Da qualche anno mi sono avvicinata a questo splendido sport e nell’ultimo periodo ho avuto modo di riflettere…
perché ho iniziato questo percorso sportivo?
cosa mi spinge a sacrificarmi continuamente e a continuare?
Fin da bambina ho sempre amato sperimentare cimentandomi in un po’ tutti gli sport. Ho iniziato con la Danza per poi spaziare con il calcio femminile e infine approdare con la triplice disciplina.
Conosciuto il mio ragazzo, atleta di resistenza da anni, mi sono avvicinata al mondo del running e del body building e con mia sorpresa mi sono accorta di avere geneticamente delle grandi potenzialità. La mountain bike con la sua libertà mi stregò ma cercavo ancora di più il modo di incanalare la mia energia, sono approdata alla bici da corsa e fu amore a prima vista.
Eccoci arrivati alla prima gara di Triathlon del mio ragazzo, emozione e adrenalina a mille! La mia voce fatica ad uscire da quante urla di incitamento spendo per lui, sono talmente assorbita da questo momento che ho la sensazione di nuotare, pedalare e correre con lui unendo la mia energia alla sua.
Un pensiero mi ha assillato nei giorni successivi: ‘cavoli come vorrei essere anch’io una di loro!’.
Et voilà, neanche un mese ed ero sulla griglia di partenza.
La realtà è che il Triathlon è uno sport difficile, fisico, mentale ma credo sia comunque alla portata di tutti in base all’obiettivo che ci si pone.
Triathlon uguale tre discipline: nuoto bici e corsa. Le certezze in questo sport vanno abbandonate, in ogni gara le variabili sono migliaia.
Il tutto inizia con la frazione di nuoto (il mio punto debole). Le donne partono sempre per prime.
Alla partenza c’è chi ride, chi si concentra in silenzio, chi “tasta” l’acqua con i piedi per abituarsi alla temperatura e chi si riscalda con svariati e improbabili esercizi per riscaldare braccia e spalle.
Ognuno ha il suo rito scaramantico, il suo modo per concentrarsi. Io parlo poco, respiro profondamente con il diaframma, poi mi guardo attorno, tutte le altre concorrenti mi sembrano più brave, più allenate, più tutto. Penso che avrei dovuto allenarmi di più, poi però mi ripeto che devo divertirmi e non necessariamente competere.
Una quindicina di minuti di nuoto e poi il peggio è passato, superato quello scalino sono a “cavallo”.
Un mix di pensieri, emozioni, adrenalina mi sommergono; poi ad un tratto trovo pace serenità, rallento i pensieri e i movimenti, lancio uno sguardo all’orologio, ci siamo, START!!!
In un secondo ansia e i pensieri negativi scompaiono. E’ iniziata e al diavolo tutto, non arriverò ultima questo è certo!
Nuoto più forte che posso cercando di non sbagliare traiettoria, di schivare le avversarie e di non bere. Le braccia iniziano a stancarsi ma l’obiettivo è sempre più vicino, la spiaggia è lì e mi sta aspettando. Ingrano l’ultima marcia un ultimo sforzo e tocco terra.
