Le esperienze di ogni giorno si riflettono nello specchio straordinario del nostro organismo il quale mette in campo un sistema di risposte automatico e sofisticato. Non abbiamo bisogno di sforzarci, funziona da sé. Infatti, alla pervasività di uno stress prolungato, di emozioni debilitanti e viscerali, e di uno stato mentale talvolta spremuto come un limone, la risposta dell’organismo è l’autoregolazione di sistemi e apparati.
Noi rileviamo tutto questo attraverso la percezione. Percepiamo la stanchezza, l’ansia, la fame, ma anche la delusione, la rabbia, la sofferenza emotiva, il dolore.
L’approccio psicologico che tentiamo di mettere in campo in tali situazioni riguarda il controllo degli stati interni. Le domande che ci rivolgiamo quando ci chiediamo ‘cosa sento?’, tentano di riportare equilibrio in un sistema, momentaneamente disallineato, attraverso la consapevolezza e buone pratiche di vita.
Abbiamo, quindi, due versanti: il lato della domanda, che dovrebbe poter esplorare in profondità le tracce delle nostre sensazioni, e l’ala della tecnica, che dovrebbe generare equilibrio, forza, gioia, pace e superamento dei limiti percepiti.
Ma come possiamo stabilire quali sono i criteri di una tecnica adatta al raggiungimento dei nostri scopi? Come facciamo a superare le inerzie inevitabili di abitudini consolidate, talvolta inadatte? E come possiamo superare una condizione di sofferenza emotiva e raggiungere un intenso benessere?
Ci sono dei criteri utili per stabilire se e quando una tecnica psicologica è efficace? Una tecnica è utile quando riesce a produrre dei risultati veloci, duraturi e attuabili da tutti; quando si rivolge all’equilibrio emotivo di un sistema individuale e collettivo; quando sviluppa una risposta attiva dell’Io e della volontà di fronte alle difficoltà; quando chi ne fa uso supera effettivamente i propri limiti e, di fronte ad un problema, riesce ad adottare la strategia appropriata.
Di tecniche psicologiche ne troviamo centinaia, sono tutte utili in qualche modo, ma lo sono particolarmente quando sono precedute da un’attenzione consapevole, da un ascolto profondo e da un approccio psicologico che accoglie le domande di un corpo percepito come intelligente.
Noi rileviamo tutto questo attraverso la percezione. Percepiamo la stanchezza, l’ansia, la fame, ma anche la delusione, la rabbia, la sofferenza emotiva, il dolore.
L’approccio psicologico che tentiamo di mettere in campo in tali situazioni riguarda il controllo degli stati interni. Le domande che ci rivolgiamo quando ci chiediamo ‘cosa sento?’, tentano di riportare equilibrio in un sistema, momentaneamente disallineato, attraverso la consapevolezza e buone pratiche di vita.
Abbiamo, quindi, due versanti: il lato della domanda, che dovrebbe poter esplorare in profondità le tracce delle nostre sensazioni, e l’ala della tecnica, che dovrebbe generare equilibrio, forza, gioia, pace e superamento dei limiti percepiti.
Ma come possiamo stabilire quali sono i criteri di una tecnica adatta al raggiungimento dei nostri scopi? Come facciamo a superare le inerzie inevitabili di abitudini consolidate, talvolta inadatte? E come possiamo superare una condizione di sofferenza emotiva e raggiungere un intenso benessere?
Ci sono dei criteri utili per stabilire se e quando una tecnica psicologica è efficace? Una tecnica è utile quando riesce a produrre dei risultati veloci, duraturi e attuabili da tutti; quando si rivolge all’equilibrio emotivo di un sistema individuale e collettivo; quando sviluppa una risposta attiva dell’Io e della volontà di fronte alle difficoltà; quando chi ne fa uso supera effettivamente i propri limiti e, di fronte ad un problema, riesce ad adottare la strategia appropriata.
Di tecniche psicologiche ne troviamo centinaia, sono tutte utili in qualche modo, ma lo sono particolarmente quando sono precedute da un’attenzione consapevole, da un ascolto profondo e da un approccio psicologico che accoglie le domande di un corpo percepito come intelligente.