Queste tre parole hanno tutte la stessa etimologia: dal latino sustinere con il prefisso sub=sotto, poi ne indicano un modo transitivo: mantenere una persona in posizione eretta affinchè non cada, sorreggere; un modo riflessivo: mantenersi diritto in piedi, sorreggersi sulle proprie gambe; e un modo oggettivo: elemento o struttura che serve a sorreggere come per esempio una trave o pilastro.
In tutte e tre le accezioni quello che le accomuna è quel suffisso sub=sotto , che sia un qualcosa o qualcuno , che siano le proprie gambe o la madre terra, la domanda è: c’è sempre qualcosa o qualcuno che mi sotiene, ci sostiene volenti o nolenti?
Perchè questa domanda, perchè le parole fanno quello che dicono (grazie Victor!) e da quando la parola sostegno è entrata nel mio DNA mi ha messo in contatto con nuove sensazioni, nuove risorse, nuove prospettive, nuove consapevolezze facendo pulizia di preconcetti, giudizi e credenze insinuati in me e a volte totalizzanti.
Andando sempre a cercare il significato delle parole, mi ha colpito l’accezione del termine sostegno riportata dall’enciclopedia Treccani nel giardinaggio, cito testualmente:
“In agraria e giardinaggio, sostegno (o anche tutore), ogni elemento (albero, palo, fusto di canna, ecc.) utilizzato per sostenere le piante, particolarm. quelle giovani e quelle scandenti, o per proteggerle dall’azione meccanica del vento e della pioggia: s. vivi, costituiti da alberi vivi (acero, olmo, frassino, ecc.) sui quali si appoggiano le piante, per es. la vite; s. morti, costituiti di norma da pali di legno o da fusti della canna comune, ai quali con legatura larga vengono assicurate le piante.”
Mi ha colpito l’aspetto spontaneo e naturale del sostegno, di un albero che sorregge un’altra pianta per la sua sopravvivenza ma non solo per proteggerla dalle intemperie ma come naturale appoggio alla sua vita, al suo sviluppo, al suo percorso. Qualcosa di cui non ne puoi fare a meno e devi accettarlo.
Finora avevo confuso, mal interpretato o mi faceva comodo interpretare tutto questo nelle credenze: “Io non ho bisogno”, “Io ce la faccio da sola” , anzi “Io devo sostenere gli altri” facendomi carico di fardelli incommensurabili, come il mito di Atlante, perdendo e disperdendo le mani protese verso di me, l’energia e il nutrimento della madre terra, non mi sono fidata e affidata agli altri, ma soprattutto ad altre risorse convinta di essere già in equilibrio.
Poi è bastato un soffio di vento per cadere e percepire che i miei appoggi non erano sufficienti, nutrienti ed esaustivi e gli equilibri instabili e tremolanti. E proprio mentre giacevo a terra, mi sono fermata in pausa come in un video, in una sospensione dalla routine, dalle abitudini, dal “si deve fare così” e mi sono catapultata , nel vero senso della parola, in una nuova realtà, in un nuovo percorso consapevole che mi avrebbe fatto traballare ancora di più perchè ignoto. Inizialmente ho vissuto un mix di sensazioni, emozioni e pensieri contraddittori: ero attratta dall’ignoto che continuava a farmi sentire in quella posizione “sospesa” con sensazioni ed emozioni mai provate prima e allo stesso tempo sentivo il bisogno di tornare sul divano di casa, nella mia zona di comfort.
E questo mix è durato finchè sono riuscita ad accettare, accogliere e integrare i nuovi “sostegni” interni ed esterni , consapevolizzare e consolidare quelli che c’erano già e soprattutto rispondendo alla domanda di prima: “volente o nolente c’è sempre qualcosa o qualcuno che mi sostiene, anche quando sono a terra”.
E la qualità del mio sostenere e del mio dare ne ha giovato, si sta piano piano sganciando dalla credenza in cui si era cristallizzata, un sostegno espresso nel senso del dovere, apprezzabile e sostenibile finchè diventa estenuante, gravoso e doloroso, perchè privo di piacere, di godimento, asettico se non addirittura tossico.
Cosa c’è di spontaneo e naturale in tale sostegno? come può un sostegno del genere dare un appoggio alla vita, allo sviluppo, alla costruzione di un percorso personale o di un’ altra creatura?
In questo periodo di lock down, di restrizioni, di lontananza, di chiusura , ognuno di noi ha dovuto inevitabilmente fare i conti con i propri sostegni , magari attingendo a risorse un po' sedate che aspettavano solo il momento opportuno per essere risvegliate dal torpore della routine, forse della pigrizia, e attingere a sostegni esterni abbandonati o rimossi. Abbiamo tutti bisogno di un “albero” e della terra che ci sostengono nel nostro percorso e poi arrivano mani, sorrisi, abbracci, anche dei no e rifiuti con la stessa intenzione, ma rimane il fatto che volenti o nolenti c’è sempre qualcosa o qualcuno che ci sostiene.