Mi alzo, esco dall’acqua e inizio a correre sul tappeto rosso, sento il peso dell’acqua bevuta, il respiro ancora affannato, le gambe si stanno riprendendo dall’impatto con la terraferma, sento le urla degli amici ‘vai Annaaaaa!’ e sono pur sempre una ballerina...il pubblico è la mia forza, la mia carica di endorfine. Così accelero per arrivare in zona cambio, mi preparo, stacco la bici e parto. Le gambe sembrano dei macigni, faccio fatica a pedalare e cerco ancora di regolare il respiro ma sono sulla bici, è il momento di sgasare e raggiungere chi mi ha superato a nuoto. Piano piano le gambe si abituano al nuovo movimento e la gara prende una piega diversa. Sono euforica, realizzo che ho appena nuotato e che sono una forza... supero una, due cicliste e l’autostima cresce insieme alla forza. Sono nel bel mezzo della gara ed è ancora tutta da giocare. L’acido lattico inizia a farsi sentire e quadricipiti urlano. Bisogna resistere... ancora qualche km e pian piano passerà. La frazione di bici per un ciclista è veloce e non si ha il tempo per pensare a qualcosa di specifico. Devi fare attenzione alla strada, a chi ti supera, a recuperare e ad andare il più veloce possibile. Le gambe sono stanche ma il fiato cè… penso che posso rallentare un attimo per prendere fiato. Maledico il giorno che ho scelto quella gara e che vada come vada non vale la pena soffrire così per non arrivare sul podio. Non ho ancora finito di lamentarmi che mi perdo nel guardarmi attorno...la gente urla e incita, cè il sole e attorno a me atleti che nel loro piccolo stanno dando il meglio. Passato il momento negativo sono già quasi alla fine senza rendermene conto. Sfilo i piedi dalle scarpe mentre ancora sto andando...scendo dalla bici e corro per andare a rimetterla al suo posto. Tolgo il casco, metto le scarpe da corsa e parto, le gambe da macigni che erano ora sono come inchiodate, fatico a correre. Rispetto alla forza che metto sembra di andare a rallentatore. Mi ripeto:”Sono alla fine, dai Anna manca poco l’ultimo sforzo”. Il fiato si fa sempre più corto, i battiti a mille. Cerco di controllare il respiro per fare il minimo sforzo. Mi guardo attorno, mi concentro sui colori delle maglie, sui capelli della ragazza davanti a me e mi impongo di raggiungerla o comunque non perderla d’occhio. Vedo la fine e non sento più le gambe ma ormai è fatta, la mia testa vede solo l’arrivo e come per magia recupero forze che pensavo avere esaurito e accelero per lo scatto finale. Vedo il gonfiabile con la scritta ‘Arrivo’... alzo le braccia e sorrido…
Spesso mi chiedono perché lo faccio…bella domanda. Qualcuno un giorno mi disse: ‘..la soddisfazione alla fine sarà talmente grande che ripagherà tutti gli sforzi!’ ..e aveva ragione.
perché ho iniziato questo percorso sportivo?
cosa mi spinge a sacrificarmi continuamente e a continuare?
Fin da bambina ho sempre amato sperimentare cimentandomi in un po’ tutti gli sport. Ho iniziato con la Danza per poi spaziare con il calcio femminile e infine approdare con la triplice disciplina.
Conosciuto il mio ragazzo, atleta di resistenza da anni, mi sono avvicinata al mondo del running e del body building e con mia sorpresa mi sono accorta di avere geneticamente delle grandi potenzialità. La mountain bike con la sua libertà mi stregò ma cercavo ancora di più il modo di incanalare la mia energia, sono approdata alla bici da corsa e fu amore a prima vista.
Eccoci arrivati alla prima gara di Triathlon del mio ragazzo, emozione e adrenalina a mille! La mia voce fatica ad uscire da quante urla di incitamento spendo per lui, sono talmente assorbita da questo momento che ho la sensazione di nuotare, pedalare e correre con lui unendo la mia energia alla sua.
Un pensiero mi ha assillato nei giorni successivi: ‘cavoli come vorrei essere anch’io una di loro!’.
Et voilà, neanche un mese ed ero sulla griglia di partenza.
La realtà è che il Triathlon è uno sport difficile, fisico, mentale ma credo sia comunque alla portata di tutti in base all’obiettivo che ci si pone.
Triathlon uguale tre discipline: nuoto bici e corsa. Le certezze in questo sport vanno abbandonate, in ogni gara le variabili sono migliaia.
Il tutto inizia con la frazione di nuoto (il mio punto debole). Le donne partono sempre per prime.
Alla partenza c’è chi ride, chi si concentra in silenzio, chi “tasta” l’acqua con i piedi per abituarsi alla temperatura e chi si riscalda con svariati e improbabili esercizi per riscaldare braccia e spalle.
