi e di apprendimento, sia sul piano individuale che su quello sociale. Per Maria Montessori, l’apprendimento, non doveva essere mnemonico o passivo ma doveva essere basato sull’esperienza, capace di destare gli interessi vitali del soggetto che apprende. Karl Rogers ha sviluppato l’approccio dell’insegnamento, sostenendo che quando in una scuola si sviluppa un clima favorevole alla crescita, l’apprendimento è più profondo e si estende poi anche nella vita dello studente, basandosi sulla espressione dei sentimenti e dei bisogni, in particolare dell’empatia e dell’ascolto e quindi sul clima relazionale più adatto a favorire lo sviluppo della persona. Tutto ciò rientra nella teoria della IE che si riferisce appunto alla capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri motivando noi stessi nella gestione positiva delle emozioni.

Goleman assieme a Boyatzis, ha sviluppato due strumenti di valutazione dell’IE:
-l’ECI, Emotional Competence Inventory, valuta diverse aree dell’IE, come la consapevolezza di sé, l’autoregolazione, l’empatia e la gestione delle relazioni. Attraverso domande mirate, il test fornisce un quadro delle capacità emotive, identificando punti di forza e aree di miglioramento. E’ utilizzato principalmente in ambito aziendale e organizzativo, supporta la leadership, lo sviluppo del personale e la gestione delle relazioni sul lavoro.

-l’ESCI, Emotional and Social Competency Inventory, identifica le abilità chiave per il successo professionale, come empatia, leadership, gestione del conflitto e creazione di un clima di fiducia. Combina valutazioni di colleghi, superiori, collaboratori e autovalutazioni per offrire un quadro completo delle competenze emotive e sociali. I risultati possono essere usati per il coaching e la gestione del talento.

Goleman, ci spiega inoltre, in che senso l’attitudine emozionale è una metabilità, in quanto determina quanto bene riusciamo a servirci delle altre capacità che abbiamo, incluse quelle puramente intellettive; è una sorta di elasticità cerebrale che si guadagna con l’esercizio, un esempio importante è quello di individuare le emozioni che si celano dietro a ciascuna nostra azione. Per fare ciò, dobbiamo ampliare il nostro linguaggio emotivo, ad esempio non basta dire sono triste ma dire sono triste perché mi sento deluso, e sono deluso perché sono al contempo arrabbiato e confuso. Se abbiamo una maggiore consapevolezza di quello che pensiamo allora possiamo gestire meglio il nostro comportamento e di conseguenza trovare un perché al comportamento degli altri. 
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Gli X-men, devono innanzitutto comprendere e accettare la propria specifica abilità, derivante dal gene mutato e imparare a gestirla, come è avvenuto nella saga, in cui il telepata Charles Xavier, fondatore della scuola per giovani dotati, ha insegnato a spaventati mutanti a comprendere la loro vera, unica natura e ad usare saggiamente le proprie metabilità.  
Mi piace concludere che tutti noi siamo degli X-men, nonostante non portatori di alcun gene mutato, qualora motivati nella conoscenza di noi stessi per imparare a sviluppare l’intelligenza emotiva e quindi le nostre abilità.

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'Un’Esperienza di Connessione e Consapevolezza in Acqua Termale.' di Silvia Buongiovanni

10/2/2025

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DIALOGO A QUATTRO MANI.

​Siamo in acqua termale, in cerchio, una di fianco all’altra; chiudiamo gli occhi e ci prendiamo le mani.

Non serve parlare perché ora ci pensano loro a comunicare per noi.
La mia mano sinistra (MS), delicata e aperta, si avvicina alla mano destra (MD) di un compagno, pronto ad accoglierla.
Mia MS (con un tono calmo e rassicurante): “Ciao, sono qui per riceverti. Senti la forza della connessione tra noi?”
La MD del compagno si allunga, chiudendosi attorno alla mia mano sinistra con una presa forte e sicura.
MD del compagno (con un sorriso): “E’ bello sentirti. Ti offro il mio sostegno. Spero tu possa percepire quanto desidero che tu ti senta a tuo agio”.
La mia MS risponde, chiudendo delicatamente le dita attorno alla mano destra del compagno: “si, sento la tua energia. La tua presa mi fa sentire sicura e protetta”. 
Le due mani restarono in questa conversazione silenziosa per lungo tempo, senza più spostarsi.

Dall’altra parte, la mia mano destra (DM) stava cercando lo stesso dialogo con la mano sinistra (MS) di un’altra compagna di viaggio.
La mia MD: “Ciao Come possiamo trovare una connessione insieme?
La MS della mia compagna di viaggio  si avvicina un po’ incerta, ma decisa ad esplorare.
MS della mia compagna (timidamente): “Voglio provare a darti la mia presa. Spero di riuscire a creare un legame”.
La mia MS si intreccia con la MD della compagna alla ricerca di un’affinità, ma non riesce a sentirsi subito a proprio agio e inizia ad esplorare le dita, il palmo e cambia continuamente posizione alla ricerca di una sintonia.
MS (sostenendo): “Proviamo a trovare un modo che funzioni per entrambe. Ogni gesto e ogni tentativo conta, voglio che tu sappia che sono qui con te.”
Le mani si muovono, provando diverse posizioni, finché trovano una presa confortevole.
MS (con un sorriso): “Ecco! Questo intreccio mi fa sentire bene. E’ sorprendente come possiamo comunicare così, senza parole e anche se ci abbiamo dedicato un po’ di tempo, ci siamo ascoltate e capite.
MD: “ Si, ogni interazione è unica. Insieme stiamo creando qualcosa di speciale”.
Le mani, ora unite, si scambiano un momento di silenziosa gratitudine, consapevoli della bellezza della loro connessione.
MS: (soddisfatta): “La comunicazione è un’arte. Ogni gesto, ogni presa, è un’opportunità per scoprire di più su noi stessi e sugli altri.”
Le mani rimangono unite, testimoni di un’esperienza condivisa, pronte a continuare il viaggio di esplorazione e consapevolezza.

Durante il nostro corso di coach e counseling, abbiamo l’opportunità di partecipare a un’ora di piscina guidata da Riccardo Manfredini, un’esperienza che si è rivelata molto più di un semplice momento di relax.
In acqua termale, abbiamo intrapreso un viaggio di scoperta del nostro corpo e delle nostre modalità di comunicazione, prendendo ogni volta coscienza dei nostri limiti e di quelli degli altri.
In un esercizio in particolare, ci è stato chiesto di prendere la mano dei nostri compagni: una mano che riceve e l’altra che offre.
E’ stato un esercizio semplice, ma potente e profondo.
Ho appoggiato la mia mano sinistra sul palmo della mano di una persona, e, in quella stretta, ho provato una sensazione di sicurezza e familiarità.
Quella stretta rappresentava per me un modo di comunicare che mi faceva sentire a mio agio.
Con l’altra persona invece, ho faticato a trovare una presa che mi soddisfacesse.
Insieme abbiamo provato ad esplorare diverse modalità di contatto, fino a trovare l’intreccio delle dita che ci faceva sentire entrambe bene.
Quella scoperta mi ha insegnato che la comunicazione è un viaggio di esplorazione, dove ogni persona ha il proprio modo di esprimersi.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere su quanto è importante mettersi in ascolto attivo dell’altro. Non esiste una via unica per comunicare e comprendere, ma è fondamentale essere aperti e disponibili a ricevere ciò che l’altro ha da offrire.
Solo così possiamo costruire connessioni autentiche e significative.
Nel coach e nel counseling questo principio è fondamentale: ogni individuo ha il proprio linguaggio e le proprie modalità di espressione e, come coach, il nostro compito è di mettersi in ascolto attivo, accogliere e facilitare il percorso di crescita di ciascuno.

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'C’era una volta… un conflitto' di Marika Zambolin

8/2/2025

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C’era una volta un amore romantico… il rossore nel viso, le mani che sudano, il cuore che palpita a ritmo sfrenato. È così che inizia quel meraviglioso viaggio alla conquista del vero
amore. Tutto il nostro mondo diventa adrenalinicamente idilliaco, con quella carica di euforia ed energia che l’attrazione ci attiva, spegnendo completamente la ragione! Amore come un vero impulso cerebrale, si potrebbe dire.

Dopo questa fase d’incanto, avviene una graduale trasformazione dove si percepisce un attenuarsi dell’intensità emotiva andando a stabilizzarsi in un legame più maturo. La magia della “donna o dell’uomo perfetto” svanisce col tempo e al suo posto compaiono le prime
imperfezioni e con esse le prime incomprensioni. In pratica, passiamo da una visione idealizzata dove l’amore nell’altro dovrebbe donare la felicità (come forma di appagamento individuale) ad una più reale, dove possono sorgere attriti e problemi.

Nascono i conflitti nella relazione. Si tratta di divergenze tra le parti e possono spaziare dalle discordanze di abitudini, aspettative, bisogni, fino ai valori più profondi. Spesso sopraggiunge un senso di disagio e timore nell’affrontare un confronto, portando a erigere muri di silenzio nel tentativo d’insabbiare il problema; altra strategia per affrontare il conflitto è quello dell’attacco, in cui volano i piatti, ma soprattutto parole di critica, difesa o peggio ancora di disprezzo. Sicuramente un approccio distruttivo.

Se gestito nella giusta maniera, il conflitto si trasforma in un confronto costruttivo, portando sempre di più la relazione in quella che si potrebbe definire la vera intimità di coppia. Proprio come un giardino fiorito, il rapporto va coltivato e curato nel tempo attraverso l’accettazione delle differenze e il rispetto delle proprie e altrui emozioni.

Gli elementi fondamentali per un confronto costruttivo sono:
- L’accettazione e il rispetto per le diversità;
- l’ascolto attivo aiuta a comprendere in profondità il messaggio emotivo;
- la comunicazione gentile e assertiva aiuta a gestire il confronto in maniera equilibrata, non giudicante ed empatica;
- il condividere il proprio sentire e i propri bisogni per instaurare un rapporto di fiducia e sincerità.

Se siamo consapevoli che i disaccordi con il partner possono diventare salutari per crescere assieme, ci ritroveremo anche a comprendere che prima di tutto, la trasformazione è dentro di noi: quel conflitto che apparentemente ci sembra esterno, ha origini interne in quei bisogni non visti e non soddisfatti. Il vero conflitto nasce laddove la nostra/nostro bambino interiore “si scontra” con il suo vissuto condizionante.
Spetta alla nostra parte adulta riconoscere quel dolore che riflettiamo nell’altro e assumersi la responsabilità di accoglierlo e curarlo con amore.
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“Il mio viaggio verso Itaca” di Costantina Censurato

