
Cosa si può trovare di bello, di interessante, di curioso, a immergersi nelle cavità della terra, dove si è circondati dal buio, dall’oscurità, da ammassi di roccia, talvolta infangati, che all’apparenza sono solo...ammassi di roccia, per l’appunto!! All’apparenza...
Me lo sono chiesta diverse volte nell’ultimo mese...cosa può spingere l’uomo ad abbandonare la luce del mondo esterno per immergersi nell’oscurità di una grotta, arrivando ad attraversare perfino punti più stretti della larghezza delle proprie spalle, inconsapevoli di dove possono condurre. Me lo sono chiesta più volte, non trovando una risposta convincente, razionale direi...fino a quando la razionalità non ha lasciato posto all’interiorità, a una sorta di irrazionalità razionale...e lì si è aperto un mondo...improvvisamente quello che all’apparenza sembrava non avere senso, ha trovato una sua collocazione.
Tutto è nato da una mia attrazione verso le cose che portano a misurarsi con se stessi, che ti fanno conoscere i tuoi limiti e ti portano ad affrontarli e, perchè no, anche a superarli, tutto ciò che ti porta ad entrare in contatto con mondi ignoti alla maggior parte delle persone... perchè sono quei mondi ad essere i meno contaminati, dove per quanto ognuno sia diverso dall’altro, c’è un sentimento di fondo che accomuna fuori dallo spazio e dal tempo.
Speleologia...andare per grotte. Non avevo un’idea chiara di cosa fosse esattamente...forse nemmeno avevo un’idea realistica. E dopo i primi tre passi nella prima grotta ho capito che anche quella minima idea che avevo non avrebbe rispecchiato la realtà.
La prima grotta...infangati dalla testa ai piedi. Il significato di fare speleologia si fa strada in tutti i partecipanti al corso: e tutti ci accorgiamo che la cosa è un po’ diversa da come ci eravamo immaginati. Strettoie, pozzi, avanzamenti spalleggando la parete rocciosa...ogni parte del corpo viene chiamata in causa. Il primo passo sprofonda di tre centimetri nel fango...al quarto bisogna distendersi per passare attraverso una strettoia...e lì impari ad abbracciare la roccia!!! Infine il quinto ti porta al primo pozzo, una decina di metri: questa volta lo scendiamo e risaliamo con una scaletta. La SCALETTA: due lunghe corde metalliche separate da piolini in cui a mala pena riesci a far antrare lo scarpone!!
Ma la cosa più emozionante è l’inizio del dialogo con il buio. Si procede avvolti dall’oscurità. Se spegni la torcia sul caschetto, quel buio è proprio...buio...più nero del cielo di notte!! Piano piano la grotta si rivela per quello che la lampada frontale permette di illuminare.
Ad ogni passo l’ignoto si fa conoscere ai nostri occhi per poi sparire nuovamente dietro di noi, lasciandoci l’emozione e il piacere della scoperta. Si arriva in fondo per poi cominciare la risalita. Si ripercorrono le strettoie, i passaggi più insidiosi, di nuovo le scalette!!! Fino all’uscita. Dopo più di sette ore nelle profondità, si inizia a intravvedere la luce...quella penombra che segna il passaggio dal mondo sotterraneo che stiamo lasciando e il mondo esterno, in cui, forse un po’ a malincuore, dobbiamo tornare.
Ma è con l’ultima esperienza fatta che si accende la scintilla...semplicemente le domande di partenza erano sbagliate.
Non è il “Cosa ci trovi ad essere circondato da roccia, immerso nel buio”, o “cosa c’è di bello nel ritrovarsi infangati dalla testa ai piedi” o ancora “come fai a passare attraverso strettoie e passaggi che ti fanno mancare quasi l’aria”, o “come fai ad appenderti a una corda di un centimetro di diametro sospeso nel vuoto e nell’oscurità”.
Non erano le risposte a queste domande che avrebbero fatto scoprire il senso di tutto. Quelle alle quali ho iniziato a trovare risposta sono state altre: “cosa provi quando sei lì, a 100 metri, e più, sotto terra, circondato da rocce e oscurità... cosa senti quando inizi a calarti nel vuoto, al buio, con 80 metri di ignoto sotto di te...cosa provi arrivato in fondo...cosa provi superata quella strettoia, disceso e risalito quel pozzo che ti toglieva il fiato...cosa ti cresce dentro a ritrovarti in una immensa sala, circondato da un mondo in continua evoluzione...un mondo che continua a vivere e rigenerarsi, fuori dallo sguardo di tutti”.
Cosa provi... cosa ho provato... Difficile descriverlo a parole!! Il vero motore è l’emozione, la curiosità, il piacere della scoperta, l’ebbrezza dell’ignoto, la voragine che ti si apre dentro quando inizi a calarti nell’oscurità, la meraviglia di un immenso spazio che si apre davanti a te, là sotto, che si rivela a pochi...a chi ha intrapreso quel viaggio nelle profondità della Terra...un viaggio dentro se stessi.
Perchè non sempre il buio fa paura, puoi iniziare a dialogarci...perchè a volte è nel buio che si può scorgere quello che non vedresti alla luce del giorno...perchè in quel buio c’è un mondo che vive, perchè è in quella oscurità che puoi iniziare a guardarti dentro illuminando a poco a poco ciò che ti circonda.
