Il TAR del Lazio ha pubblicato una sentenza destinata a dare sempre più chiarezza sul fronte della tutela delle attività psicologiche.
Insieme ad altre sentenze che in passato hanno fatto storia, anche questa è un nuovo mattone nella giurisprudenza sulla tutela dei confini della professione di psicologo e della salute dei cittadini.
Il lungo iter è tutto consultabile sulla pagina del TAR. Ma vale la pena rintracciare alcuni stralci della sentenza, che è consultabile integralmente qui.
I COUNSELOR NON STANNO NEMMENO NEI CANONI DELLA LEGGE 4/2013
Si inizia ANNULLANDO tutti i diversi provvedimenti che hanno fondato l’inserimento di Assocounseling nell’elenco delle Associazioni non regolamentate ai sensi della legge 4/2013.
Per chi non lo ricordasse, la Legge 4/2013 ha dato la possibilità di ottenere un ‘bollino’ statale a professioni non regolamentate.
Assocounseling chiese e ottenne di essere iscritta nell’elenco delle Associazioni riconosciute dal Ministero per lo Sviluppo Economico. Ne seguì il ricorso degli psicologi, di cui Altrapsicologia ha dato notizia in questo articolo.
L’INTERESSE DEGLI PSICOLOGI: SONO AFFARI ANCHE NOSTRI
Un primo elemento di interesse della sentenza è che riconosce agli psicologi l’interesse a ricorrere, e quindi ad occuparsi del counseling:
“La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che “gli Ordini professionali, per la loro peculiare posizione esponenziale nell’ambito delle rispettive categorie e per le funzioni di autogoverno delle categorie stesse ad essi attribuite, sono legittimati ad impugnare in sede giurisdizionale gli atti lesivi non solo della propria sfera giuridica come soggetto di diritto, ma anche degli interessi di categoria dei soggetti appartenenti all’Ordine, di cui l’Ente ha la rappresentanza istituzionale” (v. CdS IV 50/2005).”
LA NATURA GENERICA DEL COUNSELING.
Il secondo e più importante argomento riguarda la natura del counseling così come presentato da Assocounseling. L’Associazione ce lo racconta così:
“attività il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione. Il counseling offre uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi di transizione e stati di crisi e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento. E’ un intervento che utilizza varie metodologie mutuate da diversi orientamenti teorici. Si rivolge al singolo, alle famiglie, a gruppi e istituzioni. Il Counseling può essere erogato in vari ambiti quali privato, sociale, scolastico, sanitario, aziendale.”
E il TAR commenta in sentenza che:
“(…) tale descrizione dell’attività dell’AssoCounseling è (…) talmente generica da potere comprendere una vasta gamma di interventi sulla persona, sfuggendo ad una precisa identificazione dell’ambito in cui la stessa viene a sovrapporsi all’attività dello psicologo. (…) Certamente, poi, è evidenziabile una interferenza con il settore di intervento degli psicologi cd. Junior (…)”
CROLLA L’INTRAMONTABILE MITO DELL’ESTERO
Il TAR è implacabile, su questo consunto tema per cui all’estero il counseling sarebbe libero: all’estero il counseling è diverso da quello che si vorrebbe passare in Italia:
“A tale riguardo il confronto con la definizione attuale di counseling approvata dall’International Association for Counseling, depositata in allegato alla memoria di AssoCounseling del 24 settembre 2015, evidenzia talune significative differenze, laddove nella suddetta definizione non vi è riferimento alcuno al disagio psichico. La definizione dell’International Association rimanda a tecniche per l’orientamento positivo che possano facilitare la relazione e la comunicazione con gli altri, migliorando la vita. Non vi compare alcun cenno al trattamento di condizioni psichiche o di stati patologici neanche di grado lieve.”
LE ATTIVITA’ DELLO PSICOLOGO SONO RISERVATE
Questo passaggio della sentenza è altrettanto centrale, perché mette un punto fermo sulla dibattuta questione della mancanza, nella legge 56/89, di una specifica riserva di attività in favore dello psicologo:
“La circostanza che il legislatore, nel definire la professione di psicologo nella legge n. 56 del 1989, abbia usato il termine “comprende”, anziché la locuzione “riserva”, non esclude che si tratti di attività per la quale è competente lo psicologo ed equivale ad una riserva, nei limiti in cui la definizione di tale ambito sia idonea ad identificare l’oggetto della attività professionale.”
CONCLUSIONI
Altro ci sarebbe da commentare su questa sentenza, che è estremamente ricca di spunti anche sul piano della natura della nostra professione, e supera molti scogli su cui c’era ambiguità. Credo si tratti di un grande risultato, su una tematica che AltraPsicologia ha sempre ritenuto strategica per le implicazioni relative alla salute dei cittadini ed alla concorrenza asimmetrica di troppi pseudo-psicologi.