4/2/2025

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Anni fa, Roberto, figlio di una mia paziente, mi donò “Le settacinque poesie” di Constantinos Kavafis.
Una poesia, in particolare, mi colpi’ e oggi, più che mai, simboleggia, il mio percorso di cammino interiore; si intitola “Itaca”. Ne riporto un breve passo: 
“Quando ti metterai in cammino per Itaca, devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno non temere, non sarà questo il genere di incontri se il pensiero resta alto e un sentimento fermo, guida il tuo spirito e il tuo corpo. In Ciclopi e Lestrigoni, no certo, nè nell’irato Nettuno, incapperai se non li porti dentro, se l’anima non te li mette contro”.
Nell’immaginario collettivo, la capacita’ di autodirigersi e quindi, la condizione esistenziale di essere responsabili delle proprie decisioni, è raffigurata dal mito di Ulisse.
Durante il suo viaggio Ulisse, nei dieci anni di pellegrinare, incontra e ama creature bellissime ma che deve sempre abbandonare per seguire il suo destino, che è come un richiamo inconscio; però, troncare gli affetti, vuol dire, voltare le spalle al mondo che abbiamo costruito, che è terribile, perchè non abbiamo nessun’altra giustificazione all’infuori della fedeltà a noi stessi. Ma, questa modalità di agire, equivale a un tradimento. Ciò che Ulisse tradisce è il pensiero comune ovvero le aspettative della gente. La colpa peggiore per il paziente/coachee, Ulisse, sarebbe quella di non fare la cosa giusta.
Dal momento in cui nasciamo, noi veniamo eterodiretti, dapprima dai progetti dei nostri genitori, poi da quelli dell’ambiente in cui viviamo. Soltanto, quando operiamo delle scelte personali, diventiamo autodiretti e le cose iniziano a cambiare, perché, noi, iniziamo a cambiare. La nostra capacità di trasformarci, consiste soprattutto nell’ascoltare la voce dell’inconscio, che custodisce l’irriducibile desiderio della realizzazione individuale. L’individuo è afflitto da un conflitto interiore, di fronte al quale, esso si ritira dal mondo, richiudendosi alla vita e agli altri. La guarigione psicologica, avviene attraverso, una presa di coscienza della situazione, che serve a fare uscire la psiche dal suo torpore per arricchire la vita da un senso di cambiamento e di avventura. Perciò, tutti noi, siamo come Ulisse e cerchiamo una nuova visione interiore, che sia più ampia, capace di interpretare e di fornire di nuovi significati, il mondo relazionale in cui siamo immersi. Ciò avviene, quando superiamo gli attaccamenti dell’io, quando, cercando di ampliare ciò che crediamo di essere, andiamo oltre quel personaggio statico, nel quale ci siamo identificati.
Il cammino personale dell’apprendimento è il modo di dire a noi stessi, che ci sono molte cose che possiamo fare per migliorarci. L’orientamento al problema è un cambio di prospettiva, dal teorico al pratico, dal possibile all’attuale, fino al momento di silenzio interiore in cui si mettono insieme i pezzi, si analizzano gli errori e si celebrano le piccole vittorie. Un viaggio, in cui si inizia a comprendere noi stessi, il nostro percorso, il mondo intorno a noi, grazie alla motivazione interna che è la fiamma che nessuno può spegnere, la voce interiore che dice: “Posso essere migliore”. 
Ogni passo è una evoluzione e il vero premio è una nuova consapevolezza di noi stessi, come insegna Lorenzo Manfredini. Lavorare in profondità, sulle credenze limitanti che ci frenano, come quelle di non essere abbastanza bravi o che il successo è per gli altri. Il viaggio dalla dipendenza esterna alla scoperta di un fuoco interiore che arde per pura passione di crescere ed esplorare. 
Mi è stato utile, rendere l’apprendimento un gioco, in cui sperimentare è stata scoperta e ogni passo fatto, una opportunità. Riporto un esempio pratico che ho utilizzato per lavorare in profondità sulle mie credenze, alla caccia di quelle, cosiddette “fantasma” che mi bloccavano. Secondo Manfredini è terapeutico scrivere un diario, mettendosi comodi e ponendo in comunicazione le varie parti di noi, in modo da tessere la trama della nostra storia e programmare il nostro cervello per un nuovo inizio, è un primo passo per riscrivere le credenze e trasformarle. Tappa successiva è mettere alla prova le nuove credenze: non basta dire ma bisogna fare: “mi iscrivo a quel corso che ho sempre evitato”, mettendo alla prova me stesso; lo scrivo nel mio diario: “come mi vedo, cosa potrei migliorare”, chiedendo feedback al coach o a un amico. Trovare alleati è come avere una squadra alle spalle mentre si affronta un nemico. Vi sono poi, gli strumenti extra per il viaggio come ad esempio, la terapia cognitivo comportamentale che può rappresentare una mappa quando ci sentiamo persi; la mindfulness che ci insegna a stare “nel qui e ora” senza lasciarci trasportare dai pensieri negativi. Questo viaggio è una scalata ed ogni metro conquistato è come una vittoria, ogni nuovo panorama è una rivelazione.
Alcuni compagni di viaggio sono forme di terapia, di counseling, di coaching che ci aiutano a riconoscere e smantellare le trappole mentali. E’ come avere un alleato saggio ed esperto che ci mostra come trasformare la pesantezza dei pensieri negativi in positività; inoltre la meditazione e la mindfulness ci ancorano al presente, permettendoci di essere centrati, calmi e di non subire la tempesta attorno a noi.
Battaglia dopo battaglia il cambiamento diventa un viaggio che porta alla scoperta della vera essenza personale, libera da quelle catene che inizialmente pensavamo fossero parti di noi.
Questa è la sfida che accetta Ulisse e che dobbiamo accettare noi se vogliamo superare noi stessi e andare oltre, altrove (come direbbe Nietzsche). Ulisse naviga per andare altrove e il coachee va oltre sé stesso, supera sé stesso, parlando e raccontandosi in un modo rinnovato. 


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'Il Coaching Consapevole nell'Atletica Moderna: Un Viaggio tra Passato, Presente e Futuro' di Lorenzo Manfredini

30/1/2025

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Ferrara, CONI, un incontro con la FIDAL. Un deja-vù che profuma di pista, di sudore e di sogni infranti e ricostruiti. Tornare qui è stato un po’ come aprire il vecchio baule dei ricordi e ritrovare volti, voci e strette di mano che hanno segnato una vita. Ho ricordato Magnani, Mazzanti, Ferrari, Conconi, Lenzi… Nomi che non sono solo storia, ma pezzi di me. Persone con cui ho studiato, con cui mi sono allenato, pietre miliari dell’atletica italiana, che hanno lasciato un segno indelebile nel nostro sport.
Ma non era solo nostalgia, anzi. L’obiettivo era chiaro: parlare di Coaching Consapevole nell’Atletica Moderna. Un concetto che, nel bailamme di metodi, tecniche e mode passeggere, rischia di essere frainteso. E invece, no. Il coaching non è guru da strapazzo, non è motivazione spicciola, non è filosofia da bar. È un processo. Un essere pienamente immersi in ciò che si fa. Un essere presenti nell’oggi, riconoscere le proprie risorse e pianificare il domani con strategia e consapevolezza.
Ho voluto raccontarlo attraverso le tre fasi fondamentali del Coaching Consapevole:
  1. Connessione – L’inizio di tutto. Perché senza connessione tra atleta e allenatore, tra mente e corpo, tra intenzione e azione, non c’è crescita. La connessione è l'ossatura invisibile di ogni sport, ciò che permette di non perdere il contatto con se stessi e con il proprio obiettivo.
  2. Intenzione – Decidere chi vuoi essere e dove vuoi andare. Spesso gli atleti si allenano senza un vero scopo interiore, seguendo schemi preconfezionati, senza chiedersi perché. Ma l’intenzione è la scintilla che accende la performance. È la visione chiara, la bussola che ti tiene sulla rotta quando arriva la tempesta.
  3. Azione – Nulla accade se non si fa. Qui entra in gioco tutto ciò che serve per trasformare la preparazione in risultato: tecniche di training mentale, gestione dell’ansia, routine pre-gara. E poi strumenti moderni, come video mirati da rivedere più volte, esercizi di rilassamento, compiti per casa per radicare il mindset. Perché il talento senza metodo è un fuoco di paglia.
E qui sono arrivate le domande, quelle vere, quelle che ti fanno capire che il discorso ha toccato corde profonde.
  • Come insegnare una respirazione corretta?
  • Come si gestisce l’ansia di prestazione?
  • Come aiutare i ragazzi a costruire routine efficaci?
  • Come migliorare la comunicazione tra allenatore e atleta?
  • Come riconoscere e gestire le diverse personalità nel gruppo?
  • Come riportare concretezza in un mondo che sembra sfuggire alla realtà?
E qui la chiacchierata si è fatta densa. Perché ogni sport ha la sua tecnica, ma tutti gli sport condividono un’unica legge: il miglioramento passa attraverso la consapevolezza. Non basta allenare i muscoli, bisogna allenare la mente. Non basta prepararsi alla gara, bisogna prepararsi alla vita.
E poi, il tuffo nel passato, la gratitudine per un ambiente che mi ha cambiato la vita. E un pensiero speciale per chi non c’è più, ma la cui eredità è ancora viva: il Professor Giampaolo Lenzi. Un nome che pesa come un macigno nel cuore di chiunque abbia avuto il privilegio di incrociare la sua severità lungimirante. Uno di quelli che non regalavano pacche sulle spalle, ma ti insegnavano a reggere il colpo. Il tipo di maestro che ti faceva odiare la disciplina e poi, a distanza di anni, ti faceva dire: Aveva ragione lui.
Il camposcuola di Ferrara porta il suo nome. E oggi più che mai, la sua lezione risuona. Nel coaching, come nella vita, la consapevolezza è tutto. E il viaggio continua.
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'Il concetto giapponese di Yutori: una chiave per una vita equilibrata e significativa' di Gaia Monteleone

25/1/2025

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Nella cultura giapponese esiste un concetto straordinario chiamato Yutori (ゆとり) la cui definizione è: l’atto consapevole di rallentare per assaporare il mondo intorno a noi. Il rifiuto di stressarsi. Il non parlare. L’assorbire il mondo intorno a noi con nessun altro scopo de non di guardare. L’idea di spazio. Yutori è una parola che incarna la nozione di "spazio" o "respiro" nella vita. Questo termine va oltre l'idea di una pausa fisica, rappresentando una dimensione profonda di equilibrio interiore e di distacco dalle pressioni incessanti del mondo moderno. Yutori abbraccia la capacità di rallentare, di creare una distanza emotiva che ci permette di riflettere, e di vivere in modo più intenzionale. Nel contesto odierno in cui siamo sempre più travolti da impegni, scadenze e aspettative, caratterizzato da un'iperconnessione digitale e dalla frenesia quotidiana, lo Yutori ci invita a coltivare un ritmo di vita più sostenibile, uno spazio interiore che nutre la nostra creatività, la serenità e la capacità di vivere autenticamente. Una volta accolto nella propria vita questo concetto, ci si ritrova a scoprire un ritmo di vita più armonioso e a riconnetterci con ciò che conta davvero.
Questo concetto è profondamente interconnesso con i principi del life coaching, che si propone di guidare le persone verso una vita in cui il raggiungimento degli obiettivi non comprometta il benessere personale. Attraverso la pratica del coaching, il concetto di Yutori può essere tradotto in azioni concrete, intese come la facilitazione da parte del coach di creazione di spazi di riflessione e l'adozione di un approccio olistico alla crescita personale del coachee, con l’utilizzo ad esempio di visualizzazioni, di pratiche meditative o della pratica della gratitudine. L'essenza dello Yutori, con il suo invito a bilanciare il "fare" con l'"essere", ci offre una prospettiva rivoluzionaria per vivere con più consapevolezza e appagamento.

Origine e significato di Yutori
Il termine Yutori ha radici profonde nella lingua giapponese e può essere tradotto come "spazio", "margine" o "abbondanza". Non è semplicemente uno stato di riposo, ma piuttosto una qualità intrinseca che si manifesta in diversi aspetti della vita: la capacità di lasciare margini di flessibilità nelle decisioni, di godere del momento presente senza fretta, e di creare un ritmo che consenta sia la produttività sia il riposo.
Un esempio pratico dello Yutori si riflette nella filosofia educativa giapponese. Negli anni '80 e '90, il sistema scolastico ha introdotto il concetto di "Yutori Kyoiku" (ゆとり教育), un approccio pedagogico che mirava a ridurre il carico accademico per consentire agli studenti di esplorare la creatività e il pensiero critico. Sebbene questo approccio aabbia incontrato critiche, ha sollevato una questione fondamentale: come possiamo coltivare vite più appaganti senza sacrificare il progresso?

Yutori e il concetto di tempo
Yutori ci insegna a riconsiderare il nostro rapporto con il tempo. Viviamo in una società che spesso idolatra l'efficienza e l’iper-produttività, ma questa ossessione ci lascia spesso senza spazio per riflettere, per respirare o semplicemente per essere. Il poeta giapponese Matsuo Bashō scrisse:
"In ogni goccia di rugiada, il mondo intero si riflette."
Questa immagine evocativa ci ricorda che il significato della vita non si trova nella fretta, ma nella capacità di fermarsi, osservare e apprezzare la bellezza del momento presente. Lo Yutori ci invita a rallentare, a trovare quel "respiro" tra un impegno e l'altro, per consentire a noi stessi di vivere con più consapevolezza.
 
Le connessioni tra Yutori e il life coaching
Nel mondo del life coaching, l'idea di Yutori si traduce nella creazione di uno spazio consapevole per permettere al coachee di riflettere sui propri obiettivi, sui propri valori e sui suoi desideri più profondi. I coach spesso incoraggiano i loro clienti a considerare:
  • Cosa è davvero importante?
  • Sto vivendo una vita che riflette i miei valori autentici?
  • Come posso trovare equilibrio tra il fare e l'essere?
Uno Yutori-coach permette al coachee di trovare autonomamente una risposta a queste domande, sottolineando e trasmettendo al contempo l'importanza di non riempire ogni momento della giornata con attività frenetiche. Un approccio yutori-centrico potrebbe includere pratiche come il journaling, la mindfulness e l'identificazione di priorità, tutte tecniche che aiutano a creare spazio interiore e mentale.

