In data 17/11/2015 è stata pubblicata la sentenza del TAR Lazio n. 13020/2015 che accoglie il ricorso presentato dal CNOP contro l’iscrizione di Assocounseling nell’elenco del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), elenco che comprende le Associazioni che rispettano i parametri indicati nella legge 4/2013.
A questo procedimento noi come REICO abbiamo partecipato presentando un intervento “ad opponendum” contro il ricorso del CNOP, intervento che abbiamo pubblicato per intero sul nostro sito.
La sentenza del TAR del Lazio che, ricordiamolo, è una sentenza di primo grado e pertanto può essere impugnata, allo stato attuale non cambia nulla per chi esercita la professione di counsellor seguendo i dettami dello Statuto, del Regolamento e del Codice Etico e Deontologico delle Associazioni di Categoria e pertanto anche di REICO.
La sentenza ad oggi richiede l’immediata cancellazione di AssoCounseling dagli elenchi del MISE ma non delegittima la professione di counselor come si legge in certi articoli propagandistici. Pertanto i counselor possono continuare a fare il loro lavoro come sempre, rispettando, ovviamente, i confini della professione.
Alla lettura della sentenza, si vede che questa, per spiegare l’ordine di cancellazione di Assocounseling dall’elenco del MISE, si fonda sul fatto che AssoCounseling, nel descrivere il Counseling utilizzi espressioni troppo generiche, a differenza dell’IAC (International Association for Counseling) che ha utilizzato parole che escludono ogni riferimento al disagio psichico, facendo riferimento a “tecniche per l’orientamento positivo che possano facilitare la relazione e la comunicazione con gli altri, migliorando la vita”. Anche il Ministero della Salute, avrebbe sbagliato nel riferire il counseling al disagio psichico lieve, ma è facile osservare che la parola disagio non viene usata dal Ministero con l’intento di alludere alla necessità di qualche attività sanitaria, ma solo alla generica situazione di chi ha un bisogno e vuole soddisfarlo, e non riesce a fare ciò da solo. In buona sostanza, i problemi sollevati dalla sentenza sono esclusivamente di tipo formale, e non riguardano i singoli professionisti.
Come Associazioni di Counseling stiamo approntando un ricorso contro questa sentenza che riteniamo incoerente con la storia e con l’evoluzione del diritto europeo in materia di libera concorrenza e ingiustificata dal punto di vista del diritto e del movimento culturale.
E REICO sarà in prima linea nell’affermare la professione di Counseling e la sua utilità sociale. Vi terremo informati circa gli sviluppi.
A questo procedimento noi come REICO abbiamo partecipato presentando un intervento “ad opponendum” contro il ricorso del CNOP, intervento che abbiamo pubblicato per intero sul nostro sito.
La sentenza del TAR del Lazio che, ricordiamolo, è una sentenza di primo grado e pertanto può essere impugnata, allo stato attuale non cambia nulla per chi esercita la professione di counsellor seguendo i dettami dello Statuto, del Regolamento e del Codice Etico e Deontologico delle Associazioni di Categoria e pertanto anche di REICO.
La sentenza ad oggi richiede l’immediata cancellazione di AssoCounseling dagli elenchi del MISE ma non delegittima la professione di counselor come si legge in certi articoli propagandistici. Pertanto i counselor possono continuare a fare il loro lavoro come sempre, rispettando, ovviamente, i confini della professione.
Alla lettura della sentenza, si vede che questa, per spiegare l’ordine di cancellazione di Assocounseling dall’elenco del MISE, si fonda sul fatto che AssoCounseling, nel descrivere il Counseling utilizzi espressioni troppo generiche, a differenza dell’IAC (International Association for Counseling) che ha utilizzato parole che escludono ogni riferimento al disagio psichico, facendo riferimento a “tecniche per l’orientamento positivo che possano facilitare la relazione e la comunicazione con gli altri, migliorando la vita”. Anche il Ministero della Salute, avrebbe sbagliato nel riferire il counseling al disagio psichico lieve, ma è facile osservare che la parola disagio non viene usata dal Ministero con l’intento di alludere alla necessità di qualche attività sanitaria, ma solo alla generica situazione di chi ha un bisogno e vuole soddisfarlo, e non riesce a fare ciò da solo. In buona sostanza, i problemi sollevati dalla sentenza sono esclusivamente di tipo formale, e non riguardano i singoli professionisti.
Come Associazioni di Counseling stiamo approntando un ricorso contro questa sentenza che riteniamo incoerente con la storia e con l’evoluzione del diritto europeo in materia di libera concorrenza e ingiustificata dal punto di vista del diritto e del movimento culturale.
E REICO sarà in prima linea nell’affermare la professione di Counseling e la sua utilità sociale. Vi terremo informati circa gli sviluppi.