E quando tornerai fuori, in superficie, alla luce del giorno, tutto avrà un sapore diverso.
Me lo sono chiesta diverse volte nell’ultimo mese...cosa può spingere l’uomo ad abbandonare la luce del mondo esterno per immergersi nell’oscurità di una grotta, arrivando ad attraversare perfino punti più stretti della larghezza delle proprie spalle, inconsapevoli di dove possono condurre. Me lo sono chiesta più volte, non trovando una risposta convincente, razionale direi...fino a quando la razionalità non ha lasciato posto all’interiorità, a una sorta di irrazionalità razionale...e lì si è aperto un mondo...improvvisamente quello che all’apparenza sembrava non avere senso, ha trovato una sua collocazione.
Tutto è nato da una mia attrazione verso le cose che portano a misurarsi con se stessi, che ti fanno conoscere i tuoi limiti e ti portano ad affrontarli e, perchè no, anche a superarli, tutto ciò che ti porta ad entrare in contatto con mondi ignoti alla maggior parte delle persone... perchè sono quei mondi ad essere i meno contaminati, dove per quanto ognuno sia diverso dall’altro, c’è un sentimento di fondo che accomuna fuori dallo spazio e dal tempo.
Speleologia...andare per grotte. Non avevo un’idea chiara di cosa fosse esattamente...forse nemmeno avevo un’idea realistica. E dopo i primi tre passi nella prima grotta ho capito che anche quella minima idea che avevo non avrebbe rispecchiato la realtà.
La prima grotta...infangati dalla testa ai piedi. Il significato di fare speleologia si fa strada in tutti i partecipanti al corso: e tutti ci accorgiamo che la cosa è un po’ diversa da come ci eravamo immaginati. Strettoie, pozzi, avanzamenti spalleggando la parete rocciosa...ogni parte del corpo viene chiamata in causa. Il primo passo sprofonda di tre centimetri nel fango...al quarto bisogna distendersi per passare attraverso una strettoia...e lì impari ad abbracciare la roccia!!! Infine il quinto ti porta al primo pozzo, una decina di metri: questa volta lo scendiamo e risaliamo con una scaletta. La SCALETTA: due lunghe corde metalliche separate da piolini in cui a mala pena riesci a far antrare lo scarpone!!
Ma la cosa più emozionante è l’inizio del dialogo con il buio. Si procede avvolti dall’oscurità. Se spegni la torcia sul caschetto, quel buio è proprio...buio...più nero del cielo di notte!! Piano piano la grotta si rivela per quello che la lampada frontale permette di illuminare.
Ad ogni passo l’ignoto si fa conoscere ai nostri occhi per poi sparire nuovamente dietro di noi, lasciandoci l’emozione e il piacere della scoperta. Si arriva in fondo per poi cominciare la risalita. Si ripercorrono le strettoie, i passaggi più insidiosi, di nuovo le scalette!!! Fino all’uscita. Dopo più di sette ore nelle profondità, si inizia a intravvedere la luce...quella penombra che segna il passaggio dal mondo sotterraneo che stiamo lasciando e il mondo esterno, in cui, forse un po’ a malincuore, dobbiamo tornare.
Ma è con l’ultima esperienza fatta che si accende la scintilla...semplicemente le domande di partenza erano sbagliate.
Non è il “Cosa ci trovi ad essere circondato da roccia, immerso nel buio”, o “cosa c’è di bello nel ritrovarsi infangati dalla testa ai piedi” o ancora “come fai a passare attraverso strettoie e passaggi che ti fanno mancare quasi l’aria”, o “come fai ad appenderti a una corda di un centimetro di diametro sospeso nel vuoto e nell’oscurità”.
Non erano le risposte a queste domande che avrebbero fatto scoprire il senso di tutto. Quelle alle quali ho iniziato a trovare risposta sono state altre: “cosa provi quando sei lì, a 100 metri, e più, sotto terra, circondato da rocce e oscurità... cosa senti quando inizi a calarti nel vuoto, al buio, con 80 metri di ignoto sotto di te...cosa provi arrivato in fondo...cosa provi superata quella strettoia, disceso e risalito quel pozzo che ti toglieva il fiato...cosa ti cresce dentro a ritrovarti in una immensa sala, circondato da un mondo in continua evoluzione...un mondo che continua a vivere e rigenerarsi, fuori dallo sguardo di tutti”.
Cosa provi... cosa ho provato... Difficile descriverlo a parole!! Il vero motore è l’emozione, la curiosità, il piacere della scoperta, l’ebbrezza dell’ignoto, la voragine che ti si apre dentro quando inizi a calarti nell’oscurità, la meraviglia di un immenso spazio che si apre davanti a te, là sotto, che si rivela a pochi...a chi ha intrapreso quel viaggio nelle profondità della Terra...un viaggio dentro se stessi.
Perchè non sempre il buio fa paura, puoi iniziare a dialogarci...perchè a volte è nel buio che si può scorgere quello che non vedresti alla luce del giorno...perchè in quel buio c’è un mondo che vive, perchè è in quella oscurità che puoi iniziare a guardarti dentro illuminando a poco a poco ciò che ti circonda.
E quando tornerai fuori, in superficie, alla luce del giorno, tutto avrà un sapore diverso.