Poesia e riflessione: le parole dei maestri giapponesi
I poeti giapponesi hanno da sempre celebrato l'essenza dello Yutori nelle loro opere. Prendiamo ad esempio questo haiku di Yosa Buson:
"Nel silenzio,
il canto delle cicale
si estende infinito."
Questa breve poesia cattura l'importanza del silenzio e dello spazio che nel silenzio di crea per percepire la profondità della nostra vita. La capacità di apprezzare ciò che è apparentemente semplice o addirittura banale è un elemento centrale dello Yutori, che nel life coaching si traduce in esercizi o strategie per apprezzare la gratitudine e la bellezza in ogni momento della vita quotidiana.

La pratica di Yutori nella vita moderna
Come possiamo integrare lo Yutori nelle nostre vite frenetiche? Ecco alcune strategie pratiche, utilizzabili dal coach sia per riallinearsi e riequilibrarsi durante la giornata, sia per l’attività di coaching come bagaglio di strumenti per la facilitazione del coachee durante le sedute:
  1. Creare margini di tempo: pianificare le giornate lasciando spazi vuoti tra un'attività e l'altra. Questo permetterà di affrontare gli imprevisti con serenità e di ridurre lo stress e di ricentrarsi e dedicare del tempo a sé stessi.
  2. Praticare la mindfulness: dedicare ogni giorno qualche minuto alla consapevolezza del respiro, nel momento presente, osservando i pensieri senza giudizio e attenuando via via l’intervento della mente.
  3. Coltivare la gratitudine: trovare il tempo per riflettere su ciò che è già presente nella propria vita, invece di concentrarsi su ciò che manca o ciò che potrebbe essere.
  4. Riconnettersi con la natura: passare del tempo all'aperto, immergendosi nei suoni, nei colori e nei profumi del mondo naturale, senza interruzioni o interferenze causate dal cellulare, ad esempio. Significa ancorarsi anche qui nel momento presente, assaporando l’aria fresca o la luce che penetra tra le foglie degli alberi.
  5. Abbracciare il "meno": Ridurre il superfluo, che si tratti di oggetti materiali o impegni non essenziali, per creare più spazio per le cose che contano davvero. Meno cose si possiedono, meno bisogna riordinare. Meno impegni hanno, più tempo potrà essere dedicato alle attività appena descritte.
Lo Yutori è di fondamentale importanza anche per il coach: gli permette di essere presente in quel momento, senza il bagaglio delle proprie esperienze passate, in ascolto attivo ed efficace, senza distrazioni. Durante la sessione, il coach lascia che il silenzio faccia il suo lavoro. Non spetta al coach aiutare; spetta al coach mantenere la presenza. Il luogo più potente per un coach è trovarsi nel non-sapere. Sentirsi a proprio agio con il non sapere è la chiave per padroneggiare il coaching. Ci si abitua al non-sapere anche attraverso lo yutori-coaching, la formazione e la pratica, che fanno sì che un coach professionista divenga un coach presente, perché è proprio la presenza che permette la trasformazione, non il risolvere i problemi del coachee o il dare consigli. Praticare lo Yutori permette al coach di non sentirsi sotto pressione nel dover fare qualcosa per il caochee: si tratta semplicemente di creare lo spazio affinché emergano le intuizioni del cliente, senza dover eseguire una prestazione perfetta, risolutiva o egoica.

La saggezza di Yutori nella vita professionale
Anche nell'ambito lavorativo, lo Yutori offre un modello sostenibile per gestire il tempo e l'energia, ad esempio:
  • programmare le giornate lavorative inserendo dei momenti produttivi e dei momenti morti, in cui fare delle pause o evitare ritardi da sovrapposizioni;
  • prendersi pause regolari, in cui si lascia la postazione di lavoro e ci si riconnette, ci si idrata o semplicemente si respira;
  •  stabilire confini chiari tra lavoro e vita privata;
  • adottare un approccio flessibile nel lavoro e nella vita privata.
L’applicazione progressiva di queste piccole tecniche potrà migliorare sia la produttività che il benessere. Un esempio è la crescente adozione di pratiche come il lavoro ibrido e la "settimana lavorativa corta", che riflettono l'importanza di un equilibrio più umano nel bilanciamento tra il lavoro e la vita privata.

Lo Yutori come antidoto al burnout
Il burnout è una delle sfide più comuni della nostra epoca. Lo Yutori ci insegna che la soluzione non è lavorare di più o gestire meglio il tempo, in modo da divenire più efficaci e più produttivi, ma creare spazio per riposare, riflettere e recuperare. Questa prospettiva risuona con le strategie di gestione dello stress utilizzate nel life coaching, come la prioritizzazione delle attività essenziali e l'integrazione di momenti di piacere e gioco nella vita quotidiana.
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Conclusione: vivere con Yutori
Lo Yutori non è solo un concetto culturale della cultura giapponese: è una filosofia di vita che ci invita e ispira a creare spazio per respirare, riflettere e apprezzare la bellezza intrinseca della nostra esistenza. Come scrisse il poeta Kobayashi Issa:
"Questo mondo di rugiada
è solo una rugiada,
eppure… eppure."
In queste poche parole troviamo anche il cuore dello Yutori: un invito a trovare significato e gioia anche nelle cose più effimere e semplici. È un richiamo a vivere ogni istante con una profondità che trascende la superficie, ad apprezzare la fragilità della vita come un dono unico. Come una pausa tra le note di una melodia, lo Yutori ci insegna che il silenzio e lo spazio creano armonia e bellezza. Attraverso la lente dello Yutori, possiamo costruire vite più ricche e consapevoli, in cui la semplicità diventa il lusso della nostra vita, l'autenticità una bussola e i valori più profondi personali il nostro faro. Creare spazio per ciò che davvero conta significa imparare a dire no alle distrazioni, all’overbooking delle richieste, alle pressioni, e, al contrario, dire sì alla presenza, al coltivare il tempo come un giardino e a lasciare che la nostra esistenza fiorisca con grazia, lentezza e significato.
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'L'importanza della comunicazione in una sessione di Coaching' di Anna Fracasso

25/1/2025

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Da qualche mese frequento questo meraviglioso corso di Master, un mondo pieno di scoperte e risorse, dove il nostro docente Lorenzo Manfredini, ci consiglia oltre che lo studio e leggere libri, di ascoltare anche i suoi video i quali ti aiutano molto sull'apprendimento. Ho trovato molto interessante e utile dove Lorenzo parla della Comunicazione efficace e sul Metodo HPM di Daniele Trevisani. Ascoltando questi video, mi ha fatto capire l'importanza di comunicazione in una sessione di Coaching, quanto è fondamentale ed efficace e permette di creare un ambiente sicuro e rispettoso, dove il coachee si senta a proprio agio, per condividere emozioni e pensieri. La capacità di esprimersi chiaramente per comprendere gli altri è qualcosa di magico, dialogando a tu per tu, ed esplorando insieme ogni passaggio chiaro e significativo..

Per raggiungere l'obbiettivo di un coaching, è importante la scelta delle parole, che siano comprensibili al proprio target con chi abbiamo di fronte, evitando termini tecnici se non si è certi che la persona non li comprenda. Il trucco sta in frasi brevi, dirette, prive di fronzoli che potrebbero manifestarsi inutili e confuse.

Altrettanto importante è la comunicazione non verbale, la quale svolge un ruolo significativo nelle relazioni, e leggendo i piccoli gesti involontari di essa, ci dà modo di conoscere la personalità ed i lati nascosti di una persona che non riesce ad esprimersi. Tutti questi segnali che non vengono espressi attraverso le parole sono: gesti, espressioni facciali, postura, tono di voce, contatto visivo, e il silenzio. Il Metodo HPM di Daniele Trevisani, è stato molto interessante e profondo, su come incide l'ansia e lo stress a livello di comunicazione e quanto essa può impedire di esprimersi liberamente, avendo la difficoltà a trovare le parole e avere la sensazione di non riuscire a manifestare i propri pensieri adeguatamente.

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Questo metodo HPM è formato da una piramide con le famose sei celle di potenziale umano, ed entrare in queste celle, ci permette di liberarci da qualcosa che ci frena. Queste energie, possono proiettarci a nuovi traguardi, ci permettono di relazionarci con le persone e raggruppano in un modello piramidale, energie fisiche e mentali, micro e macro competenze. Questa meravigliosa piramide, ci fa lavorare nella maniera più efficace possibile, dandoci la forza e la volontà, permettendoci un percorso di crescita personale e legato all'autostima, sentire di avere un 
corpo vitale, ti aiuta ad avere energia vitale, usando ogni giorno una parte del nostro tempo per curare corpo e mente.

Questo viaggio che ho intrapreso, è un continuo
nutrimento di informazioni che mi stanno arrivando e che mi fanno riflettere sulla sofferenza di questi disturbi, dove anni fa si ignorava l'esistenza di questi potenziali che ti permettono di migliore la qualità della tua vita e quello degli altri. Ora ho la consapevolezza, che questi moduli ti aiutano ad uscire da queste energie negative e qui faccio un esempio; anni fa io mi vedevo dentro in un tunnel dove c'era buio pesto, pensando di non uscirne viva, in cui stavo male, ma avendo sempre una vocina che mi sussurrava e mi aiutava ad andare avanti, piano piano l'ho superato. Penso che il coaching e il counselor, avranno parecchio lavoro per supportare tutte queste persone con problematiche difficili e il tunnel che vedono buio e triste, possa diventare azzurro cielo. 

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'Cos'è il Counseling' di Domenica Culpo

25/1/2025

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Sono arrivata nella scuola di counseling del dott Lorenzo Manfredini dopo tanta ricerca ed ho cercato una formazione che mi permettesse di esplorare il mio mondo interiore e mi aiutasse nella relazione di aiuto.
Da sempre sono inserita nel mondo olistico ma a volte mi accorgevo di quanto mi mancassero delle tecniche perché il mio lavoro di ascolto diventasse più efficace, e finalmente sento di aver trovato in questa scuola un completamento, ma anche una famiglia. La cosa che più mi ha colpito è la collaborazione che ho trovato tra docenti e studenti, e da subito tanto aiuto per farmi comprendere meglio come si svolge una seduta di coach e di counseling. Ho imparato molto anche dalle esercitazioni che abbiamo svolto in piccoli gruppi online, ed è stato veramente interessante fare l’osservatore e poi il coaching, e vedere come il coach cerca di trovare le strategie corrette per uscire da certi meccanismi.

LA RELAZIONE D’AIUTO
Il counseling è l’incontro tra due persone, il counselor e il cliente, e grazie a un colloquio tra loro si viene ad instaurare una relazione di ascolto e di dialogo.
 Il counselor è una figura professionale che, attraverso le proprie conoscenze e competenze, favorirà il superamento di un periodo di disagio.
Potremmo vedere la figura del counselor come un agevolatore, un compagno di viaggio, una figura di aiuto per esplorare altre prospettive e per aiutare nella comprensione del fatto che si può uscire da situazioni limitanti.
Il counselor deve sapere ascoltare senza giudizio i vissuti della persona, deve saper accogliere l’altro con attenzione e responsabilità, ed è fondamentale che il counselor non  fornisca risposte o soluzioni, ma che aiuti il cliente nelle proprie scelte.
Ho trovato nella scuola di Lorenzo Manfredini dei counselor formati in maniera davvero molto professionale, e mi sono sentita ascoltata, compresa e guidata nel cercare le migliori strategie per uscire dalle mie situazioni di sofferenza.
Il counselor è quindi un facilitatore che accompagna la persona orientandosi in un obiettivo.
L’obiettivo dev’essere inteso come opportunità, e lo scopo è trovare una modalità soddisfacente per vivere la propria vita e acquisire un maggior benessere.
Posso dire con certezza che la scuola di counseling è un  percorso trasformativo veramente straordinario che consiglio a chiunque.
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'Complici nell'Emozione' di Marika Zambolin

24/1/2025

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  • Mamma, ho finito di leggere il libro!!!​
  • Wow, sei stato veloce! Ti è piaciuto? Come l’hai trovavo?
  • Sì, mi è piaciuto molto! Però c’erano alcune parole un po’ difficili…
  • Capisco… vuoi che cerchiamo assieme il significato?
  • Ah non serve, l’ho capito dal contesto della frase, mamma!
 
