Visione, missione, valori, obiettivi … la letteratura di management ne è satura, perché parlarne ancora? Vediamo: che la visione descriva uno stato futuro e desiderabile dell’organizzazione è nozione intuitiva; ma come descrivere questo stato futuro e come metterlo in relazione con la motivazione delle persone e con le dinamiche di sistema? Come definire una meta, chiara, compresa e condivisa, che favorisca l’agire coordinato e armonioso di tutti verso il raggiungimento dello stato desiderato?
La visione che motiva davvero è eticamente fondata, pertinente e formulata con parole semplici e comprensibili a tutti (niente gergo di business o acronimi strani) per essere comunicata, diffusa e facilmente ricordata e citata a memoria; parola più o parola meno, ma nella piena consapevolezza del senso.
A volte la visione è direttamente quella dell’imprenditore. Altre volte, nelle aziende medio-grandi, è frutto di un’elaborazione collettiva, ispirata da qualche concetto essenziale dell’imprenditore o degli azionisti. Essere chiamati a questa elaborazione è già un elemento di motivazione per chi viene coinvolto.
Qui l’apporto delle persone non è solo quello delle loro competenze di ruolo, ma anche quello dei loro valori etici ed estetici, della loro autenticità, della loro capacità di percezione e introspezione nel cuore pulsante dell’azienda, con i suoi ritmi e la sua quotidianità; ciò che le persone dicono e fanno, oltre ogni dichiarazione di principio, sentendosi gratificate.
Definire una visione aziendale è perciò una sfida appassionante. Una visione chiara e ben comunicata orienta e favorisce lo sviluppo di processi decisionali adeguati e coerenti; inoltre aiutare tutti a “mantenere la rotta” soprattutto in tempi VUCA. Perciò è importante anche, ogni tanto, chiedersi a che punto ci si trova e se sia il caso di aggiornare la visione d’impresa. In effetti, la visione può invecchiare e, poiché siamo nel ventunesimo secolo e abbiamo a che fare con l’intelligenza artificiale, invecchia rapidamente. Aziende che hanno sviluppato una visione anni fa, intorno al cambio di secolo, l’hanno corredata di missione e valori, ne hanno fatto oggetto di eventi aziendali dedicati, l’hanno mantenuta visibile (su poster, carta intestata, gadget) finché l’abitudine e magari anche i buoni risultati l’hanno resa ovvia, opaca, priva di “appeal” motivazionale.
Se è accaduto questo (a maggior ragione, se non sono stati raggiunti gli obiettivi desiderati) è bene mettersi all’opera e svilupparne una nuova. È del tutto possibile, infatti, che se non la sviluppi tu, azienda, per motivare i tuoi collaboratori, qualcun altro – un tuo concorrente – ne stia già sviluppando una propria in cui uno degli esiti, al quale non sarai preparato, è che tu scompaia o sia marginalizzato nei tuoi mercati fin qui di riferimento.
Quindi anche la visione aziendale ha una sua dinamica evolutiva. Il mondo cambia velocemente e non ti chiede il permesso di farlo; ed è fondamentale non perdere di vista la ragione per cui si esiste e si fa ciò che si sta facendo. Se la strada diventa improvvisamente ripida o aumentano le curve, se ci sono cunette o dossi non segnalati, se c’è nebbia… che cosa c’è oltre la nebbia? Come andare avanti?
Se la visione è l’espressione di persone che l’hanno scritta, vi hanno aderito, collaborando nel rispetto e nella stima reciproca; persone che credono in sé stesse e nella forza del collettivo, in esse c’è probabilmente anche la lucidità del pensiero, la percezione di ciò che sta cambiando intorno e la determinazione a trovare strade nuove per raggiungere la meta; o individuarne una nuova e più funzionale al benessere desiderato.
Si può quindi ben dire che la visione, oggi più che mai, è la persistenza di un sogno, di un desiderio, nella consapevolezza che la via per realizzarlo sarà probabilmente più incerta, difficile, oscura di quella che ti eri immaginato; e che, una volta realizzato quel sogno, ti sembrerà solo la tappa di un cammino più lungo, con nuovi sogni da realizzare, più avanti.
