Un pomeriggio di Novembre cammino, in preda a consueti rimuginii, lungo il sentiero di un parco vicino alla mia vecchia casa a Belluno.
Percorro tutta la strada e mi avvicino alla abitazione dove nessuno dei miei familiari abita più da oltre 40 anni.
Guardo il portone di ingresso dell’edificio, dipinto di fresco, ma riconoscibile con gli inconfondibili vetri colorati in perfetto stile anni’60; stranamente lo trovo accostato per cui, titubante ma curiosa, decido di salire al primo piano fermandomi innanzi alla porta dell’appartamento in cui ho vissuto dai 7 agli 11 anni.
Quasi subito la porta si apre e mi appare una bambina bionda - potrà avere 7/8 anni - dal viso paffutello, capelli lisci biondissimi sciolti sulle spalle e ornati, da una parte, da una fermatura colorata.
Mi colpisce il suo abbigliamento un po’ “ antico” : dolcevita e golfino tirolese, gonna a quadretti, calzamaglia e scarponcini.
Mi guarda e sorride; “ Ti aspettavo “ - mi dice - e, senza darmi modo di proferire parola, mi prende per mano invitandomi, con un cenno del capo a seguirla.
Mi ritrovo all’improvviso, insieme ad una bimba che credo di non conoscere, a percorrere il corridoio di quella che molti anni fa era la mia casa.
Entriamo nel salotto ove noto come il pavimento di marmo colorato che mi piaceva tanto, mostri i chiari segni del tempo; passiamo, poi in un’altra stanza, piena di libri e dischi, dove la bambina mi dice che il suo babbo normalmente legge, scrive o ascolta la musica classica mentre lei, dopo aver finito i compiti, guarda i cartoni animati alla televisione.
Percorrendo il corridoio arriviamo in cucina dove avverto un profumo familiare.
Scorgo una giovane donna, molto carina, intenta a friggere delle frittelle ed a sgridare una bambina di circa 3 anni che, in piedi su una sedia appoggiata al fornello ormai spento, affonda le mani nella pentola nel tentativo di mangiare l’impasto del riso cotto nel latte.
La signora mi sorride in silenzio, quasi a scusarsi dei “ pasticci “ della figlia piccola, ma non ho nemmeno il tempo di accennarle un saluto, che la mia piccola amica mi trascina letteralmente nella sua cameretta.
Non vedo le bambole e i pupazzi che mi sarei aspettata di trovare nella camera di due bambine di quell’età, ma la bimba mi spiega che lei e la sorellina non amano i giocattoli dei negozi divertendosi, infatti, ad inventarsi da sole dei giochi.
Il loro gioco preferito si chiama “ Crociera “ e consiste nel costruire con sedie, cuscini, lenzuola e coperte, delle cabine di una nave immaginaria dove le sorelle e le loro amichette passano i pomeriggi d’inverno sognando di navigare per mare il tutto – precisa la bimba - Mangiando dolcetti o altre cose buone come nelle crociere dei telefilm -
Mi complimento di tanta fantasia e la bambina mi ringrazia porgendomi un pacchetto dorato legato con un nastro rosso, un regalo per me.
Mentre, a mia volta, ringrazio, la piccola mi fa capire che è giunto, per me, il momento di andarmene.
Non vorrei farlo, perché, dopo un iniziale imbarazzo, sento che in questo luogo sto bene, ma la bambina è determinata e mi accompagna gentilmente alla porta.
- Torna quando vuoi a trovarmi - mi dice sorridendo - Magari la prossima volta, se vorrai, potrai giocare con “ a crociera “, ma ricorda di portarti le pantofole, perché nelle cuccette della nave non si può entrare con le scarpe e io non posso prestarti un paio delle mie pantofole, perché i tuoi piedi sono troppo grandi … -
La porta si chiude dolcemente, talchè confusa, ma anche divertita dalle singolari parole della mia ospite, scendo le scale ed esco dal palazzo, mi incammino sulla via del ritorno stringendo tra le mani il mio regalo.
Realizzo soltanto in questo momento di non aver salutato nella dovuta maniera la mia piccola amica; avrei voluto chiederle tante cose e soprattutto parlarle di me, ma mi rendo presto conto che non ce n’è stato bisogno.
La bambina mi conosceva e mi conosce bene, tra noi è bastato il contatto.
Sento tanta tenerezza e la voglia di tornare presto a trovare quella “ biondina“ di 7 anni che ora finalmente, ri - conosco come il mio bambino interiore, quella parte luminosa di me che nel corso degli anni, ho spesso trascurato ma ancor più spesso ignorato.
Commossa ringrazio la straordinarietà della vita, stringendo gelosamente al petto quel pacchettino che non apro per timore di disperderne il contenuto che sento essere molto prezioso per me.
Mi è stato donato Amore: l’amore puro, quello libero da pensieri e paure che solo i bambini riescono a trasmettere in modo così naturale.
Prometto, quindi, a me stessa che, d’ora in poi, mi prenderò cura di quella bambina troppe volte silenziata dalle mie sovrastrutture da adulta, permettendomi, d’ora in poi, di darle tutta la voce che merita.