Ci sono momenti nella vita in cui capita qualcosa che ti risveglia dal “torpore”: mio figlio sta crescendo!!!
Ebbene, avvertivo le prime avvisaglie da un po’ di tempo, ma non mi rendevo bene conto che quel saltino in avanti in realtà l’aveva già fatto e che io ero rimasta indietro, in quel comfort di linguaggi verbali e non verbali che finora erano stati meccanicamente esaustivi.

Si sono aperte le porte della pubertà, fase che s’identifica indicativamente, tra gli 8 e 13 anni per le bambine e tra i 9 e i 14 anni per i bambini. Un passaggio importante nel quale avvengono cambiamenti fisici e ormonali, ne cito alcuni: la comparsa dei primi peli, lo sviluppo delle mammelle, l’aumento del volume dei testicoli, il cambio del timbro di voce, sbalzi d’umore, ecc… tutti segnali che indicano che i nostri bambini stanno affrontando un cambiamento importante che li porterà a diventare dei giovani adulti. Ma questo processo naturale non è vissuto in maniera consapevole provocando spesso insicurezza, disagio per la forma del corpo che cambia, calo dell’autostima, svogliatezza.
 
Cosa possiamo fare come genitori per accogliere la loro evoluzione in maniera serena? Innanzitutto, accorgersi! Porre attenzione ai segnali che c’inviano e aprirsi ad un dialogo sincero ed empatico. “Pazienza e gentilezza” come ingredienti principali, come pure la “comprensione”, soprattutto in quei momenti in cui ci riversano ondate di rabbia e aggressività da affrontare evitando di rispondere alle provocazioni.
 
Le strategie di self-control non bastano per sostenerli e creare un ambiente protetto e di fiducia reciproca. Come insegna John Gottman (psicologo di fama mondiale, specializzato in consulenza matrimoniale e in psicologia dello sviluppo), comprendere quali emozioni scatenano determinati comportamenti dei nostri bambini, permette di costruire solide fondamenta per una relazione profonda e sana, guidarli nella gestione emotiva e nel controllo degli impulsi.
 
Tutto ciò è una competenza che si acquisisce con l’allenamento!
Noi adulti siamo al tempo stesso “alunni ed insegnanti”; educhiamo, prima di tutto, noi stessi al “sentire”, al percepire cosa si muove dentro, immergiamoci sempre più giù, rendendoci così empatici e complici nell’intimo sentire delle emozioni.
 
E infine, ricordiamoci che tutto ciò che ci anima, che ci guida, che ci tormenta, che ci fa soffrire e gioire, è quel bisogno innato e primario che

tutti noi ricerchiamo per l’intera vita: il bisogno di “Amore”.
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'Esho Funi. L’unità di vita e ambiente' di Gaia Monteleone

24/1/2025

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Tra i molti insegnamenti illuminanti del buddismo di Nichiren Daishonin (il monaco buddista vissuto nel XXIII secolo in Giappone, fondatore del buddismo basato sul Sutra del Loto), il concetto di Esho Funi (慈實一如) è una pietra miliare. Tradotto letteralmente, significa “unità tra la vita e il suo ambiente”, un principio che ci invita a considerare come la nostra realtà interiore sia inseparabilmente collegata a ciò che ci circonda. Questo insegnamento non è solo una teoria filosofica, ma una guida pratica che ci spinge a trasformare noi stessi per influenzare positivamente il nostro mondo.
Nel contesto del buddismo, Esho Funi è profondamente legato al concetto di rivoluzione umana, un’idea promossa da Daisaku Ikeda, terzo presidente della Soka Gakkai Internazionale. La rivoluzione umana implica il cambiamento interiore come motore per creare armonia, pace e felicità, sia individualmente che collettivamente. In questo articolo, esploreremo il significato di Esho Funi e il suo rapporto con la rivoluzione umana, scoprendo come questi principi possano guidarci verso una vita più consapevole e appagante e come io l’abbia sperimentato in prima persona.
L’essenza di Esho Funi
Esho Funi è la combinazione di due termini giapponesi: eho, che si riferisce all’ambiente esterno, e shoho, che rappresenta la vita stessa. Sebbene questi due aspetti sembrino separati, Nichiren Daishonin ci insegna che sono due facce della stessa medaglia. Non possiamo considerare la vita senza il contesto dell’ambiente in cui si sviluppa, né possiamo comprendere l’ambiente senza il suo rapporto con la vita che lo anima.
Un esempio pratico di Esho Funi è osservabile nella relazione tra un giardiniere e il suo giardino. Un giardino riflette le cure del giardiniere: se quest’ultimo è attento e amorevole, il giardino fiorirà; se è trascurato, appassirà. Allo stesso modo, il nostro ambiente è uno specchio delle nostre condizioni interiori. Un cuore sereno e armonioso può creare un ambiente positivo, mentre un cuore turbato spesso genera caos e disarmonia.
Nichiren scrisse: “Se desideri conoscere le cause che hai creato nel passato, guarda gli effetti che si manifestano nel presente. Se desideri conoscere gli effetti che si manifesteranno in futuro, guarda le cause che stai creando nel presente.” Questo principio mi ha incoraggiata a considerare ed esplorare l’importanza delle mie azioni, parole e pensieri nel plasmare la mia vita e il mio mondo circostante.
Nel 2020, appena iniziata la pandemia, poco prima del lockdown, mi sono ritrovata trasferita in un altro ufficio sotto un altro Direttore, all’improvviso.
Non nascondo che mi si sia scatenato l’inferno. Da bravo soldatino quale sono, mi sono subito impegnata a utilizzare le mie competenze di funzionario pubblico in modo nuovo, al servizio del mio Ente e con la deontologia professionale trasmessami dal mio caro nonno, nato nel 1903, di lavorare a servizio esclusivo della nazione come scritto nella nostra Costituzione. Nonostante ciò, si sono susseguiti mesi di mortificazioni, giudizi, mancati riconoscimenti. La frustrazione e la rabbia prendevano sempre più spazio nella mia vita e nel mio ambiente, portandomi a ridurre quasi totalmente le interazioni con i colleghi con lo scopo di auto proteggermi.
La rivoluzione umana secondo Daisaku Ikeda
La rivoluzione umana è il cuore del messaggio di Daisaku Ikeda. Essa rappresenta un profondo cambiamento interiore che consente a ciascun individuo di liberarsi dalle illusioni, dall’egoismo e dalla sofferenza, per riscoprire la propria saggezza, compassione e forza vitale. Questo cambiamento personale è visto come il primo passo verso una trasformazione globale.
Ikeda ha spesso sottolineato che il cambiamento autentico nel mondo deve partire dal cambiamento individuale, e questo concetto risuona profondamente con Esho Funi, poiché ci ricorda che la nostra trasformazione interiore ha un impatto diretto sull’ambiente che ci circonda.
La fortuna di essere buddista da molti anni alla fine ha avuto la meglio sulla negatività e la frustrazione accumulate, esasperate alla fine del 2022 con un ulteriore trasferimento di ufficio.
Utilizzando lo strumento più potente del buddismo, la pratica quotidiana, mi sono rimessa in gioco, cercando di specializzarmi nuovamente e di riportare entusiasmo nel mio lavoro. Non solo, mi ero posta l’obiettivo profondo di portare il cambiamento, nel mio ufficio ma anche in tutto il mio Ente. Cambiamento che, nel buddismo, parte dal cambiare il proprio cuore. Una persona alla volta, un caffè alla volta, ho cercato di riguadagnare la stima e il riconoscimento che io per prima non davo a me stessa. Sono stati anni di intenso lavoro, culminati con l’iscrizione contemporanea ad aprile 2024 a due master, i quali mi hanno permesso di lavorare efficacemente su di me e sulla percezione che di me stessa nel profondo.
Come mettere in pratica Esho Funi nel contesto della rivoluzione umana
Come possiamo mettere in pratica Esho Funi e la rivoluzione umana nella nostra vita quotidiana? Ecco alcuni punti chiave:
  1. Riconoscere il potere della causa ed effetto: Ogni pensiero, parola e azione che compiamo crea un effetto, non solo su di noi ma anche sul nostro ambiente. Coltivare pensieri positivi e intraprendere azioni altruistiche genera un impatto benefico che si riflette sia internamente che esternamente.
  2. Coltivare la consapevolezza: La pratica quotidiana, imperniata sulla recitazione del mantra “Nam-myoho-renge-kyo” (Daimoku) è uno strumento potente per riconnettersi con la propria essenza e con l’universo, riportando la nostra vibrazione essenziale in unità con quella dell’universo. Questo ci aiuta a comprendere meglio come le nostre condizioni interiori influenzano il mondo esterno.
  3. Prendersi cura dell’ambiente: che si tratti della nostra casa, del nostro quartiere, del nostro ufficio o dell’intero pianeta, prendersi cura dell’ambiente è un modo per esprimere gratitudine e rispetto per la vita. Questo riflette anche la nostra condizione interiore di armonia.
  4. Lavorare sulle relazioni: Le persone che ci circondano sono parte del nostro ambiente. Coltivare relazioni basate su rispetto, empatia e comunicazione autentica contribuisce a creare un clima di pace e felicità.
Consapevole che tutto dipendeva da me, ho lavorato su me stessa. Contemporaneamente ho cercato di rinsaldare e rigenerare i rapporti umani con le colleghe del mio corridoio. Faticosamente e con la mia usuale ostinazione, sono riuscita in due anni a passare da una situazione in cui loro andavano a bere il consueto caffè mattutino del dipendente pubblico senza nemmeno ricordarsi della mia esistenza, alla situazione opposta: le colleghe ora aspettano che io arrivi in ufficio per andare a bere il caffè insieme! Non solo, siamo arrivate a condividere momenti emotivamente intesi, come il recente decesso di mio padre, con empatia e rispetto.
Il mio obiettivo era più grande. Volevo portare all’intero mio Ente il concetto di rivoluzione umana e trasmetterlo a tutti. Come fare?
Quando meno me l’aspettavo, alla fine dello scorso anno, mi hanno proposto di organizzare e tenere assieme al mio collega Marco il corso di aggiornamento obbligatorio annuale in tema di anticorruzione. Quale occasione migliore?
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​Ho costruito il corso su una materia ostica, cercando di renderla intelleggibile e razionale, in modo da trasmettere, non insegnare, i concetti alla base del lavoro di un dipendente pubblico. E cercando di trasmetterlo in primis al giovane collega avvocato che si occupa con me di anticorruzione. Volevo trasferire loro proprio quanto insegnatomi da mio nonno: il nostro lavoro è al servizio della nazione, quindi con i principi costituzionali e dell’etica amministrativa, ho reso i concetti di corruzione, anticorruzione, comportamento etico maggiormente fruibili a un pubblico diversificato come quello che compone il mio Ente.
Sono state tre ore impegnative, ma basandoci anche su quanto appreso durante il mio primo anno del corso di coaching, utilizzando un linguaggio semplice, cambiando spesso velocità e tono di voce durante l’intervento, coinvolgendo i colleghi con domande e battute, siamo riusciti a trasmettere l’entusiasmo e la gioia di aver l’onore di poter fare questo lavoro. Il riscontro è stato veramente incredibile. Dopo quasi dieci giorni, ancora incontro nei corridoi colleghi che ci fanno i complimenti per essere riusciti a trasmettere loro dei concetti che erano sempre stati vissuti, negli anni precedenti, come un penoso obbligo a cui assolvere.
Ho scelto di concludere il corso così, come avrebbe fatto mio nonno, il mio primo maestro, e come mi ha insegnato negli anni il mio maestro buddista Daisaku Ikeda, puntando alla creazione di valore attraverso la rivoluzione umana di un singolo individuo:
“L’intento di tale coinvolgimento è fondato sulla condivisione di valori etici di prevenzione della corruzione, di legalità e di trasparenza, nella consapevolezza che costituiscano il motore che consentirà di conservare l’Ente in un ambito in cui etica e legalità si propongano come il fulcro dell’agire istituzionale, con effetti virtuosi in termini di efficacia e di efficienza operativa, ma anche come valore aggiunto immanente della società civile.”
Le parole di Daisaku Ikeda illustrano perfettamente questa metafora: “La pace nel mondo inizia con la pace nel cuore di ogni individuo. Quando la luce della speranza e della compassione risplende nel cuore di una persona, illumina tutto il suo ambiente.”
Il concetto di Esho Funi è stato spesso paragonato a un lago che riflette il cielo. Se l’acqua del lago è calma e limpida, il riflesso del cielo sarà chiaro e sereno. Se il lago è agitato, il cielo apparirà distorto. Questo ci ricorda che il nostro mondo esteriore è un riflesso del nostro mondo interiore. Portando la calma nel mio mondo interiore, anche il lago che mi circonda si è calmato. E proprio con l’idea di lanciare un sasso nel lago, contemplando le onde concentriche che si diramano dal centro, ho lavorato per portare a termine il mio corso. Le onde si stanno ancora propagando.
Trasformare le sfide in opportunità
Il principio di Esho Funi ci insegna anche a vedere le difficoltà come opportunità di crescita. Quando affrontiamo sfide, possiamo scegliere di reagire con resilienza e determinazione, trasformando le situazioni negative in occasioni per rafforzare la nostra umanità. Questo principio è condivisibile con molte tecniche di coaching e counseling.
Il monaco Nichiren Daishonin stesso è stato un esempio di questa filosofia. Nonostante le persecuzioni e le difficoltà che ha affrontato, ha sempre mantenuto la convinzione che la fede e la pratica del buddismo potessero trasformare qualsiasi avversità in una fonte di illuminazione.
Conclusione: L’unità di vita e ambiente come guida per il futuro
Esho Funi non è solo un concetto filosofico: è una guida pratica per vivere una vita piena di significato. Ci invita a riconoscere la connessione profonda tra il nostro mondo interiore e quello esteriore, a coltivare la consapevolezza e a intraprendere una rivoluzione umana che non solo trasforma noi stessi, ma anche il mondo intorno a noi.
Come dice Daisaku Ikeda: “La rivoluzione umana in un singolo individuo contribuirà alla rivoluzione di una famiglia, di una comunità e, infine, dell’intera umanità.” Questo è il potere di Esho Funi: ricordarci che ogni cambiamento interiore può creare un’onda di trasformazione che si estende ben oltre i confini della nostra vita personale e della nostra immaginazione.
Condivido con voi l’invito che ogni mattina offro alla mia vita: affrontiamo ogni giorno con il cuore colmo di gratitudine e con la determinazione di creare armonia tra noi stessi e l’ambiente, sapendo che ogni asso, anche piccolo, può condurci verso un futuro di pace e felicità condivisa.
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'ENNEAGRAMMA E MEDITAZIONE, Compagne di viaggio verso la consapevolezza' di Fracasso Anna

