La cultura in azienda è una nozione dinamica: è fatta dalle persone e dal loro vissuto collettivo e perciò cambia nel tempo. È plasmata nell'agire quotidiano dai leader e dai rispettivi follower, nella continuità dello scambio e nella ricerca operosa di un benessere condiviso.
Edgar Schein (1928-vivente), professore emerito di management alla Sloan School of Management del MIT di Cambridge (USA) ha scritto:
“La cultura è importante perché è un insieme di forze potenti, nascoste e spesso inconsce, che determinano il nostro comportamento individuale e collettivo, i modi della percezione, lo schema del pensiero e i valori. La cultura organizzativa in particolare è importante perché gli elementi culturali determinano strategie, obiettivi e modi di agire. I valori e lo schema di pensiero di leader e dirigenti sono in parte determinati dal loro bagaglio culturale e dalle loro esperienze comuni. Se si vuole rendere un’organizzazione più efficiente ed efficace, allora si deve comprendere il ruolo giocato dalla cultura nella vita organizzativa.”
Questa definizione esprime l’idea che quando le persone vivono una parte importante della propria vita in ambienti comuni, facendo lavori simili o complementari rispetto a finalità condivise, sperimentano e assorbono temi vitali e consuetudini comuni ad altre persone. Come dire che la cultura di un’organizzazione è “ciò che essa ha assimilato come unità sociale nel corso della sua storia” (ancora Schein). Per scrivere questa “storia” nelle aziende, è importante cercare, raccontare e valorizzare momenti di sintesi e accordo, sia come esito di confronti o negoziati interni, sia come apprendimento da errori commessi, anziché perpetuare divisioni e difese degli orticelli e sviluppare raffinate tecniche di scarico di responsabilità su “altri” – compresa la tecnologia.
La cultura di un sistema, azienda o altra forma di organizzazione, può essere motore di crescita e favorire la prosperità del sistema stesso; ma perché questo accada, essa deve essere coltivata, nel senso originario del termine: essere oggetto privilegiato di attenzione ed autentica cura. Riprendo qui la bella definizione di Alessandro D’Avenia, scrittore e docente di lettere, probabilmente il più noto in Italia, nel suo romanzo “L’arte di essere fragili”: “Cultura vuol dire stare nel campo, farlo fiorire, a costo di sudore. Significa conoscere la consistenza dei semi, i solchi della terra, i tempi e le stagioni dell’umano e occuparsene perché tutto dia il frutto a tempo opportuno.
Edgar Schein (1928-vivente), professore emerito di management alla Sloan School of Management del MIT di Cambridge (USA) ha scritto:
“La cultura è importante perché è un insieme di forze potenti, nascoste e spesso inconsce, che determinano il nostro comportamento individuale e collettivo, i modi della percezione, lo schema del pensiero e i valori. La cultura organizzativa in particolare è importante perché gli elementi culturali determinano strategie, obiettivi e modi di agire. I valori e lo schema di pensiero di leader e dirigenti sono in parte determinati dal loro bagaglio culturale e dalle loro esperienze comuni. Se si vuole rendere un’organizzazione più efficiente ed efficace, allora si deve comprendere il ruolo giocato dalla cultura nella vita organizzativa.”
Questa definizione esprime l’idea che quando le persone vivono una parte importante della propria vita in ambienti comuni, facendo lavori simili o complementari rispetto a finalità condivise, sperimentano e assorbono temi vitali e consuetudini comuni ad altre persone. Come dire che la cultura di un’organizzazione è “ciò che essa ha assimilato come unità sociale nel corso della sua storia” (ancora Schein). Per scrivere questa “storia” nelle aziende, è importante cercare, raccontare e valorizzare momenti di sintesi e accordo, sia come esito di confronti o negoziati interni, sia come apprendimento da errori commessi, anziché perpetuare divisioni e difese degli orticelli e sviluppare raffinate tecniche di scarico di responsabilità su “altri” – compresa la tecnologia.
La cultura di un sistema, azienda o altra forma di organizzazione, può essere motore di crescita e favorire la prosperità del sistema stesso; ma perché questo accada, essa deve essere coltivata, nel senso originario del termine: essere oggetto privilegiato di attenzione ed autentica cura. Riprendo qui la bella definizione di Alessandro D’Avenia, scrittore e docente di lettere, probabilmente il più noto in Italia, nel suo romanzo “L’arte di essere fragili”: “Cultura vuol dire stare nel campo, farlo fiorire, a costo di sudore. Significa conoscere la consistenza dei semi, i solchi della terra, i tempi e le stagioni dell’umano e occuparsene perché tutto dia il frutto a tempo opportuno.
In questa metafora è riconoscibile anche l’essenza di una leadership autentica, determinata a creare una prosperità condivisa e sostenibile nel tempo. Ebbene, per questo tipo di leadership, i processi e gli strumenti di formazione e coaching possono diventare elementi integranti ed essenziali dello sviluppo e della diffusione di una cultura di sistema; come i fertilizzanti in un campo seminato.
