Una risposta fuorviante dell'inconscio nella performance sportiva a livello giovanile.
Negli sports, soprattutto individuali, dove prevale continuamente il mettersi in gioco, il “misurarsi” costantemente con se stessi, entrano in gioco moltissimi elementi tra i quali ‘far diventare propria una scelta decisa dai genitori’.
Poiché molti ragazzi iniziano precocemente un’attività sportiva agonistica, sono i genitori che indirizzano verso sport promettenti dal punto di vista dell’opportunità e della popolarità.
Inizialmente, il “piacere ludico” di fare movimento e la ricerca di un risultato sembrano bilanciati verso la soddisfazione. Successivamente, i genitori, in una specie di transfert, diventano il figlio atleta e si identificano con le ‘sue’ vittorie.
Le emozioni vengono vissute con sofferenza e gioia, con grandi aspettative e a volte con profonda delusione.
Quando il ragazzo prende coscienza di questa ‘amorevole’ ingerenza genitoriale mette in atto dinamiche complesse e talvolta conflittuali che vanno a verificare se le performance sportive sono correlate o indipendenti dall’amore e dal proprio valore.
E’ nella confusione delle aspettative reciproche, genitore/figlio, che un atleta di buon livello, può inconsciamente frenare le proprie potenzialità. Senza volerlo coscientemente può inibire le proprie azioni, sbagliare i tempi di una decisione, procrastinare la catena funzionale delle proprie potenzialità.
Il compito del coach, in questi casi, diventa importante per far apprezzare all’atleta la “sua vera identità sportiva” e coniugarla con il piacere ludico della propria attività.
Salvatore Piazzese, è allenatore di Nuoto di atleti di interesse nazionale ed è iscritto alla Scuola di Coaching dell'Ass. STEP Consapevole.
Negli sports, soprattutto individuali, dove prevale continuamente il mettersi in gioco, il “misurarsi” costantemente con se stessi, entrano in gioco moltissimi elementi tra i quali ‘far diventare propria una scelta decisa dai genitori’.
Poiché molti ragazzi iniziano precocemente un’attività sportiva agonistica, sono i genitori che indirizzano verso sport promettenti dal punto di vista dell’opportunità e della popolarità.
Inizialmente, il “piacere ludico” di fare movimento e la ricerca di un risultato sembrano bilanciati verso la soddisfazione. Successivamente, i genitori, in una specie di transfert, diventano il figlio atleta e si identificano con le ‘sue’ vittorie.
Le emozioni vengono vissute con sofferenza e gioia, con grandi aspettative e a volte con profonda delusione.
Quando il ragazzo prende coscienza di questa ‘amorevole’ ingerenza genitoriale mette in atto dinamiche complesse e talvolta conflittuali che vanno a verificare se le performance sportive sono correlate o indipendenti dall’amore e dal proprio valore.
E’ nella confusione delle aspettative reciproche, genitore/figlio, che un atleta di buon livello, può inconsciamente frenare le proprie potenzialità. Senza volerlo coscientemente può inibire le proprie azioni, sbagliare i tempi di una decisione, procrastinare la catena funzionale delle proprie potenzialità.
Il compito del coach, in questi casi, diventa importante per far apprezzare all’atleta la “sua vera identità sportiva” e coniugarla con il piacere ludico della propria attività.
Salvatore Piazzese, è allenatore di Nuoto di atleti di interesse nazionale ed è iscritto alla Scuola di Coaching dell'Ass. STEP Consapevole.