11/1/2025

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Sono rimasta affascinata dalle lezioni di Riccardo Manfredini sull'Enneagramma, un viaggio per me alla scoperta di questa mappa che ci guida alla comprensione di noi stessi e delle persone che ci circondano.
Esistono nove tipi di enneagramma, che possiamo chiamare enneatipi, i quali ci aiutano a vedere come pensiamo, come ci sentiamo e perché agiamo in certi modi. Con l'enneagramma abbiamo una mappa o un manuale, che spiega le caratteristiche del singolo individuo. Scoprire a quale dei nove tipi appartiene una persona può essere di aiuto nel lavoro del coach.
Quando hai la sensazione di essere intrappolato in pensieri o emozioni, qui entrano in gioco l'enneagramma e la meditazione. Questa mappa ti svela desideri nascosti e mai considerati di esplorare. L'enneagramma offre uno schema completo di dove sei. Questo sistema non ti inquadra in una categoria, ma ti aiuta a comprendere punti di forza di cui sei vulnerabile, sviluppando una profonda empatia con te stesso e con gli altri.
Questo percorso è un mezzo di conoscenza per comprendere profondamente le domande con potenziali vie di crescita personale. È come uno strumento di auto-comprensione, sviluppo personale e miglioramento delle relazioni interpersonali.
La meditazione è proprio un laboratorio dove puoi mettere alla prova la teoria: attiva il tuo mondo interiore, ogni inspiro porta energia e ogni espiro rilascia tensione, senza giudizio e con la consapevolezza del nostro respiro.
Queste due caratteristiche insieme possono essere applicate in contesti professionali per migliorare la comunicazione e la collaborazione all'interno del team.
Le lezioni di Riccardo mi stanno aiutando a comprendere come poter lavorare all'interno di gruppi, orientandomi dove le relazioni sono complesse, proprio perché ci sono più persone e svariate difficoltà caratteriali.
Quando uniamo l'enneagramma e la meditazione, avviamo un dialogo tra conoscenza ed esperienza. Ci aiuteranno ad avere una mappa più fluida nella comprensione di ogni singolo individuo, per fare emergere ogni personalità e trovare un'armonia del gruppo, lavorando insieme per stare meglio con sé stessi e con gli altri.
Tutto questo ci porta alla ricerca del vero io ed è un percorso verso l'essenza più pura.

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'Il Rebirthing – Respiro Consapevole Circolare Connesso' di Domenica Culpo

11/1/2025

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“DIO ALITÒ  NELLE NARICI DELL’UOMO E DELLA DONNA IL RESPIRO DELLA VITA ED ESSI DIVENNERO ANIME VIVENTI”
​Il Respiro Consapevole Circolare Connesso (rebirthing) permette di ascoltarsi e comprendersi perché dentro di noi c’è già tutto… basta solo iniziare a leggersi con accoglienza, amore, cura e rispetto. Voglio parlare dell’esperienza meravigliosa che ho vissuto con il Respiro Circolare, una delle tecniche che possono aiutare ad uscire dalle nostre sofferenze e che è un atto semplice ed ovvio ma che nessuno immagina quanto sia importante. Ogni respiro che facciamo purifica l’aria e l’organismo, rilassa i tessuti del corpo e favorisce l’espulsione di tossine, è un processo di recupero del proprio potere.
Il Respiro è la cosa più preziosa che esista nell’universo ed è la base della nostra vita.

Come si pratica?

Ci si corica supini, con il corpo completamente rilassato sul lettino, con gli occhi chiusi, e si inizia a respirare con la bocca, portando attenzione al Respiro, che diventa cosi Consapevole. Il Respiro è Connesso, cioè non ci sono pause tra l’inspirazione e l’espirazione, così da diventare Circolare, vale a dire un tutt’uno tra inspirazione ed espirazione.
Il Respiro agisce a più livelli agisce sul piano fisico emozionale e mentale.

​Ogni seduta di Respiro è sempre diversa dalle altre
. 

A volte può agire più sul piano fisico, altre più a livello emozionale, altre volte può portare a comprensioni ed intuizioni, altre volte può agire più a livello spirituale. 
E’ importante avere fiducia nel processo del Respiro, perché il Respiro sa esattamente come agire e dove condurre, cosa far emergere per essere integrato, è proprio questa la sua saggezza profonda: a seconda della situazione e del momento, il Respiro porta a chi lo pratica ciò di cui la persona ha veramente bisogno in quella fase della sua vita.
L’atteggiamento da avere, durante una seduta, è quello di accogliere tutto quello che emerge. Grazie al Respiro Circolare Consapevole si può sperimentare che tutto ciò a cui si resiste, persiste e si rafforza; ciò a cui ci si abbandona con accoglienza, si scioglie e si trasforma. Praticare il Respiro Consapevole Circolare permette di portare questo atteggiamento di accoglienza anche nella vita quotidiana.

La bellezza di questa pratica è che può essere fatta anche autonomamente: solo dopo che avrai preso dimestichezza con un ciclo di sedute di Respiro in cui un counsolor ti assiste (è questo è essenziale all’inizio, per acquisire un certo livello di esperienza), potrai praticarlo da solo. 

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'L'Emozione' di Anna Fracasso

11/1/2025

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Tante tante emozioni nel mio cuore, tante domande e tanti perché mi hanno fatto arrivare qui in questo percorso straordinario, mille e mille domande sulle emozioni che mi hanno spinto a cercare le mie incertezze in questa vita a volte così fragile, dove tutto c'è e tutto svanisce in un secondo. Buio tanto buio sulla mia vita, tanta ricerca per uscire da tutta la mia sofferenza, voglio parlare delle mie emozioni e del mio dolore. L'emozione è la causa di varie reazioni organiche che possono essere fisiologiche, psicologiche o comportamentali, tutte le emozioni sono spesso definite come uno stato complessivo di sentimenti che si traducono in cambiamenti fisici e psicologici che scaturiscono da stimoli interni che esterni, e influenzano il comportamento e il pensiero, ed è quello che è capitato a me dopo il fallimento di tutto il mio mondo lavorativo, dove dalle stelle di una vita perfetta, mi sono ritrovata alla sofferenza di dover vedere tutto quello che abbiamo costruito, svanire nel nulla e così la sofferenza. Quest'ultima si è manifestata con profonda angoscia, associata ad un senso di perdita di identità e di significato della mia vita, senso di vuoto interiore, mancanza di motivazione e bassa soglia di tolleranza. Una marea di emozioni, di dolore, di incertezze di buio assoluto, ecco perché sono qui in questa ricerca, voglio parlare di emozioni per lasciare impresso su questo Post la mia vita, per poter aiutare chi legge a cercare la via della guarigione. Mi sono fatta aiutare da un counselor per parlarmi dentro in maniera giusta. Le emozioni che ho provato sono: Rabbia generata dalla frustrazione che ho manifestato con aggressività che a volte avevo con le persone. Paura dominata dall'istinto e dall' amigdala (sopravvivenza). Tristezza per aver perso tutto, senti aumentare il battito cardiaco, cambiare i ritmi respiratori, e attivare una cascata di reazioni ormonali. Vergogna, Umiliazione e Paura del Giudizio da parte delle persone da cui ero circondata e che con grande ignoranza, mi facevano soffrire, e mi trovavo spesso ad avere forti attacchi di panico, chiudendomi in me stessa. Tutte le emozioni che mi sono portata dentro, toccando il fondo, sono riuscita con il supporto di un counselor, a superare il dolore, la forza e la determinazione, ritrovando la consapevolezza del mio essere, e questo mi ha fatto rialzare, aiutandomi a capire che tutto può accadere, ma da tutto si può 
rinascere.
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'La musica, come la vita, comincia prima di accorgersene' di Lorenzo Manfredini

11/1/2025

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Prima che le mani del pianista sfiorino i tasti, c’è già una musica che ci attraversa. È fatta di parole, quelle del professor Carretti, che hanno la grazia di un ponte e la forza di un fiume. Ci introduce agli autori come si presentano vecchi amici: Haydn, Bach, Busoni. Non sono solo nomi, ma vite intrecciate, contaminazioni che aprono finestre su mondi che non conoscevamo.
“Ogni autore,” dice Carretti, “è un confine che non finisce mai.” E noi ascoltiamo, mentre disegna con le sue parole i timbri di un’orchestra invisibile che già scuote i nostri corpi.
È un po’ come quando parliamo con qualcuno e scopriamo che ogni scambio apre possibilità nuove, che ogni parola, anche imperfetta, può guidare un cambiamento. La comunicazione, come la musica, non è mai un atto neutro: è un ponte, una contaminazione, un lasciarsi toccare e trasformare.

Haydn, con la sua Sonata, ci porta nella classicità che si spinge oltre sé stessa. Le note svelano l’orchestra nascosta nel pianoforte: timpani che non esistono, archi che il pianista inventa con l’illusione di mani che sanno troppo. Sembra quasi che Haydn ci parli ancora, un compositore che non ha mai smesso di crescere.
È un po’ come parlare con qualcuno che, nel rispetto delle proprie radici, sa proiettarsi nel futuro. Una comunicazione rispettosa e pragmatica, che non impone ma esplora, come un counselor che ci accompagna senza mai guidare troppo.

E poi Bach, il peso della memoria che diventa gioco. Busoni lo reinventa, lo scolpisce dal marmo dell’organo per consegnarlo alla fragilità del pianoforte. Un suono che si spegne, che decade nel silenzio, eppure resiste, emerge, sprofonda. Come un respiro trattenuto troppo a lungo. C’è una bellezza decadente, una malinconia che non si esaurisce mai.
Come nelle conversazioni più profonde, in cui ci lasciamo condurre nei silenzi, negli spazi tra le parole, scoprendo che anche ciò che non viene detto può avere un peso immenso. Solaris, dice Caretti, è il film che più lo rappresenta: la memoria che annega, il tempo che si riflette in un’acqua torbida. Come il passato che portiamo dentro, che guida i nostri dialoghi e ci permette di crescere solo quando abbiamo il coraggio di immergerci in esso.

