In acqua sono riuscito a trovare una metafora, una palestra e un ambiente in cui verificare le basi del colloquio nella relazione d'aiuto: il setting, la preparazione, la disponibilità, la fiducia, l'ascolto passivo, l'ascolto attivo, l'accompagnamento. Lavorare sotto le parole per andare nel corpo. Una sensibilità davvero profonda per condividere un'esperienza con l'altro. Un modo di mettersi in discussione e restare in attesa e in ascolto.
Tralascio pensieri e distrazioni. Mi predispongo alla relazione. Ti prendo le mani e creiamo un sistema duale. Il resto rimane fuori. Ti guardo, respiro e con un cenno del capo ti chiedo il permesso d'iniziare. Le parole non servono.
Tu ti affidi all'acqua, io ti sostengo e ti avvicino a me. Sento il tuo peso, sento le piccole onde che lambiscono la pelle. Ti osservo galleggiare e ci diamo il tempo di trovare il nostro assetto. Ricerco la mia comodità, stabilità e serenità per permetterti di fare altrettanto.
Chiudo gli occhi e ascolto. Provo a cogliere le variazioni. Il mio respiro e il tuo respiro diventano il nostro respiro. Le nostre individualità restano ben distinte ma s'incontrano. Anche se sei vigile lentamente ti rilassi. So che dovrò avere ancora più riguardo. Non mi riverso su di te e non mi distanzio. Mantengo l'equilibrio nel contatto.
In base al tuo appoggio sulle mie braccia mi accorgo del tuo graduale abbandono. Mi concentro per essere con te, per stare con te.
Ti tocco le mani e le braccia, ti lascio il tempo di accogliere. Poi procedo con leggere pressioni e carezze. Percepisco la tua consistenza, eventuali tensioni e le forme. Inizio a muoverti nello spazio. Comincio piano per poi aumentare. Le mie sono proposte e le tue reazioni mi aiutano a comprendere.
Ti ascolto. Noto la fluidità e il grado di rilassamento in base alle risposte che mi rimanda il tuo corpo. Non conosco il tuo passato ma sono consapevole di come questo abbia modificato la tua postura, il tuo atteggiamento. Se mi accorgo che mi assecondi nel movimento cerco di distoglierti. Se sento rigidità rallento e sto nei tuoi confini. Provo a discernere tra ciò che credo giusto, piacevole, interessante per me da ciò che in realtà è buono per te e ti seguo. Non punto sulla forza o sulla prestazione o al bel movimento, sono con te, per te.
Più riuscirò a rispettarti e più ti potrai lasciar andare.
Puoi lasciare, puoi cambiare, puoi regredire mentre ti accompagno. Posso sembrare io a condurre ma in realtà sei tu che guidi. Mentre provo, sperimento, oso, tu mi lasci il campo entro cui agire. Se esco da questa dimensione diventa un mero esercizio di stile. Se resto centrato possiamo evolvere e andare lontano.
Grazie acqua... ma soprattutto grazie a te.
Tralascio pensieri e distrazioni. Mi predispongo alla relazione. Ti prendo le mani e creiamo un sistema duale. Il resto rimane fuori. Ti guardo, respiro e con un cenno del capo ti chiedo il permesso d'iniziare. Le parole non servono.
Tu ti affidi all'acqua, io ti sostengo e ti avvicino a me. Sento il tuo peso, sento le piccole onde che lambiscono la pelle. Ti osservo galleggiare e ci diamo il tempo di trovare il nostro assetto. Ricerco la mia comodità, stabilità e serenità per permetterti di fare altrettanto.
Chiudo gli occhi e ascolto. Provo a cogliere le variazioni. Il mio respiro e il tuo respiro diventano il nostro respiro. Le nostre individualità restano ben distinte ma s'incontrano. Anche se sei vigile lentamente ti rilassi. So che dovrò avere ancora più riguardo. Non mi riverso su di te e non mi distanzio. Mantengo l'equilibrio nel contatto.
In base al tuo appoggio sulle mie braccia mi accorgo del tuo graduale abbandono. Mi concentro per essere con te, per stare con te.
Ti tocco le mani e le braccia, ti lascio il tempo di accogliere. Poi procedo con leggere pressioni e carezze. Percepisco la tua consistenza, eventuali tensioni e le forme. Inizio a muoverti nello spazio. Comincio piano per poi aumentare. Le mie sono proposte e le tue reazioni mi aiutano a comprendere.
Ti ascolto. Noto la fluidità e il grado di rilassamento in base alle risposte che mi rimanda il tuo corpo. Non conosco il tuo passato ma sono consapevole di come questo abbia modificato la tua postura, il tuo atteggiamento. Se mi accorgo che mi assecondi nel movimento cerco di distoglierti. Se sento rigidità rallento e sto nei tuoi confini. Provo a discernere tra ciò che credo giusto, piacevole, interessante per me da ciò che in realtà è buono per te e ti seguo. Non punto sulla forza o sulla prestazione o al bel movimento, sono con te, per te.
Più riuscirò a rispettarti e più ti potrai lasciar andare.
Puoi lasciare, puoi cambiare, puoi regredire mentre ti accompagno. Posso sembrare io a condurre ma in realtà sei tu che guidi. Mentre provo, sperimento, oso, tu mi lasci il campo entro cui agire. Se esco da questa dimensione diventa un mero esercizio di stile. Se resto centrato possiamo evolvere e andare lontano.
Grazie acqua... ma soprattutto grazie a te.