Insieme ad altre sentenze che in passato hanno fatto storia, anche questa è un nuovo mattone nella giurisprudenza sulla tutela dei confini della professione di psicologo e della salute dei cittadini.
Il lungo iter è tutto consultabile sulla pagina del TAR. Ma vale la pena rintracciare alcuni stralci della sentenza, che è consultabile integralmente qui.
I COUNSELOR NON STANNO NEMMENO NEI CANONI DELLA LEGGE 4/2013
Si inizia ANNULLANDO tutti i diversi provvedimenti che hanno fondato l’inserimento di Assocounseling nell’elenco delle Associazioni non regolamentate ai sensi della legge 4/2013.
Per chi non lo ricordasse, la Legge 4/2013 ha dato la possibilità di ottenere un ‘bollino’ statale a professioni non regolamentate.
Assocounseling chiese e ottenne di essere iscritta nell’elenco delle Associazioni riconosciute dal Ministero per lo Sviluppo Economico. Ne seguì il ricorso degli psicologi, di cui Altrapsicologia ha dato notizia in questo articolo.
L’INTERESSE DEGLI PSICOLOGI: SONO AFFARI ANCHE NOSTRI
Un primo elemento di interesse della sentenza è che riconosce agli psicologi l’interesse a ricorrere, e quindi ad occuparsi del counseling:
“La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che “gli Ordini professionali, per la loro peculiare posizione esponenziale nell’ambito delle rispettive categorie e per le funzioni di autogoverno delle categorie stesse ad essi attribuite, sono legittimati ad impugnare in sede giurisdizionale gli atti lesivi non solo della propria sfera giuridica come soggetto di diritto, ma anche degli interessi di categoria dei soggetti appartenenti all’Ordine, di cui l’Ente ha la rappresentanza istituzionale” (v. CdS IV 50/2005).”
LA NATURA GENERICA DEL COUNSELING.
Il secondo e più importante argomento riguarda la natura del counseling così come presentato da Assocounseling. L’Associazione ce lo racconta così:
“attività il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione. Il counseling offre uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi di transizione e stati di crisi e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento. E’ un intervento che utilizza varie metodologie mutuate da diversi orientamenti teorici. Si rivolge al singolo, alle famiglie, a gruppi e istituzioni. Il Counseling può essere erogato in vari ambiti quali privato, sociale, scolastico, sanitario, aziendale.”
E il TAR commenta in sentenza che:
“(…) tale descrizione dell’attività dell’AssoCounseling è (…) talmente generica da potere comprendere una vasta gamma di interventi sulla persona, sfuggendo ad una precisa identificazione dell’ambito in cui la stessa viene a sovrapporsi all’attività dello psicologo. (…) Certamente, poi, è evidenziabile una interferenza con il settore di intervento degli psicologi cd. Junior (…)”
CROLLA L’INTRAMONTABILE MITO DELL’ESTERO
Il TAR è implacabile, su questo consunto tema per cui all’estero il counseling sarebbe libero: all’estero il counseling è diverso da quello che si vorrebbe passare in Italia:
“A tale riguardo il confronto con la definizione attuale di counseling approvata dall’International Association for Counseling, depositata in allegato alla memoria di AssoCounseling del 24 settembre 2015, evidenzia talune significative differenze, laddove nella suddetta definizione non vi è riferimento alcuno al disagio psichico. La definizione dell’International Association rimanda a tecniche per l’orientamento positivo che possano facilitare la relazione e la comunicazione con gli altri, migliorando la vita. Non vi compare alcun cenno al trattamento di condizioni psichiche o di stati patologici neanche di grado lieve.”
LE ATTIVITA’ DELLO PSICOLOGO SONO RISERVATE
Questo passaggio della sentenza è altrettanto centrale, perché mette un punto fermo sulla dibattuta questione della mancanza, nella legge 56/89, di una specifica riserva di attività in favore dello psicologo:
“La circostanza che il legislatore, nel definire la professione di psicologo nella legge n. 56 del 1989, abbia usato il termine “comprende”, anziché la locuzione “riserva”, non esclude che si tratti di attività per la quale è competente lo psicologo ed equivale ad una riserva, nei limiti in cui la definizione di tale ambito sia idonea ad identificare l’oggetto della attività professionale.”
CONCLUSIONI
Altro ci sarebbe da commentare su questa sentenza, che è estremamente ricca di spunti anche sul piano della natura della nostra professione, e supera molti scogli su cui c’era ambiguità. Credo si tratti di un grande risultato, su una tematica che AltraPsicologia ha sempre ritenuto strategica per le implicazioni relative alla salute dei cittadini ed alla concorrenza asimmetrica di troppi pseudo-psicologi.