E infine Chopin, il poeta che non usa parole. I 24 preludi sono un labirinto senza pareti. Non conducono a niente, eppure ci portano ovunque. Ogni preludio è un gioco, ma il gioco è la vita stessa. Tashko, con le sue mani che sembrano leggere il tempo, ce li consegna uno per uno. Sono messaggi che ci arrivano da una distanza intangibile. Le sue mani, ora leggere come ali, ora pesanti come il vento prima di un temporale, ci trascinano in un dialogo con ciò che non sappiamo di noi stessi.
E non è così, anche nella comunicazione più autentica? Non è forse vero che le parole, come le note, ci raggiungono in modi che non possiamo prevedere, rivelandoci parti di noi stessi che ignoravamo? La comunicazione pragmatica, quella rispettosa e aperta, non impone risposte ma ci invita a giocare con domande che aprono spazi. Come fa un counselor esperto, che sa che ogni dialogo è un gioco tra il dire e l’ascoltare, tra il lasciare spazio e il proporre.

Il suo pianoforte non suona, parla. Racconta di luoghi lontani: una cattedrale ortodossa in una città balcanica, l’eco di tradizioni che si mescolano al nuovo, al possibile. Ogni nota si spegne, e in quello spegnersi lascia un’impronta, come un passo nella neve che si scioglierà al sole.
E poi noi, ascoltatori. Giochiamo all’ascolto della nostra vita. Carretti aveva ragione: non si tratta di capire, ma di sentire. Non importa se la comprensione è incompleta. Ciò che conta è che la musica passi attraverso di noi, ci scuota, ci renda capaci di vivere quel silenzio che rimane tra una nota e l’altra.
Il concerto è finito, ma ci lascia con una lezione profonda: che la comunicazione, come la musica, è una danza di lieviti, tra quello che siamo e quello che possiamo diventare. È rispetto, è gioco, è trasformazione. Ed è questa la bellezza che ci portiamo via, non solo dal palco della Chigiana, ma anche dalla vita stessa.
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'Quando il campo chiama, Manfredini risponde.' di Lorenzo Manfredini

6/1/2025

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Otto mesi sono lunghi. Lunghissimi. Abbastanza per dimenticare l’odore dell’erba bagnata, il suono del pallone che schiaffeggia la rete, o il boato di chi crede in te. Eppure, anche in mezzo a freddo, tosse e una schiena che reclama pietà, arriva un momento in cui devi solo esserci. Presente. In silenzio, ma con tutto il corpo, anche se ogni fibra urla.

E così è successo. Nicolò, che di "Manfredini" non porta solo il cognome, ma anche l'arte di trasformare la pressione in occasione, è tornato a prendersi la scena. Dopo otto mesi, ha guardato la porta – quella porta – e oggi è stata sua. Nessuna esitazione, solo intuito e fermezza. Perché, quando il gioco si fa duro, il corpo nonostante tutto risponde, piangendo o no.

I giornali parlano di voti alti, di parate decisive, di un finale di partita che, senza quelle mani sicure, avrebbe avuto tutt’altra storia. Parlano di quasi rigori parati nel silenzio di un recupero che pare infinito. Parlano di un Manfredini che blinda la porta come un muro invisibile. Ma ciò che non dicono è la verità più profonda: ogni gesto, ogni volo, ogni respinta è una promessa mantenuta. Verso chi crede in lui. Verso sé stesso.

Certo, qualcuno deve offrirgli una cena – almeno così dicono i cronisti! – ma la verità è che Nicolò non gioca per ringraziamenti. Gioca perché è ciò che da 18 anni da professionista ama fare, è ciò che lo definisce.

E allora, per oggi, caro Nicolò, puoi permetterti di chiudere gli occhi, respirare a pieni polmoni (se la tosse lo consente) e goderti questo momento. Te lo sei guadagnato. Non solo con la tecnica, ma con una maturità e con una forza che va oltre il fisico.

Perché, in fondo, il bello di essere un Manfredini non è solo parare. È rispondere. Sempre. Anche quando il corpo sembra dire meno, un po' meno.
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'L’Intelligenza 'Artificiale': Memoria, Pensiero e… Auguri di Buon Anno' di Lorenzo Manfredini

4/1/2025

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L’intelligenza artificiale, quella fedele alleata che organizza i nostri pensieri, conserva i nostri ricordi e filtra le pubblicità come un’amica un po’ troppo invadente, ci accompagna anche in questi giorni di fine anno. Mentre scorriamo la lista delle cose fatte (e di quelle rimaste indietro), ci ricorda che, forse, non è tutto da buttare: c’è sempre tempo per ripartire, ripensare, e ritrovare ciò che conta davvero.

E allora, mentre ci lasciamo alle spalle le distrazioni digitali, prendiamoci un momento per qualcosa di più autentico. Questo è il momento perfetto per augurare a ciascuno di voi di potersi dedicare al tempo di qualità che meritate, per imparare, crescere e costruire con intenzione il futuro che desiderate.

Il prossimo anno è vicino, e con esso mille possibilità da cogliere. Tra queste, il Master M18, che ci aspetta con l’entusiasmo di chi sa che la formazione di qualità è un dono prezioso che facciamo a noi stessi. E chissà quante altre sorprese ognuno di noi ha in serbo per il prossimo anno: progetti ambiziosi, nuovi percorsi, o semplicemente l’opportunità di scoprire qualcosa di nuovo su di sé.
​

Con questo spirito di scoperta e rinnovamento, vi auguro un anno pieno di idee, energia e momenti che facciano la differenza. Che sia un periodo in cui imparare e riflettere, ma anche sorridere, divertirsi e, perché no, alzarsi dal divano per camminare verso i propri sogni.
Un caro saluto e tanti auguri di buon anno e da tutto il nostro staff di UP STEP!
Un caro saluto
Lorenzo Manfredini
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'Usiamoli i super poteri!' di Nancy Baston

4/1/2025

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Che bello sarebbe poter fuggire ogni tanto in un altro mondo, magari con un carrello della spesa in mano … come nel film Harry Potter, di corsa in una stazione verso una colonna  che magicamente diventa un portale per trasportarci in un atro mondo. Con la fantasia si può tutto! O quasi perchè nella mia mente troppo razionale mi immagino un bello SBAAAAMMM!!! Contro quella colonna.

Ma voglio crederci, voglio riprovarci!
E Tu ?  Se ti chiedessi cosa desideri sapresti rispondere?
Possiamo aggiungere un po’ di magia alle nostre giornate ?

In questo periodo freddo di nebbia in Val Padana io sogno il caldo tropicale ! Vorrei essere o meglio ritornare a fare una vacanza in barca a vela, circondata da mari cristallini, tanto azzurri da poter vedere la deriva sprofondare nell’acqua , con il solo suono del vento e dei gabbiani ,in navigazione costiera, con le luci notturne della città accompagnarmi come puntini colorati in lontananza, vorrei tuffarmi nuovamente dalla prua, senza paura.
Assaporerei ancora di più la libertà e la spensieratezza, perché mi sono resa conto che la leggerezza che avevo quando ero più giovane non è più la stessa e mi manca! Ma comprendo che le cose cambiano , questa è la maturità: per me la responsabilità di una famiglia e delle mie figlie piccole.

Se dovessi tornare ora in quella barca, i miei occhi non potrebbero immergersi completamente  nell’orizzonte come un tempo, quella Nancy fa parte del passato, quella di adesso invece, ha trascorso un capodanno a -12° fuori, ma con molto calore e allegria all’interno del mio cuore e in quello dei miei cari: in 8 in un appartamento , forse un pochino stretti! Ma felici.
Una qualità che ho appreso in barca a vela è il rispetto degli spazi altrui , qualche metro sotto coperta , però a compensare tutto ciò attorno a noi la vastità del mare allora, e la grandezza dell’amore e dell’amicizia condiviso oggi , in questi giorni di festa.

​Vi auguro di fare delle vostre vite, un meraviglioso e fantasioso viaggio, buon 2025
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'Abbiate coraggio!' di Nancy Baston

4/1/2025

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Si avvicina il carnevale , momento amato da piccoli ed adulti , io vivo a pochi km da Venezia e quasi ogni anno mi immergo nelle calli coloratissime della città in festa,
Venezia e le sue maschere, Venezia città così fragile , sorretta da pali nascosti sotto acque torbide e soggetta ad inondazioni  periodiche.
Mi sorge dal profondo un parallelismo con la gran parte dei giovani d’oggi, anch’essi immersi nel turbinio poco trasparente della rete , e magari fosse la rete sociale dei loro pari, no pur troppo è proprio una rete  dalla quale non riescono ad uscire, a volte nemmeno si rendono conto di esserci dentro o peggio sanno di esserci , ma si rifiutano di prendere la pillola rossa (ogni riferimento a Matrix è puramente casuale) ripudiando la realtà per immergersi in un modo fatto di luci blu (quelle dello schermo) parlo dell’identità digitale, delle maschere gioiose e giocose che beatamente  si mettono per celebrare un finto carnevale che dura tutto l’anno, tutti gli anni.
I nostri ragazzi hanno accolto i diktat emotivi imposti da una società bastata sull’apparire , disposti a mascherare le proprie emozioni pur di contribuire a rafforzare quell’immagine creata sul loro profilo social.
La vera funzione della maschera non è quella di nascondere un viso, ma di sovrapporre un immagine fissa ad un volto in perenne movimento. Questo può andar bene per uno spettacolo teatrale o per un giro a Venezia, ma non produce nulla di salutare se usato nella quotidianità: perché è molto più semplice mascherare le proprie emozioni da dietro uno schermo, con un nickname , in un gruppo chiuso, a volte scelto!
Nella vita reale non vale ! esiste il confronto, esiste lo scontro, esiste un viso , esistono due  o  più occhi dei quali sarebbe bello poter sostenere lo sguardo.
Pertanto cari giovani, visto che si avvicina il carnevale: GIU’ LE MASCHERE CON IL SORRISO AD OGNI COSTO  abbiate coraggio! abbiate paura, siate fieri delle vostre debolezze, abbracciate i vostri disagi perché solo così li supererete, non cercate conforto virtuale, il mondo è grande ci sono persone belle come voi, che vi possono donare una parola dolce , un sorriso sincero e complice , che null’altro aspettano se non di essere guardate da un bel paio di occhi veri.
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'Quattro Compleanni e un Viaggio tra Legami e Scoperte' di Lorenzo Manfredini

1/1/2025

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Un intreccio di compleanni, viaggi e riflessioni: un dicembre speciale
Quest’anno le celebrazioni natalizie si sono trasformate in un mosaico di emozioni, viaggi e incontri. Tra le luci di festa, abbiamo celebrato Sabrina (26 dicembre), la nostra bussola pragmatica, e Olly (28 dicembre), un’esplosione di energia nei suoi quattro anni, circondata dalla magia di amici d’asilo.
Poi me stesso (1 gennaio), un nuovo inizio carico di simbolismo, e Barbara (2 gennaio), con la sua forza contagiosa, aggiungendo a tutto ciò un filo conduttore unico: esperienze intrecciate che ci hanno arricchito e unito ancora di più.
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A Benevento, Sabrina e Nicolò hanno aperto le porte e il cuore, mentre Olivia, detta Olly, ha trasformato ogni istante in un'avventura sensoriale: mani appiccicose, risate squillanti, giochi disseminati ovunque.
Nel frattempo, Annalisa e io ci siamo cimentati sul Vesuvio in bici, sfidando il vulcano con pedalate scomposte e la sensazione che il cratere ci stesse osservando con ironia. A Castelpoto, invece, abbiamo camminato tra poesie incise sulle porte scosse dal terremoto, dove la distruzione lasciava spazio a pensieri di speranza, un’apertura al nuovo.

