In ogni master chiediamo ai partecipanti di scrivere dei post (minimo tre) in libertà, per analizzare, per scavare più a fondo, per rivivere, per riflettere e per associare nuove idee tra loro. E’ un compito che serve a dare una cornice ai propri pensieri ed esperienze. Serve a comunicare cosa emoziona e appassiona.
All’inizio ci sono molti dubbi: ’di cosa parlo? A chi mi rivolgo? Non sarà banale? Etc.’
Successivamente emerge però qualcosa di speciale. Scrivendo, si comincia a riconoscere di poter vivere in due luoghi: quello della realtà concreta di ogni giorno, e poi con ciò che balla in testa tra futuro e passato, tra emozioni e pensieri, tra scoperte e illuminazioni.
Scrivendo in effetti accade tutto questo. Ad un certo punto si scopre che scrivere è restringere, setacciare, ma soprattutto cercare. E’ un fissare, tra la porta e la finestra, un pensiero che va avanti e indietro e che si pone queste domande: ’è questo che voglio dire? Dovrei dirlo in altro modo? Arriverà il mio messaggio? E se fosse … o no? E se è così importante, allora che altro?
Insomma, da un disordine psicologico, silenzioso e immobile, si entra più in profondità, con il desiderio di dire la cosa giusta e affermare qualcosa che ci trasformerà.
Scrivere rappresenta tante cose. Un momento di tranquillità con se stessi, un modo di meditare sulla propria esperienza, alla ricerca, nelle proprie zone out, di quel pensiero che chiarisce. Trasmettere delle emozioni sulla carta è come guardare attraverso il buco della serratura dei pensieri, è un aprirsi all’autenticità e alla scoperta di cosa ci guida nella vita.
Scrivere, è davvero un pensare.
Anche nella ripetizione di idee e trame che suonano simili ad altre migliaia, e che sembrano noiose e inutili ripetizioni, possiamo esplorare diverse angolazioni, con enfasi e con più o meno gradi di certezza, cioè liberi di esprimere le nostre differenze.
Quello che ci piacerebbe venisse alla luce è l’ascolto raffinato dei rumori di fondo dei pensieri, quelli selvaggi, dilaganti e inclini a correre ad alte velocità, tra le sottili ondulazioni di un destino personale che viene avanti e che ci rispecchia nelle parole che comunichiamo.
All’inizio ci sono molti dubbi: ’di cosa parlo? A chi mi rivolgo? Non sarà banale? Etc.’
Successivamente emerge però qualcosa di speciale. Scrivendo, si comincia a riconoscere di poter vivere in due luoghi: quello della realtà concreta di ogni giorno, e poi con ciò che balla in testa tra futuro e passato, tra emozioni e pensieri, tra scoperte e illuminazioni.
Scrivendo in effetti accade tutto questo. Ad un certo punto si scopre che scrivere è restringere, setacciare, ma soprattutto cercare. E’ un fissare, tra la porta e la finestra, un pensiero che va avanti e indietro e che si pone queste domande: ’è questo che voglio dire? Dovrei dirlo in altro modo? Arriverà il mio messaggio? E se fosse … o no? E se è così importante, allora che altro?
Insomma, da un disordine psicologico, silenzioso e immobile, si entra più in profondità, con il desiderio di dire la cosa giusta e affermare qualcosa che ci trasformerà.
Scrivere rappresenta tante cose. Un momento di tranquillità con se stessi, un modo di meditare sulla propria esperienza, alla ricerca, nelle proprie zone out, di quel pensiero che chiarisce. Trasmettere delle emozioni sulla carta è come guardare attraverso il buco della serratura dei pensieri, è un aprirsi all’autenticità e alla scoperta di cosa ci guida nella vita.
Scrivere, è davvero un pensare.
Anche nella ripetizione di idee e trame che suonano simili ad altre migliaia, e che sembrano noiose e inutili ripetizioni, possiamo esplorare diverse angolazioni, con enfasi e con più o meno gradi di certezza, cioè liberi di esprimere le nostre differenze.
Quello che ci piacerebbe venisse alla luce è l’ascolto raffinato dei rumori di fondo dei pensieri, quelli selvaggi, dilaganti e inclini a correre ad alte velocità, tra le sottili ondulazioni di un destino personale che viene avanti e che ci rispecchia nelle parole che comunichiamo.