Ognuno ha il suo rito scaramantico, il suo modo per concentrarsi. Io parlo poco, respiro profondamente con il diaframma, poi mi guardo attorno, tutte le altre concorrenti mi sembrano più brave, più allenate, più tutto. Penso che avrei dovuto allenarmi di più, poi però mi ripeto che devo divertirmi e non necessariamente competere.
Una quindicina di minuti di nuoto e poi il peggio è passato, superato quello scalino sono a “cavallo”.
Un mix di pensieri, emozioni, adrenalina mi sommergono; poi ad un tratto trovo pace serenità, rallento i pensieri e i movimenti, lancio uno sguardo all’orologio, ci siamo, START!!!
In un secondo ansia e i pensieri negativi scompaiono. E’ iniziata e al diavolo tutto, non arriverò ultima questo è certo!
Nuoto più forte che posso cercando di non sbagliare traiettoria, di schivare le avversarie e di non bere. Le braccia iniziano a stancarsi ma l’obiettivo è sempre più vicino, la spiaggia è lì e mi sta aspettando. Ingrano l’ultima marcia un ultimo sforzo e tocco terra.
Mi alzo, esco dall’acqua e inizio a correre sul tappeto rosso, sento il peso dell’acqua bevuta, il respiro ancora affannato, le gambe si stanno riprendendo dall’impatto con la terraferma, sento le urla degli amici ‘vai Annaaaaa!’ e sono pur sempre una ballerina...il pubblico è la mia forza, la mia carica di endorfine. Così accelero per arrivare in zona cambio, mi preparo, stacco la bici e parto. Le gambe sembrano dei macigni, faccio fatica a pedalare e cerco ancora di regolare il respiro ma sono sulla bici, è il momento di sgasare e raggiungere chi mi ha superato a nuoto. Piano piano le gambe si abituano al nuovo movimento e la gara prende una piega diversa. Sono euforica, realizzo che ho appena nuotato e che sono una forza... supero una, due cicliste e l’autostima cresce insieme alla forza. Sono nel bel mezzo della gara ed è ancora tutta da giocare. L’acido lattico inizia a farsi sentire e quadricipiti urlano. Bisogna resistere... ancora qualche km e pian piano passerà. La frazione di bici per un ciclista è veloce e non si ha il tempo per pensare a qualcosa di specifico. Devi fare attenzione alla strada, a chi ti supera, a recuperare e ad andare il più veloce possibile. Le gambe sono stanche ma il fiato cè… penso che posso rallentare un attimo per prendere fiato. Maledico il giorno che ho scelto quella gara e che vada come vada non vale la pena soffrire così per non arrivare sul podio. Non ho ancora finito di lamentarmi che mi perdo nel guardarmi attorno...la gente urla e incita, cè il sole e attorno a me atleti che nel loro piccolo stanno dando il meglio. Passato il momento negativo sono già quasi alla fine senza rendermene conto. Sfilo i piedi dalle scarpe mentre ancora sto andando...scendo dalla bici e corro per andare a rimetterla al suo posto. Tolgo il casco, metto le scarpe da corsa e parto, le gambe da macigni che erano ora sono come inchiodate, fatico a correre. Rispetto alla forza che metto sembra di andare a rallentatore. Mi ripeto:”Sono alla fine, dai Anna manca poco l’ultimo sforzo”. Il fiato si fa sempre più corto, i battiti a mille. Cerco di controllare il respiro per fare il minimo sforzo. Mi guardo attorno, mi concentro sui colori delle maglie, sui capelli della ragazza davanti a me e mi impongo di raggiungerla o comunque non perderla d’occhio. Vedo la fine e non sento più le gambe ma ormai è fatta, la mia testa vede solo l’arrivo e come per magia recupero forze che pensavo avere esaurito e accelero per lo scatto finale. Vedo il gonfiabile con la scritta ‘Arrivo’... alzo le braccia e sorrido…
Spesso mi chiedono perché lo faccio…bella domanda. Qualcuno un giorno mi disse: ‘..la soddisfazione alla fine sarà talmente grande che ripagherà tutti gli sforzi!’ ..e aveva ragione.