Smettiamo di giocare. E’ proprio così.
Ad un certi punto ci viene propinata la consueta frase “non è più il momento per giocare/scherzare”.
E da li non torniamo più indietro.
O almeno il percorso per riappropriarci di quella capacità è assai complicato.
Eppure basta ricordarsi i tempi nei quali tutto scorreva, dove il tempo di gioco era assai differente dal tempo reale, dove i personaggi inventati rispecchiavano al meglio individui a noi vicini, dove si era persone migliori e dove tutto era lasciato all’accadere del momento. E lo sguardo non era rivolto al futuro né tanto meno al passato.
Tempi in cui si chiedeva compagnia nel gioco ma, se non presente, si era in grado di giocare anche in solitudine. Moltiplicando a dismisura i personaggi costruiti, dando vita ad una rappresentazione corale di assoluto livello.
Tempi in cui la mente del principiante era la regola, non doveva essere acuita o ritrovata attraverso pratiche di mindfulness.
La sorpresa, la conoscenza, la curiosità, il godere della bellezza del momento erano modalità automatiche ed utili a creare mondi e pensieri sempre positivi e con il lieto fine sempre in agguato.
Poi si smette. Ci viene raccontato che chi gioca sul lavoro, negli affetti, nella vita privata, nel sesso, non può risultare affidabile, non può essere persona a cui dare fiducia. Qualsiasi cosa faccia non merita attenzione, è inconcludente e cosi via…
Con questa visione, questo schema imposto, chi vuole tornare a giocare?
Modifichiamo e coloriamo invece questa immagine negativa facendo del gioco un nostro alleato, un nuovo modo di guardare noi stessi, gli altri, il mondo.
Impariamo a concederci il tempo e spazio per il gioco; impariamo a comunicare a noi e agli altri quel momento e impariamo ad invitarli a farne parte… Il loro IO bambino, insieme al nostro, ringrazierà per la ritrovata curiosità, leggerezza e positività. E per aver creato un nuovo collegamento con l’IO più adulto che lo stava cercando…
La mente del principiante ci permetterà di scoprire nuovi scenari abbandonando o modificando pensieri calcarizzati e ostici da modificare o rimuovere.
I rapporti interpersonali ed il sesso ne trarranno giovamento grazie ad una minore complessità di ragionamento, a parole più semplici e meno pesanti nel significato.
Il lavoro e gli obiettivi potranno trovare soluzioni alternative, decisioni inattese e nuove opportunità.
Comunichiamo forte la nostra intenzione di gioco. Non lasciamo che sia un’ intenzione solo nei nostri pensieri. Diciamolo forte.
E rispettiamo il desiderio, il volere degli altri.
Si può giocare con chi manifesta tale volontà o altrimenti si può giocare tranquillamente da solo.
Invitiamo senza insistere.
I paesaggi che si manifesteranno verranno naturalmente, con complicità riscoperte e con immagini più nitide e chiare di noi stessi, dell’altro e del senso di tutto questo.
E comunichiamo anche la fine del gioco. Cosi da decidere se uscire insieme da quel mondo immaginifico oppure rimanerci per tutto il tempo desiderato.
Ma torniamo a giocare per riscoprirci e stupirci!
Ad un certi punto ci viene propinata la consueta frase “non è più il momento per giocare/scherzare”.
E da li non torniamo più indietro.
O almeno il percorso per riappropriarci di quella capacità è assai complicato.
Eppure basta ricordarsi i tempi nei quali tutto scorreva, dove il tempo di gioco era assai differente dal tempo reale, dove i personaggi inventati rispecchiavano al meglio individui a noi vicini, dove si era persone migliori e dove tutto era lasciato all’accadere del momento. E lo sguardo non era rivolto al futuro né tanto meno al passato.
Tempi in cui si chiedeva compagnia nel gioco ma, se non presente, si era in grado di giocare anche in solitudine. Moltiplicando a dismisura i personaggi costruiti, dando vita ad una rappresentazione corale di assoluto livello.
Tempi in cui la mente del principiante era la regola, non doveva essere acuita o ritrovata attraverso pratiche di mindfulness.
La sorpresa, la conoscenza, la curiosità, il godere della bellezza del momento erano modalità automatiche ed utili a creare mondi e pensieri sempre positivi e con il lieto fine sempre in agguato.
Poi si smette. Ci viene raccontato che chi gioca sul lavoro, negli affetti, nella vita privata, nel sesso, non può risultare affidabile, non può essere persona a cui dare fiducia. Qualsiasi cosa faccia non merita attenzione, è inconcludente e cosi via…
Con questa visione, questo schema imposto, chi vuole tornare a giocare?
Modifichiamo e coloriamo invece questa immagine negativa facendo del gioco un nostro alleato, un nuovo modo di guardare noi stessi, gli altri, il mondo.
Impariamo a concederci il tempo e spazio per il gioco; impariamo a comunicare a noi e agli altri quel momento e impariamo ad invitarli a farne parte… Il loro IO bambino, insieme al nostro, ringrazierà per la ritrovata curiosità, leggerezza e positività. E per aver creato un nuovo collegamento con l’IO più adulto che lo stava cercando…
La mente del principiante ci permetterà di scoprire nuovi scenari abbandonando o modificando pensieri calcarizzati e ostici da modificare o rimuovere.
I rapporti interpersonali ed il sesso ne trarranno giovamento grazie ad una minore complessità di ragionamento, a parole più semplici e meno pesanti nel significato.
Il lavoro e gli obiettivi potranno trovare soluzioni alternative, decisioni inattese e nuove opportunità.
Comunichiamo forte la nostra intenzione di gioco. Non lasciamo che sia un’ intenzione solo nei nostri pensieri. Diciamolo forte.
E rispettiamo il desiderio, il volere degli altri.
Si può giocare con chi manifesta tale volontà o altrimenti si può giocare tranquillamente da solo.
Invitiamo senza insistere.
I paesaggi che si manifesteranno verranno naturalmente, con complicità riscoperte e con immagini più nitide e chiare di noi stessi, dell’altro e del senso di tutto questo.
E comunichiamo anche la fine del gioco. Cosi da decidere se uscire insieme da quel mondo immaginifico oppure rimanerci per tutto il tempo desiderato.
Ma torniamo a giocare per riscoprirci e stupirci!