Capodanno ci ha trovati a riflettere, con un calice di troppo e il sottofondo di una musica che mescolava festa e nostalgia. E tra tutto questo, un pensiero: Quanto è complicato essere genitori oggi? Ma anche una certezza: il calore delle persone che vivono con e per la famiglia rende ogni impegno un po’ più semplice.
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Un augurio speciale per il nuovo anno
A te, a noi, e a tutti quelli che pedalano tra vulcani, si perdono in asili pieni di magia e trovano poesia anche tra le macerie: che il 2025 sia pieno di nuovi abbracci, scoperte e movimenti di vita.
Auguri di cuore a Sabrina, Olly, Barbara, Nicolò, Annalisa e… a tutti noi.
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'Vigilia di Natale alle Terme: Cronaca di un’Anarchia Familiare Perfettamente Imperfetta' di Lorenzo Manfredini

24/12/2024

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La Vigilia di Natale si presenta sempre con quel misto di aspettativa e leggera ansia che accompagna i pranzi di famiglia, le chiacchiere forzate e i brindisi che si ripetono ogni anno. Ma quest’anno? Quest’anno siamo riusciti a sorprendere perfino noi stessi. Un viaggio alle terme, una di quelle decisioni prese all’ultimo minuto, tra il serio e il faceto, quasi a voler sfuggire al cliché natalizio delle tartine col salmone e dei maglioni coordinati.

Prologo: Lo Stronzo e L’Avvocato
La giornata è iniziata con me, telefono in mano, intento a scambiare gli auguri con il mio caro amico Cosimo. Mia moglie Annalisa, sempre pronta a pizzicarmi con lo sguardo, era lì accanto, e non ho resistito: “Sai che tipo di feste mi aspettano? Cognate, nonne, nipoti… le feste che non vorresti mai!” Ho sentito le scatole di Annalisa girare senza nemmeno guardarla. Risate. Forse sono stato stronzo. Forse. Ma il bello delle famiglie è che, nonostante tutto, alla fine ci si ritrova immersi in qualcosa di inaspettatamente... bello. E infatti, il programma prevedeva terme, cognate e un pranzo “gradevole”. Gradevole ma monitorato, sia chiaro: “Non mangiare quello, attento a questo, oggi niente dolci.” Il mantra delle feste moderne.

Alle Terme: Tra Suricati, Tuffi e Vecchi Amori
Arrivati alle terme, ci accoglie un panorama da cartolina e un’acqua a 36 gradi che prometteva di sciogliere tensioni e vecchi rancori. Poca gente, un silenzio quasi surreale, e noi: un assortimento umano che sembrava una sit-com in vacanza. La nipote undicenne, soprannominata 'la cavalletta' per il profilo da suricato che sfoggia su WhatsApp, non smetteva di saltare e tuffarsi in acqua, inseguita dalla zia super atletica che inanellava vasche con le pinne come se fosse alle Olimpiadi. Noi altri? Abbiamo scelto il ruolo più dignitoso: osservatori pigri con occasionali incursioni di chiacchiere filosofiche.

Chiacchiere Filosofiche (O Quasi)
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La suocera Silvana, con il suo controllo impeccabile, si lascia scappare un desiderio: “Che bello sarebbe andare in vacanza in un posto simile…” Risate. “Ma dove vuoi andare, è una vita che lo dici!” rispondono le figlie, pronte a smontare ogni velleità con quel mix di affetto e sarcasmo che solo le famiglie sanno maneggiare.
E poi si parla di tutto: gli acciacchi dell’età, il tempo che vola, i progetti sempre più a breve termine. Persino di urne e cremazioni. Sembrerebbe macabro, ma le risate amareggianti che ne nascono sono il vero antidoto alla paura di perdere chi amiamo. Tra battute, nostalgie e voli pindarici, l’atmosfera si scalda, come l’acqua termale che ci culla.

Un Coltello Diverso
In passato, ci sono stati momenti in cui la tensione familiare si poteva tagliare con un coltello. Oggi, quel coltello è servito per scavare nelle emozioni e nelle battute, andando a fondo ma senza fare male. La nostalgia si mescola all’affetto, le risate agli sguardi che sanno già che questi momenti sono preziosi proprio perché rari.

Epilogo: Il Natale Dentro
Alla fine, torniamo a casa più leggeri, anche se sazi di emozioni. Questo viaggio alle terme, con il suo intreccio di risate, malinconie e scoperte, è stato il prologo perfetto per il Natale. Nessun maglione coordinato, niente tartine, ma tanto calore, nel senso più autentico del termine.
Quindi, grazie. A chi c’era, a chi non c’è più, e a chi, nonostante tutto, rende ogni Natale un’occasione per ricordare che il vero regalo sono i legami. Anche quando scherziamo, ridiamo e, sì, diciamo cose da stronzi.
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'Una Bottiglia Storta e Dieci Amici: La Magia di una Serata da Ricordare'

23/12/2024

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Ci sono serate che non si dimenticano, non per il lusso o le grandi aspettative, ma per la semplicità di un momento condiviso. Una tavolata di dieci amici, legati dalla passione per la bicicletta e dall'amore per la vita, è bastata a creare un'atmosfera di collegialità, simpatia e allegria.
Tra una risata e l'altra, un brindisi e un ricordo, è emersa la vera essenza di quella serata: lo spegnimento dell'io. Per qualche ora, abbiamo lasciato da parte le nostre preoccupazioni, i piccoli drammi quotidiani, e ci siamo immersi nel piacere di esserci, di ascoltarci, di ridere insieme.
A rendere il tutto ancora più speciale è stato Mauro Fazzi, un attore e declamatore di raro talento, che con ironia e arguzia ha saputo cogliere i nostri piccoli difetti e trasformarli in spunti di comicità. Con battute leggere ma taglienti, ha scherzato sulle nostre età avanzate, sui dolori di chi pedala per passione, e su quei difetti che, come ci ha ricordato, “piangono per attirare la nostra attenzione”.

E poi c'era lei, la bottiglia storta. Un semplice oggetto che, nelle mani di Mauro, è diventato un simbolo, una provocazione, un gioco di prospettiva. “Guardatela”, come ha detto, “e ditemi: cosa vi suggerisce? Che emozioni suscita? Che associazioni vi vengono in mente? E soprattutto, cosa potete imparare da una bottiglia che sembra storta?”
​
"La bottiglia storta, con la sua inclinazione inaspettata, crea un leggero fastidio visivo, un richiamo implicito al desiderio di raddrizzarla. Eppure, nella sua imperfezione stabile, ci insegna che non tutto ha bisogno di essere corretto per trovare il proprio equilibrio."
La bottiglia inclinata ci ha parlato in modi diversi:
  • Di resilienza, come un invito a mantenere l'equilibrio anche quando tutto sembra sbilanciarsi.
  • Di imperfezione, come una celebrazione del fatto che non tutto deve essere perfetto per essere significativo.
  • Di cambiamento, un invito a guardare la vita da angolazioni diverse.
  • Di vino, perché sì, oltre a filosofeggiare, abbiamo anche brindato, e il contenuto della bottiglia storta, insieme alla Magnum, ha fatto il suo dovere!

Quella bottiglia, così come tutta la serata, ci ha ricordato che la vita è fatta di dettagli apparentemente banali, ma capaci di insegnarci molto. Le battute, gli scherzi, i ricordi di viaggi e itinerari percorsi insieme sulle due ruote hanno intrecciato risate e riflessioni, lasciandoci con una consapevolezza più leggera ma più profonda.

La collegialità ha fatto il resto: dieci individui, ognuno con le proprie storie e fatiche, ma per una sera siamo stati una cosa sola: un gruppo che si muoveva come un corpo unico, legato dalla complicità, dall'affetto e dalla voglia di spegnere l'ego per accendere la gioia. del “noi”.
Forse, più che una bottiglia storta, è stata una serata dritta, dritta al cuore di ciò che conta davvero: condividere, ridere e brindare alla vita, anche quando è un po' sbilenca.
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'Il Gran Finale del Master 17: Una Celebrazione tra Risate, Sudore e Conquiste' di Lorenzo Manfredini

16/12/2024

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Si dice che ogni viaggio finisce con una tappa memorabile, e il nostro Master 17 non ha fatto eccezione. È stato come l'ultimo atto di una pièce teatrale: denso, emozionante, ironico, con momenti in cui ci siamo chiesti se ne saremmo mai usciti vivi (o asciutti) – sì, sudore e tensione inclusi – ma alla fine, che spettacolo!

Abbiamo iniziato con il piede ben piantato nel terreno delle nostre ambizioni. “Mettere a terra gli obiettivi”, ci dicevano, e noi lì, con lo sguardo di chi cerca di capire come atterrare su un pianeta che ancora non ha una gravità definita. Ma poi, passo dopo passo, teoria dopo teoria, siamo diventati mappatori di complessità. Abbiamo esplorato il tema dell'autostima con Dino, come archeologi in cerca di antiche certezze.

Ci siamo confrontati, attraverso Gaia e Valentina, con l'ADHD e i suoi mille volti, cercando non solo di capirlo, ma di sentire cosa significa vivere dentro quel flusso rapido, turbolento eppure così unico.

E come dimenticare l'apnea curativa? Con Riccardo, in quel silenzio liquido, dove il corpo si abbandona e la mente finalmente respira, abbiamo scoperto un nuovo modo di lasciare andare. Ci siamo immersi, letteralmente, nelle profondità del rilassamento, provando sensazioni catartiche, rigeneranti e liberatorie.

La comunicazione, ah, quante insidie ​​quando si lavora con i ragazzi! Tramite Sabina, abbiamo imparato a stare attenti a ogni sfumatura, perché ogni parola può essere una piuma o un macigno. Poi il Baskin, attraverso Silvia, con le sue regole inclusive e l'entusiasmo contagioso, ci ha insegnato che lo sport è un linguaggio universale che supera barriere e crea legami straordinari.

L' esercizio immersivo di percezione? Alessandro ci ha ricordato che la percezione non è mai univoca: “Il mondo che vediamo non è quello che è, ma quello che ci permettiamo di percepire” . Con lui, abbiamo imparato ad osservare le sfumature, a cogliere il sottile filo tra realtà e interpretazione. Il suo contributo ha acceso una scintilla di curiosità che ora ci accompagna ovunque: ogni dettaglio nasconde una storia, ogni sguardo una possibilità di comprensione.

Il massaggio e il contatto? Cinzia ha portato un'energia rassicurante e trasformativa: “Il corpo è il nostro primo linguaggio, e toccarlo con consapevolezza significa ascoltarlo con rispetto”. Le sue mani ci hanno accompagnato a leggere ciò che le parole spesso tacciono, regalandoci un momento di abbandono profondo, rigenerante, che ci ha fatto sentire più vivi, più autentici, più presenti.

E poi Nadia, con il risveglio bioenergetico, ci ha fatto danzare con la vita stessa. La sua energia contagiosa ci ha ricordato che il corpo è un ponte tra terra e cielo, e che risvegliare ogni cellula significa risvegliare un po' anche l'anima.
Tre voci diverse, tre contributi speciali che hanno reso il nostro Master 17 un'esperienza davvero unica. Ognuno di loro ci ha lasciato qualcosa: uno sguardo nuovo, un tocco di consapevolezza, un movimento che ci spinge verso il futuro.

Ma non sono mancati i momenti di pura adrenalina. Esami, presentazioni, domande a raffica che sembravano uscite da un quiz show – non proprio spietato, ma quasi! La tensione era palpabile: qualcuno stringeva la penna come un'ancora di salvezza, altri sfoggiavano sorrisi tremanti e una certa umidità sotto le ascelle (inevitabile, inutile negarlo). Eppure, nonostante tutto, abbiamo ballato. Non solo metaforicamente: alla fine, il mix di gioia e sollievo ci ha trasformati in veri e propri ballerini della resilienza.

La gestione del conflitto, con il conflict coaching di Cosimo, ci ha dato l'ultimo spunto per affrontare il mondo con nuovi strumenti: più sicuri, più consapevoli, più efficaci.

E poi il gran finale: la consegna dei diplomi. C'è qualcosa di magico nel tenere in mano quel pezzo di carta. Non è solo un attestato, è la prova tangibile che siamo cresciuti, cambiati, trasformati. Gli abbracci hanno sigillato il momento: sinceri, calorosi, indimenticabili.
​
Alla fine, ci siamo salutati con uno di quei sorrisi che dice tutto senza bisogno di parole. Eravamo stanchi, certo, ma anche incredibilmente soddisfatti. E soprattutto, eravamo consapevoli di una cosa: questo Master 17 non è stato solo un percorso, è stata un'esperienza che porteremo nel cuore, nello zaino delle nostre competenze e nei nostri progetti futuri.

E ora, il sipario cala. Ma solo per un attimo. Perché il bello di questi viaggi è che in realtà non finisce mai. Ogni abbraccio è un arrivederci, ogni diploma un nuovo inizio, ogni sorriso un modo per dire: ci vediamo là fuori, dove continueremo a crescere e a fare la differenza.