Percorro tutta la strada e mi avvicino alla abitazione dove nessuno dei miei familiari abita più da oltre 40 anni.
Guardo il portone di ingresso dell’edificio, dipinto di fresco, ma riconoscibile con gli inconfondibili vetri colorati in perfetto stile anni’60; stranamente lo trovo accostato per cui, titubante ma curiosa, decido di salire al primo piano fermandomi innanzi alla porta dell’appartamento in cui ho vissuto dai 7 agli 11 anni.
Quasi subito la porta si apre e mi appare una bambina bionda - potrà avere 7/8 anni - dal viso paffutello, capelli lisci biondissimi sciolti sulle spalle e ornati, da una parte, da una fermatura colorata.
Mi colpisce il suo abbigliamento un po’ “ antico” : dolcevita e golfino tirolese, gonna a quadretti, calzamaglia e scarponcini.
Mi guarda e sorride; “ Ti aspettavo “ - mi dice - e, senza darmi modo di proferire parola, mi prende per mano invitandomi, con un cenno del capo a seguirla.
Mi ritrovo all’improvviso, insieme ad una bimba che credo di non conoscere, a percorrere il corridoio di quella che molti anni fa era la mia casa.
Entriamo nel salotto ove noto come il pavimento di marmo colorato che mi piaceva tanto, mostri i chiari segni del tempo; passiamo, poi in un’altra stanza, piena di libri e dischi, dove la bambina mi dice che il suo babbo normalmente legge, scrive o ascolta la musica classica mentre lei, dopo aver finito i compiti, guarda i cartoni animati alla televisione.
Percorrendo il corridoio arriviamo in cucina dove avverto un profumo familiare.
Scorgo una giovane donna, molto carina, intenta a friggere delle frittelle ed a sgridare una bambina di circa 3 anni che, in piedi su una sedia appoggiata al fornello ormai spento, affonda le mani nella pentola nel tentativo di mangiare l’impasto del riso cotto nel latte.
La signora mi sorride in silenzio, quasi a scusarsi dei “ pasticci “ della figlia piccola, ma non ho nemmeno il tempo di accennarle un saluto, che la mia piccola amica mi trascina letteralmente nella sua cameretta.
Non vedo le bambole e i pupazzi che mi sarei aspettata di trovare nella camera di due bambine di quell’età, ma la bimba mi spiega che lei e la sorellina non amano i giocattoli dei negozi divertendosi, infatti, ad inventarsi da sole dei giochi.
Il loro gioco preferito si chiama “ Crociera “ e consiste nel costruire con sedie, cuscini, lenzuola e coperte, delle cabine di una nave immaginaria dove le sorelle e le loro amichette passano i pomeriggi d’inverno sognando di navigare per mare il tutto – precisa la bimba - Mangiando dolcetti o altre cose buone come nelle crociere dei telefilm -
Mi complimento di tanta fantasia e la bambina mi ringrazia porgendomi un pacchetto dorato legato con un nastro rosso, un regalo per me.
Mentre, a mia volta, ringrazio, la piccola mi fa capire che è giunto, per me, il momento di andarmene.
Non vorrei farlo, perché, dopo un iniziale imbarazzo, sento che in questo luogo sto bene, ma la bambina è determinata e mi accompagna gentilmente alla porta.
- Torna quando vuoi a trovarmi - mi dice sorridendo - Magari la prossima volta, se vorrai, potrai giocare con “ a crociera “, ma ricorda di portarti le pantofole, perché nelle cuccette della nave non si può entrare con le scarpe e io non posso prestarti un paio delle mie pantofole, perché i tuoi piedi sono troppo grandi … -
La porta si chiude dolcemente, talchè confusa, ma anche divertita dalle singolari parole della mia ospite, scendo le scale ed esco dal palazzo, mi incammino sulla via del ritorno stringendo tra le mani il mio regalo.
Realizzo soltanto in questo momento di non aver salutato nella dovuta maniera la mia piccola amica; avrei voluto chiederle tante cose e soprattutto parlarle di me, ma mi rendo presto conto che non ce n’è stato bisogno.
La bambina mi conosceva e mi conosce bene, tra noi è bastato il contatto.
Sento tanta tenerezza e la voglia di tornare presto a trovare quella “ biondina“ di 7 anni che ora finalmente, ri - conosco come il mio bambino interiore, quella parte luminosa di me che nel corso degli anni, ho spesso trascurato ma ancor più spesso ignorato.
Commossa ringrazio la straordinarietà della vita, stringendo gelosamente al petto quel pacchettino che non apro per timore di disperderne il contenuto che sento essere molto prezioso per me.
Mi è stato donato Amore: l’amore puro, quello libero da pensieri e paure che solo i bambini riescono a trasmettere in modo così naturale.
Prometto, quindi, a me stessa che, d’ora in poi, mi prenderò cura di quella bambina troppe volte silenziata dalle mie sovrastrutture da adulta, permettendomi, d’ora in poi, di darle tutta la voce che merita.