L’intervento di Armando è andato avanti portando per un’istante l’attenzione a come l’uomo da un punto di vista antropologico, nonostante la usa evoluzione, abbia dentro di se degli elementi animali che non possono svanire nel corso di mutazioni tecnologiche, mutazioni sociali, di cambiamenti che hanno visto l’uomo cambiare nei secoli in modo radicale. In tutto questo si è aggiunta una sottolineature da parte di Armando, su come le difficoltà che le persone incontrano nel quotidiano si manifestino più che da un punto di vista psico-patologico, si rivelano da un punto di vista socio-patologico. Ad un certo punto ammetto che la mia mente si è distaccata dalla lezione e ho incominciato a riflettere su questo aspetto e su come la quotidianità si esprime nella nostra vita sociale. Ho pensato a come sono cresciuto io, giocando a nascondino e a monopoli, dove ogni scusa per un tiro al pallone era pronta, ma soprattutto una voglia di socialità con i miei coetanei stando all’aria aperta con ritmi di vita che erano legati alla voglia di esplorare il mondo con i miei occhi, dal vivo, con i filtri della mia fantasia.
Il pensiero è corso lungo molte pieghe della mia vita passata e attuale e guardando i ragazzi figli di questo tempo, un’era di tecnologia e digitalizzazione, comparandola in modo artigianale alla mia generazione, ho pensato ad esempio che negli anni settanta ottanta, anni della mia infanzia e adolescenza, casi di ragazzi della mia età con crisi di panico o attacchi d’ansia non se ne sentivano, piuttosto che adolescenti rinchiusi davanti a una tv o una qualsiasi “macchina” che potesse essere un surrogato del gioco al aperto. Ho riflettuto su come i nostri social network erano i giochi di società o di come si andasse a combinare guai con gli amici nella vita reale, condividendo il brivido del proibito. Mi chiedo davvero per i giovani adolescenti di oggi, dove sia immersa la loro mente quando scrivono su telefonino, piuttosto che su un PC o un tablet, oppure quando giocano con una console, dove è la realtà nella loro mente e cos’è reale davvero per loro.
Mi rendo conto che parlarne in questi termini sembra di parlare di alieni, ma è indubbio che le situazioni di cui accennavo prima, attacchi di panico o altro, sono situazioni reali, sicuramente dettate anche da altri fattori come la famiglia ad esempio, ma è anche vero a mio avviso, che il vuoto creato da situazioni famigliari lacunose, vengono riempite probabilmente da surrogati che hanno due fattori importanti: la mancanza di “allenamento” alla frustrazione di un no e soprattutto il rapporto umano con l’altro. Questi due aspetti li trovo attinenti a quella mutazione, se così la si può chiamare, su come le problematiche delle persone si sono trasformate da psico a socio-patologiche. Non sono un antropologo e mi affido alla mia capacità di ragionamento e credo, prendendo in considerazione l’errore che posso commettere nel valutare qualcosa di cui non sono un esperto, che l’uomo è un animale sociale e che si è evoluto nelle storia per la sua capacità di adattamento e di mutuo soccorso che nei secoli lo ha distinto e diversificato da tutte le altre specie animali. Se così è e io credo lo sia, il dna della nostra matrice originaria è tale che noi nasciamo con l’istinto di volerci circondare di “animali” simili a noi, ma per poterci circondare di persone simili a noi dobbiamo esperire attraverso una socializzazione dove sentiamo suoni, odori, sapori, emozioni attraverso la realtà del nostro quotidiano. Per cui alla luce di questo mi chiedo se stare in rete condividendo notizie e pensieri, dove l’aspetto informatico e tecnologico sostituisce uno sguardo di due occhi, dove sentire battere il cuore è filtrato da frasi scritte e non dette dalla viva voce, ci rende davvero uomini con nuove modalità di socializzazione oppure una società di persone sole. E poi, se un giorno come in un film qualcuno spegnesse la luce tutto ad un tratto e i nostri telefonini e computer non potessero più accedere alla rete, i nostri occhi dove guarderebbero, con che qualità e con quale capacità di comunicazione sarebbero in grado di cogliere l’altro?