La resilienza è la capacità di mantenere flessibilità ed equilibrio man mano che affrontiamo circostanze stressanti. E’ un processo che serve per adattarsi bene nei confronti dell’avversità o altre fonti significative di stress (problemi familiari e di relazione, gravi problemi di salute o di lavoro). Tutto ciò implica che ci siano comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere imparati o sviluppati. Per costruire la resilienza occorre evitare di vedere le crisi come problemi insormontabili. Non possiamo cambiare il fatto che eventi altamente stressanti avvengano, ma possiamo cambiare come noi interpretiamo e rispondiamo a questi eventi. Tale capacità può definirsi come l'arte dell'adattamento al cambiamento, volgendo le incertezze in opportunità e i rischi in innovazione. Per innovare oltre all'autostima serve appunto resilienza, modalità della mente e della psiche umana di reinventarsi e rigenerarsi.
Una persona resiliente è dunque l'opposto di quella facilmente vulnerabile, poiché in grado di adattarsi e fornire una risposta reattiva alla situazione in atto.
La resilienza è una "ripartenza" sana e positiva alle spinte in un mondo sempre più interdipendente e iper-connesso: è una alternativa che indica una via d'uscita. Un'inversione di tendenza a seguito di un "rimbalzo" come indica la voce latina "resalio". Si tratta dunque della capacità di cogliere al volo le "risalite dopo le discese ardite". Laddove per discese ardite si intendono quei fallimenti che potrebbero demoralizzare e demotivare fino all'abbandono.
I fattori che contribuiscono ad una buona resilienza sono:
- avere rapporti supportivi nell’ambito familiare e fuori dalla famiglia;
- attivarsi per fare piani realistici e fare passi per realizzarli;
- avere una visione positiva di noi stessi e fiducia nelle proprie capacità;
-avere capacità di comunicazione e di problem solving e farsi supportare da un coaching psicologico formativo se parte di questi fattori mancano;
-buona capacità di adattamento e flessibilità nel gestire gli eventi;
- strategie finalizzate a modificare l’ambiente esterno legate al problem solving per influire sugli eventi esterni e strategie finalizzate al controllo delle risposte emotive.
Per agire quindi dobbiamo identificare le nostre risorse chiedendoci: quali strategie ti hanno aiutato in passato? Chi ti ha aiutato in passato? Che cosa è stata utile? Che strategie puoi mettere in atto da oggi? E prendere atto delle cose giuste realizzate.
Un grande esponente della resilienza è senza dubbio Thomas Edison, l'inventore della lampadina, uno degli oggetti più utilizzati al mondo. Prima di realizzarla dovette passare attraverso una lunga serie d'insuccessi, perché non riusciva a trovare un materiale con cui poter fare il filamento interno senza che si bruciasse all'accensione. Dopo qualche migliaio di tentativi "andati in fumo" con materiali diversi, all'obiezione se dopo così tanti "fallimenti" non fosse il caso di lasciar perdere, lui rispondeva: «Io non ho fallito. Ho solo scoperto 2.500 materiali che non funzionano». Ne dovette testare circa il doppio prima di trovare la soluzione, cioè il filamento in tungsteno, e fare quindi dono all'umanità della lampadina. Quello di Edison è un modo di approcciarsi significativo su come affrontare e superare le avversità.
Una persona resiliente è dunque l'opposto di quella facilmente vulnerabile, poiché in grado di adattarsi e fornire una risposta reattiva alla situazione in atto.
La resilienza è una "ripartenza" sana e positiva alle spinte in un mondo sempre più interdipendente e iper-connesso: è una alternativa che indica una via d'uscita. Un'inversione di tendenza a seguito di un "rimbalzo" come indica la voce latina "resalio". Si tratta dunque della capacità di cogliere al volo le "risalite dopo le discese ardite". Laddove per discese ardite si intendono quei fallimenti che potrebbero demoralizzare e demotivare fino all'abbandono.
I fattori che contribuiscono ad una buona resilienza sono:
- avere rapporti supportivi nell’ambito familiare e fuori dalla famiglia;
- attivarsi per fare piani realistici e fare passi per realizzarli;
- avere una visione positiva di noi stessi e fiducia nelle proprie capacità;
-avere capacità di comunicazione e di problem solving e farsi supportare da un coaching psicologico formativo se parte di questi fattori mancano;
-buona capacità di adattamento e flessibilità nel gestire gli eventi;
- strategie finalizzate a modificare l’ambiente esterno legate al problem solving per influire sugli eventi esterni e strategie finalizzate al controllo delle risposte emotive.
Per agire quindi dobbiamo identificare le nostre risorse chiedendoci: quali strategie ti hanno aiutato in passato? Chi ti ha aiutato in passato? Che cosa è stata utile? Che strategie puoi mettere in atto da oggi? E prendere atto delle cose giuste realizzate.
Un grande esponente della resilienza è senza dubbio Thomas Edison, l'inventore della lampadina, uno degli oggetti più utilizzati al mondo. Prima di realizzarla dovette passare attraverso una lunga serie d'insuccessi, perché non riusciva a trovare un materiale con cui poter fare il filamento interno senza che si bruciasse all'accensione. Dopo qualche migliaio di tentativi "andati in fumo" con materiali diversi, all'obiezione se dopo così tanti "fallimenti" non fosse il caso di lasciar perdere, lui rispondeva: «Io non ho fallito. Ho solo scoperto 2.500 materiali che non funzionano». Ne dovette testare circa il doppio prima di trovare la soluzione, cioè il filamento in tungsteno, e fare quindi dono all'umanità della lampadina. Quello di Edison è un modo di approcciarsi significativo su come affrontare e superare le avversità.