Tratto da '78PAGINE' di Paolo Marinovich
La visione che motiva davvero è eticamente fondata, pertinente e formulata con parole semplici e comprensibili a tutti (niente gergo di business o acronimi strani) per essere comunicata, diffusa e facilmente ricordata e citata a memoria; parola più o parola meno, ma nella piena consapevolezza del senso.
A volte la visione è direttamente quella dell’imprenditore. Altre volte, nelle aziende medio-grandi, è frutto di un’elaborazione collettiva, ispirata da qualche concetto essenziale dell’imprenditore o degli azionisti. Essere chiamati a questa elaborazione è già un elemento di motivazione per chi viene coinvolto.
Qui l’apporto delle persone non è solo quello delle loro competenze di ruolo, ma anche quello dei loro valori etici ed estetici, della loro autenticità, della loro capacità di percezione e introspezione nel cuore pulsante dell’azienda, con i suoi ritmi e la sua quotidianità; ciò che le persone dicono e fanno, oltre ogni dichiarazione di principio, sentendosi gratificate.
Definire una visione aziendale è perciò una sfida appassionante. Una visione chiara e ben comunicata orienta e favorisce lo sviluppo di processi decisionali adeguati e coerenti; inoltre aiutare tutti a “mantenere la rotta” soprattutto in tempi VUCA. Perciò è importante anche, ogni tanto, chiedersi a che punto ci si trova e se sia il caso di aggiornare la visione d’impresa. In effetti, la visione può invecchiare e, poiché siamo nel ventunesimo secolo e abbiamo a che fare con l’intelligenza artificiale, invecchia rapidamente. Aziende che hanno sviluppato una visione anni fa, intorno al cambio di secolo, l’hanno corredata di missione e valori, ne hanno fatto oggetto di eventi aziendali dedicati, l’hanno mantenuta visibile (su poster, carta intestata, gadget) finché l’abitudine e magari anche i buoni risultati l’hanno resa ovvia, opaca, priva di “appeal” motivazionale.
Se è accaduto questo (a maggior ragione, se non sono stati raggiunti gli obiettivi desiderati) è bene mettersi all’opera e svilupparne una nuova. È del tutto possibile, infatti, che se non la sviluppi tu, azienda, per motivare i tuoi collaboratori, qualcun altro – un tuo concorrente – ne stia già sviluppando una propria in cui uno degli esiti, al quale non sarai preparato, è che tu scompaia o sia marginalizzato nei tuoi mercati fin qui di riferimento.
Quindi anche la visione aziendale ha una sua dinamica evolutiva. Il mondo cambia velocemente e non ti chiede il permesso di farlo; ed è fondamentale non perdere di vista la ragione per cui si esiste e si fa ciò che si sta facendo. Se la strada diventa improvvisamente ripida o aumentano le curve, se ci sono cunette o dossi non segnalati, se c’è nebbia… che cosa c’è oltre la nebbia? Come andare avanti?
Se la visione è l’espressione di persone che l’hanno scritta, vi hanno aderito, collaborando nel rispetto e nella stima reciproca; persone che credono in sé stesse e nella forza del collettivo, in esse c’è probabilmente anche la lucidità del pensiero, la percezione di ciò che sta cambiando intorno e la determinazione a trovare strade nuove per raggiungere la meta; o individuarne una nuova e più funzionale al benessere desiderato.
Si può quindi ben dire che la visione, oggi più che mai, è la persistenza di un sogno, di un desiderio, nella consapevolezza che la via per realizzarlo sarà probabilmente più incerta, difficile, oscura di quella che ti eri immaginato; e che, una volta realizzato quel sogno, ti sembrerà solo la tappa di un cammino più lungo, con nuovi sogni da realizzare, più avanti.
Tratto da '78PAGINE' di Paolo Marinovich