Allora è davvero importante che quando i professionisti del settore entrano nelle aziende, esplorino il terreno che sono chiamati a fertilizzare.
Per questo, nel primo incontro con la proprietà o la direzione generale o quella delle risorse umane di un’azienda potenzialmente cliente, gli argomenti da trattare non possono essere generici o limitarsi alle condizioni contrattuali e di remunerazione del servizio. C’è un processo iniziale di apprendimento per il coach, processo che tocca aspetti culturali e ha il pregio non secondario di riattivare la riflessione degli stessi esponenti aziendali su temi che l’abitudine potrebbe aver fatto scivolare in una sorta di disattenzione e quindi d’inconsapevolezza.
Allora è davvero importante che quando i professionisti del settore entrano nelle aziende, esplorino il terreno che sono chiamati a fertilizzare.
Per questo, nel primo incontro con la proprietà o la direzione generale o quella delle risorse umane di un’azienda potenzialmente cliente, gli argomenti da trattare non possono essere generici o limitarsi alle condizioni contrattuali e di remunerazione del servizio. C’è un processo iniziale di apprendimento per il coach, processo che tocca aspetti culturali e ha il pregio non secondario di riattivare la riflessione degli stessi esponenti aziendali su temi che l’abitudine potrebbe aver fatto scivolare in una sorta di disattenzione e quindi d’inconsapevolezza.
Il coach deve saper riconoscere “la consistenza dei semi, i solchi della terra, i tempi e le stagioni dell’umano…” per riprendere la bella espressione di D’Avenia. Offro perciò, qui di seguito, un breve repertorio di domande di base, aperte, anche se già ispirate da temi di vitale importanza. Sono argomenti che ho trovato utile esplorare con i miei interlocutori prima di iniziare una collaborazione, per tastare il supporto del committente e progettare meglio il lavoro di team e anche qualche percorso individuale
L’azienda e il suo clima
Le persone e la responsabilità
Le persone e la motivazione al cambiamento
La consapevolezza dei risultati aziendali
Questo tipo di domande, modulate e integrate secondo la percezione e l’abilità del coach, aiuta a comprendere in che misura sia presente in azienda, come fonte d’ispirazione, non solo la memoria di esperienze comuni ma anche il desiderio di rinnovare e condividere i successi nel tempo; insieme alla lucida consapevolezza che le stagioni – e le persone – cambiano e, infine, che i campi fioriscono e diventano splendidi giardini solo se sono coltivati. Con cura, anzi, con cultura.
- Qual è l’obiettivo del percorso che l’azienda desidera intraprendere?
- Qual è la Vision aziendale e quali sono i Valori che la sostengono?
- Qual è (stato) il successo più importante nella storia dell’azienda?
- Quali sono stati i fattori decisivi per ottenerlo?
- Quali sono oggi gli elementi principali della cultura aziendale?
- Com’è il clima aziendale attuale?
Le persone e la responsabilità
- Quanto è efficace la comunicazione interna?
- In che misura le persone sono allineate con la strategia aziendale?
- Quanta fiducia reciproca c’è tra capi e collaboratori?
- Quanta fiducia reciproca c’è tra persone dello stesso livello?
- In che modo sono incoraggiate ad assumersi delle responsabilità? (empowerment)
- In che modo sono stimolate a portare soluzioni?
Le persone e la motivazione al cambiamento
- Quanto sono interessate (o incuriositi, motivati, …) al cambiamento e alle novità?
- Che cosa le tiene ancorate alla loro zona di comfort?
- Che cosa le stimolerebbe a muoversi dalla loro zona di comfort?
- Quanto si sentono libere di esprimere le proprie idee?
- In che modo sono incoraggiate ad andare in profondità?
- Quali condizionamenti interni o esterni possono costituire dei freni all’azione?
La consapevolezza dei risultati aziendali
- Quanto diffusa è la conoscenza dei risultati aziendali?
- Con quali modalità e frequenza sono condivisi i risultati aziendali?
- Quanto accurata è la conoscenza dei risultati aziendali?
- In che modo sono celebrati risultati aziendali o individuali positivi?
- In che modo sono discussi eventuali risultati negativi?
- In che modo sono capitalizzati i relativi apprendimenti?
Questo tipo di domande, modulate e integrate secondo la percezione e l’abilità del coach, aiuta a comprendere in che misura sia presente in azienda, come fonte d’ispirazione, non solo la memoria di esperienze comuni ma anche il desiderio di rinnovare e condividere i successi nel tempo; insieme alla lucida consapevolezza che le stagioni – e le persone – cambiano e, infine, che i campi fioriscono e diventano splendidi giardini solo se sono coltivati. Con cura, anzi, con cultura.