In tutte e tre le accezioni quello che le accomuna è quel suffisso sub=sotto , che sia un qualcosa o qualcuno , che siano le proprie gambe o la madre terra, la domanda è: c’è sempre qualcosa o qualcuno che mi sotiene, ci sostiene volenti o nolenti?
Perchè questa domanda, perchè le parole fanno quello che dicono (grazie Victor!) e da quando la parola sostegno è entrata nel mio DNA mi ha messo in contatto con nuove sensazioni, nuove risorse, nuove prospettive, nuove consapevolezze facendo pulizia di preconcetti, giudizi e credenze insinuati in me e a volte totalizzanti.
Andando sempre a cercare il significato delle parole, mi ha colpito l’accezione del termine sostegno riportata dall’enciclopedia Treccani nel giardinaggio, cito testualmente:
“In agraria e giardinaggio, sostegno (o anche tutore), ogni elemento (albero, palo, fusto di canna, ecc.) utilizzato per sostenere le piante, particolarm. quelle giovani e quelle scandenti, o per proteggerle dall’azione meccanica del vento e della pioggia: s. vivi, costituiti da alberi vivi (acero, olmo, frassino, ecc.) sui quali si appoggiano le piante, per es. la vite; s. morti, costituiti di norma da pali di legno o da fusti della canna comune, ai quali con legatura larga vengono assicurate le piante.”
Mi ha colpito l’aspetto spontaneo e naturale del sostegno, di un albero che sorregge un’altra pianta per la sua sopravvivenza ma non solo per proteggerla dalle intemperie ma come naturale appoggio alla sua vita, al suo sviluppo, al suo percorso. Qualcosa di cui non ne puoi fare a meno e devi accettarlo.
Finora avevo confuso, mal interpretato o mi faceva comodo interpretare tutto questo nelle credenze: “Io non ho bisogno”, “Io ce la faccio da sola” , anzi “Io devo sostenere gli altri” facendomi carico di fardelli incommensurabili, come il mito di Atlante, perdendo e disperdendo le mani protese verso di me, l’energia e il nutrimento della madre terra, non mi sono fidata e affidata agli altri, ma soprattutto ad altre risorse convinta di essere già in equilibrio.
Poi è bastato un soffio di vento per cadere e percepire che i miei appoggi non erano sufficienti, nutrienti ed esaustivi e gli equilibri instabili e tremolanti. E proprio mentre giacevo a terra, mi sono fermata in pausa come in un video, in una sospensione dalla routine, dalle abitudini, dal “si deve fare così” e mi sono catapultata , nel vero senso della parola, in una nuova realtà, in un nuovo percorso consapevole che mi avrebbe fatto traballare ancora di più perchè ignoto. Inizialmente ho vissuto un mix di sensazioni, emozioni e pensieri contraddittori: ero attratta dall’ignoto che continuava a farmi sentire in quella posizione “sospesa” con sensazioni ed emozioni mai provate prima e allo stesso tempo sentivo il bisogno di tornare sul divano di casa, nella mia zona di comfort.
E questo mix è durato finchè sono riuscita ad accettare, accogliere e integrare i nuovi “sostegni” interni ed esterni , consapevolizzare e consolidare quelli che c’erano già e soprattutto rispondendo alla domanda di prima: “volente o nolente c’è sempre qualcosa o qualcuno che mi sostiene, anche quando sono a terra”.
E la qualità del mio sostenere e del mio dare ne ha giovato, si sta piano piano sganciando dalla credenza in cui si era cristallizzata, un sostegno espresso nel senso del dovere, apprezzabile e sostenibile finchè diventa estenuante, gravoso e doloroso, perchè privo di piacere, di godimento, asettico se non addirittura tossico.
Cosa c’è di spontaneo e naturale in tale sostegno? come può un sostegno del genere dare un appoggio alla vita, allo sviluppo, alla costruzione di un percorso personale o di un’ altra creatura?
In questo periodo di lock down, di restrizioni, di lontananza, di chiusura , ognuno di noi ha dovuto inevitabilmente fare i conti con i propri sostegni , magari attingendo a risorse un po' sedate che aspettavano solo il momento opportuno per essere risvegliate dal torpore della routine, forse della pigrizia, e attingere a sostegni esterni abbandonati o rimossi. Abbiamo tutti bisogno di un “albero” e della terra che ci sostengono nel nostro percorso e poi arrivano mani, sorrisi, abbracci, anche dei no e rifiuti con la stessa intenzione, ma rimane il fatto che volenti o nolenti c’è sempre qualcosa o qualcuno che ci sostiene.