A gennaio si prosegue con l’M18! Buon viaggio e buone Feste a Tutti!
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'Duelli e Feedback Sottoterra: Una Serata a Ferrara tra Risate, Lacrime e Autenticità' di Lorenzo Manfredini

12/12/2024

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Quarto incontro, un gruppo speciale, e una serata di fine d'anno che sembra uscita da un film western ambientato... due metri sottoterra. Non parlo di una nuova saga di Quentin Tarantino, ma dell’ultima riunione tenuta da Umberto Baglietti e da me, insieme a un gruppo straordinario di imprenditori, avvocati, docenti, coach, manager e psicologi. Gente curiosa, attenta, e – sorpresa! – piuttosto disponibile a mettersi in gioco. Siamo a Ferrara, all’Osteria di Francesco, un locale che ti accoglie letteralmente nelle sue viscere. E lì, lontani dal rumore del mondo, abbiamo dato vita a un’esperienza che è stata tanto formativa quanto divertente.
Il tema della serata? Come ci vedono gli altri. Un argomento che può trasformarsi facilmente in un campo minato di malintesi, equivoci e momenti imbarazzanti, ma che noi abbiamo trasformato in una sorta di “palestra” per allenare il muscolo della conoscenza reciproca. Il tutto condito da una buona dose di ironia, perché – diciamocelo – se non si ride un po’, cosa rimane?

Western Feedback: Sguardi, Sfide e Risate
Come nei migliori film western, il saloon si è trasformato in un’arena. Non c’erano pistole né cappelli a tesa larga, ma i duelli c’erano eccome: bersagli di feedback – sia negativo che positivo – sparati con una precisione degna del miglior Clint Eastwood.
Abbiamo osservato come dai nostri comportamenti possano emergere lati timidi, riservati, emotivi, e a volte esuberanti. Essere al centro dello sguardo altrui, esposti alle opinioni sincere di chi ci sta di fronte, non è mai facile. Ma qui, invece di abbatterci, ci siamo lasciati sorprendere. Tra risate scroscianti e sudore di sensibilità, abbiamo scoperto una dimensione più coraggiosa e trasparente della nostra umanità.
Qualcuno si è sentito un po’ nudo – non in senso letterale, quasi! – ma è proprio in questa vulnerabilità che si è creata una fiducia unica. Perché, alla fine, è nel feedback, quello autentico e gentile, che nascono le relazioni più vere. È stato un esercizio di esposizione non cercata ma incredibilmente importante. E no, nessuno si è nascosto sotto il tavolo, neanche quando le parole colpivano dove faceva più male (o più bene).
​
Tra Buffet e Abbracci
E poi, la ciliegina sulla torta: il buffet finale. Francesco, oste e parte del nostro gruppo, ci ha accolti con il calore del suo locale. Un buon bicchiere di vino in mano, gustosi stuzzichini e una compagnia vivace hanno dato il via a chiacchiere intime e risate assordanti che sono riuscite a contagiare persino gli altri ospiti del locale.
E come spesso accade nei luoghi dove ci si sente a casa, ci sono stati incontri inaspettati: tra i saluti finali, qualcuno ha ritrovato volti noti e vecchi amici, regalando al momento una dose extra di calore, abbracci spontanei e – perché no – ossitocina, quell’ormone che trasforma ogni incontro in pura felicità.

Grazie a un Gruppo Unico
Un grazie speciale va a tutti i partecipanti, persone di grande qualità che hanno saputo unire la gentilezza alla curiosità, la disponibilità al coraggio di mettersi in gioco. Ognuno, a modo suo, ha portato qualcosa di prezioso in questa esperienza. È stato un percorso dedicato all’autenticità, un valore che, in tempi come questi, ha bisogno di essere festeggiato e coltivato.
Buone feste a tutti voi, compagni di questa avventura sotterranea. Che il nuovo anno vi porti ancora più momenti di coraggio, risate e autenticità – magari con quel pizzico di ironia che non fa mai male!
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'Una Cena Sociale a Due Ruote: Tra Strade, Storie e Sogni' di Lorenzo Manfredini

8/12/2024

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Ci siamo ritrovati, noi della FIAB di Siena, attorno a un tavolo ben apparecchiato, con il sorriso di chi sa che la vera avventura non è mai davvero finita. Giovane vecchia associazione, ci chiamano, e forse un po' è vero: età media sopra i sessanta, ma spirito che sfida ogni contachilometri, sempre in sella tra salite, discese e qualche curva a gomito.

La serata? Un vivace collage di racconti. Saluti che si trasformano in cronache epiche delle avventure dell'anno: "Ti ricordi quella sterrata, all'Elba, nel bosco? Tra i rovi sembrava d'essere in un documentario sulla giungla!" Oppure le classiche, intramontabili, confessioni di "acciacchi e nipoti": ginocchia che cigolano come vecchie catene e figli che ormai pedalano da soli, lontano, ma mai troppo per non essere raccontati con orgoglio.

E poi il futuro, che tra un bicchiere di vino e una battuta, sembra improvvisamente più luminoso: meno macchine e più biciclette, sogni di destrieri d'acciaio, leggeri e magnifici, pronti a riconquistare strade e cuori. Un futuro dove il pedalare sarà simbolo di salute, prevenzione pura e un po' di quella libertà che parte dalle gambe e arriva dritta al cuore.

Ma non si è parlato solo di chilometri. C'era spazio anche per riflessioni sul tempo che passa e su come reinventarsi, trasformando ogni giornata in un viaggio, che sia su due ruote o nelle pieghe della vita. E allora giù di idee, di risate, di brindisi e promesse: "L'anno prossimo tutti sulla Francigena, eh? E niente scuse!"

Grazie a tutti per questa serata speciale, dove la FIAB di Siena si è dimostrata ancora una volta più di un'associazione: una famiglia allargata, con ruote che girano e cuori che battono al ritmo di un'unica, eterna passione. 
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'Ikigai: la via del cuore e della realizzazione' di Gaia Monteleone

8/12/2024

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Nel cuore della cultura giapponese esiste un concetto che racchiude l’essenza di una vita piena, di un’esistenza che non si limita a sopravvivere, ma che fiorisce in ogni istante. Questo concetto è Ikigai, che letteralmente significa "ragione di essere", ma che va ben oltre una semplice motivazione o obiettivo. Ikigai è la fusione armoniosa di ciò che amiamo, di ciò in cui siamo bravi, di ciò che il mondo ha bisogno e di ciò per cui possiamo essere ricompensati. È il punto di incontro di passione, missione, vocazione e professione, un luogo dove ogni elemento della nostra vita si allinea con il nostro scopo più profondo, il senso della nostra vita.
Nel contesto del coaching, Ikigai si trasforma in una potente tecnica che guida chi cerca di allinearsi con il proprio scopo, aiutandolo a superare la confusione e a trovare il coraggio di seguire il proprio cuore. Ma non è solo un obiettivo da raggiungere: è una filosofia che incarna una visione di vita in pace, dove ogni passo è intrapreso con consapevolezza e gratitudine. Come scriveva il poeta giapponese Yūgure, “Ogni attimo ha un valore immenso, e in ogni attimo possiamo riscoprire noi stessi.”
Il coaching Ikigai non è semplicemente una tecnica per ottenere successi o raggiungere obiettivi materiali. È un viaggio interiore, un cammino che richiede tempo, riflessione e, soprattutto, pazienza. L'Ikigai non è qualcosa che si trova in un giorno, ma piuttosto una scoperta che si fa lentamente, un passo alla volta, mentre si impara a vivere con intenzione e consapevolezza. Il segreto sta nel lasciar andare le aspettative esterne e nel focalizzarsi su ciò che ci rende veramente vivi. Come un fiore che sboccia lentamente, l'Ikigai invita a coltivare la nostra vita come un giardino pieno di significati, dove ogni passione e ogni talento si radicano profondamente nel terreno della nostra essenza.
Ma cosa implica il concetto di Ikigai quando applicato al coaching? Significa lavorare su di sé con il cuore aperto, scoprendo i propri desideri più autentici, senza paura di cambiare direzione, senza timore di cadere o di fallire. Ogni piccolo passo, ogni azione quotidiana vengono intrapresi con consapevolezza. E la strada per Ikigai è un percorso che non solo riguarda il raggiungimento del successo, ma anche il saper vivere ogni momento con serenità, fiducia e gratitudine.

Le tecniche e strategie di coaching dell'Ikigai:
  1. Riflessione sulle proprie passioni
Il primo passo verso la realizzazione di Ikigai per il coachee è guardarsi dentro. Cosa ami fare? Cosa ti fa battere il cuore? Queste domande non sono semplici curiosità, ma porte che si aprono verso il vero scopo della propria vita. Nel coaching, il primo esercizio consiste nel facilitare il coachee nell’ascolto empatico del proprio cuore, guidandolo nel liberarsi dalle distrazioni esterne e nel concedersi il tempo di riflettere su ciò che lo appassiona veramente, mediante l’ascolto attivo, attività creative o visualizzazioni del sé presente e futuro.

  1. Scoprire i propri talenti unici
Ikigai ci invita a scoprire cosa facciamo bene, a valorizzare le nostre competenze naturali. Il coach può proporre al cliente queste domande: qual è il tuo dono unico? Qual è l'abilità che ti distingue? Il coaching aiuta a identificare i punti di forza, a coltivare la fiducia in sé stessi e a mettere in gioco il proprio talento per il bene degli altri.

  1. Capire come possiamo servire il mondo
Il vero Ikigai si trova nel punto in cui le passioni e i talenti si incontrano con le necessità del mondo. Il coach può proporre al cliente queste domande: che cosa puoi portare al mondo? Come puoi contribuire alla comunità/società? Il coaching aiuta a vedere oltre sé stessi, ad ampliare la propria visione per comprendere che il proprio ruolo si svolge all’interno di una rete più grande, quella della vita e della società.

  1. La ricompensa e la sostenibilità del cammino
Ogni azione dev'essere sostenibile. Ikigai è il punto in cui ciò che facciamo non solo ci dà soddisfazione, ma è anche economicamente e socialmente equilibrato. Il coaching aiuta a capire come l’impegno possa essere ricompensato, che si tratti di una ricompensa materiale, emozionale o spirituale, facilitando il coachee nel comprendere il proprio valore e nel potenziarlo.

  1. Il giusto equilibrio tra i quattro elementi
Il cuore del coaching Ikigai sta nell’equilibrio. Non si tratta di concentrarsi solo su una parte della vita del cliente, ma di cercare un allineamento tra passione, talento, bisogno e ricompensa. Il coach aiuta a integrare questi quattro aspetti, a farli dialogare tra loro affinché il cammino del cliente verso Ikigai sia il più autentico possibile.

Un cammino di speranza e luce
Ikigai è una luce che brilla lungo il nostro cammino, una guida che ci insegna a vivere con consapevolezza, non a rincorrere successi effimeri o ricompense transitorie, ma a scoprire un'esistenza ricca di significato. Questa filosofia di vita deve essere compresa a vissuta in primis dal coach, in modo da comprenderne pienamente la natura e la forza, nel proprio percorso di vita verso la consapevolezza e l’equilibrio. Non è un processo che richiede perfezione, ma uno che accoglie la nostra umanità con tutte le sue fragilità e i suoi difetti. Ogni passo che facciamo in direzione del nostro Ikigai è un passo che ci avvicina a una vita più serena, più in sintonia con ciò che siamo veramente.

Proprio come nella poesia di Bashō, “Il fiore non si preoccupa di crescere, semplicemente sboccia”, così anche noi, quando seguiamo il nostro Ikigai, non dobbiamo temere il futuro. Dobbiamo solo imparare a vivere ogni giorno con gratitudine, a lasciare che la nostra passione e i nostri talenti fioriscano nel mondo con naturalezza.
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Nel coaching Ikigai, la speranza non è qualcosa che si aspetta dall’esterno, non si incarna in un salvatore o in una vaga percezione di un futuro migliore che si manifesterà misticamente nella nostra vita, ma è una forza che nasce dall'interno, da una profonda connessione con il nostro scopo, con la nostra vera essenza. Così, passo dopo passo, possiamo trovare il nostro cammino, dove ogni respiro è un gesto di fiducia, ogni pensiero un seme piantato nel giardino della nostra realizzazione e ogni azione è un atto di gratitudine verso la vita.
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