Da quando anni fa ho intrapreso la strada del coaching erano svariate le problematiche con cui sentivo di dover fare i conti. Il mio problema era un un groviglio di tante questioni sommate tra loro. La malattia di un figlio piccolo insieme ad altri due in fase di crescita, un forte disagio legato ad una relazione che sicuramente aveva subito delle fratture, una difficoltà di base derivante da un lavoro che non sentivo più adeguato, una serie di interrogativi più ampi e legati al senso del mio vivere verso i quali era giunto il momento di trovare delle risposte.
Ho pensato a lungo che cosa sarebbe stato giusto fare; senza dubbio era chiaro che non avrei più dovuto reprime questa condizione e smettere di sentirmi sconfortata per questo. Ho comprato moltissimi libri che ho letto e l’apertura derivante dalla lettura mi ha sicuramente consentito di superare il primo blocco.
Ciò nonostante sentivo ancora dentro una grande forza vitale da esprime che si andava però a scontrare con un certo disordine in cui dovevo metter mano. Avevo come la sensazione di dover riordinare un armadio stagionale pieno zeppo di roba. Dovevano essere divisi gli abiti estivi da quelli invernali, la biancheria per la casa dagli indumenti e gli accessori avevano la necessità di trovare una loro collocazione ben specifica. In tutto questo marasma però, non sapevo da dove cominciare e così ho capito l’importante era fare, poi il metodo avrebbe trovato me.
Dopo l’incontro con il Dott. Lorenzo Manfredini ho deciso di partecipare alla sua scuola e mentre credevo che avrei superato senza alcuna difficoltà il mio impegno mi rendevo conto che quel “metter mano” non era poi così semplice come avevo immaginato. Durante il cammino, nonostante attendessi quegli incontri come una fidanzata si prepara ad uscire con il suo grande amore, non sono mancati i momenti in cui mi sia sentita irrecuperabile. Per quanto mi eccitassero le giornate in aula, i dubbi, una volta salita in macchina per il rientro a casa, non tardavano ad arrivare. Ho pensato di mollare cento volte da quanto il carico mi opprimeva ma per fortuna questo pensiero ha sempre trovato degli avversari più agguerriti di lui.
Da lì ho fatto parecchia strada la mia vita è cambiata radicalmente; il mio modo di relazionarsi con le persone è cambiato persino la mia immagine non è più la stessa. Ma appena abbasso la guardia e sento di aver raggiunto una condizione di stabilità, ricado nuovamente. In questi giorni in cui mi trovo forzatamente a casa dal lavoro mi sento esattamente come allora, con l’armadio ancora sotto sopra anche se lo sfondo non è più lo stesso.
Ho ripreso le letture di filosofia, ho sistemato gran parte degli appunti presi, ma un faro nella notte ancora non mi ha illuminata e il dubbio di domandarsi se il sia il desiderio di una nuova realizzazione a far scoprire una parte ancora buia o il buio di questa parte ad impedirmelo, non mi ha abbandonato un solo istante. Questa violazione necessaria che l’amore delle cose per cui sei nato compie sulla ragione è quasi un travaglio del corpo. Se a questo poi uniamo il grande dilemma che sarebbe necessaria una misura secondo la quale è giusto andare incontro alla propria trasformazione è quasi un ri-partorirsi. Una paura nella paura.
Forse è arrivato il momento di acquisire nuovi strumenti, mi dico, ma il solo pensiero mi fa fare no con la testa e la sensazione che mi provoca è quella di accumulare compulsivamente. Allora mi concentro e mi fermo e mi faccio semplicemente questa domanda: che cos’ è che da sempre mi muove delle sensazioni? Quali sono stati gli aspetti che hanno arricchito le mie giornate e mi hanno motivato nelle scelte? Lo so. Sono l’amore e le relazioni. Purtroppo, devo fare ancora i conti con una programmazione che ho subito fin dalla nascita, il senso del ‘devi’, del sacrificio, del bravo e del giusto. Spazzatura per quanto mi riguarda.
C’è un posto vuoto in ognuno di noi e sono le relazioni. L’individualismo con cui provano ad educarci è roba per popoli che non vogliono progredire ma è lo stesso concetto attraverso il quale subiamo un controllo.
La relazione è un fatto che viene prima dell’individualità perché l’individuo non basta a sé stesso e ha bisogno degli altri per sopravvivere. Senza amore la vita non riesce a reggersi ed è per questo che si muore. E’ ora di tornare a vivere.
Ho pensato a lungo che cosa sarebbe stato giusto fare; senza dubbio era chiaro che non avrei più dovuto reprime questa condizione e smettere di sentirmi sconfortata per questo. Ho comprato moltissimi libri che ho letto e l’apertura derivante dalla lettura mi ha sicuramente consentito di superare il primo blocco.
Ciò nonostante sentivo ancora dentro una grande forza vitale da esprime che si andava però a scontrare con un certo disordine in cui dovevo metter mano. Avevo come la sensazione di dover riordinare un armadio stagionale pieno zeppo di roba. Dovevano essere divisi gli abiti estivi da quelli invernali, la biancheria per la casa dagli indumenti e gli accessori avevano la necessità di trovare una loro collocazione ben specifica. In tutto questo marasma però, non sapevo da dove cominciare e così ho capito l’importante era fare, poi il metodo avrebbe trovato me.
Dopo l’incontro con il Dott. Lorenzo Manfredini ho deciso di partecipare alla sua scuola e mentre credevo che avrei superato senza alcuna difficoltà il mio impegno mi rendevo conto che quel “metter mano” non era poi così semplice come avevo immaginato. Durante il cammino, nonostante attendessi quegli incontri come una fidanzata si prepara ad uscire con il suo grande amore, non sono mancati i momenti in cui mi sia sentita irrecuperabile. Per quanto mi eccitassero le giornate in aula, i dubbi, una volta salita in macchina per il rientro a casa, non tardavano ad arrivare. Ho pensato di mollare cento volte da quanto il carico mi opprimeva ma per fortuna questo pensiero ha sempre trovato degli avversari più agguerriti di lui.
Da lì ho fatto parecchia strada la mia vita è cambiata radicalmente; il mio modo di relazionarsi con le persone è cambiato persino la mia immagine non è più la stessa. Ma appena abbasso la guardia e sento di aver raggiunto una condizione di stabilità, ricado nuovamente. In questi giorni in cui mi trovo forzatamente a casa dal lavoro mi sento esattamente come allora, con l’armadio ancora sotto sopra anche se lo sfondo non è più lo stesso.
Ho ripreso le letture di filosofia, ho sistemato gran parte degli appunti presi, ma un faro nella notte ancora non mi ha illuminata e il dubbio di domandarsi se il sia il desiderio di una nuova realizzazione a far scoprire una parte ancora buia o il buio di questa parte ad impedirmelo, non mi ha abbandonato un solo istante. Questa violazione necessaria che l’amore delle cose per cui sei nato compie sulla ragione è quasi un travaglio del corpo. Se a questo poi uniamo il grande dilemma che sarebbe necessaria una misura secondo la quale è giusto andare incontro alla propria trasformazione è quasi un ri-partorirsi. Una paura nella paura.
Forse è arrivato il momento di acquisire nuovi strumenti, mi dico, ma il solo pensiero mi fa fare no con la testa e la sensazione che mi provoca è quella di accumulare compulsivamente. Allora mi concentro e mi fermo e mi faccio semplicemente questa domanda: che cos’ è che da sempre mi muove delle sensazioni? Quali sono stati gli aspetti che hanno arricchito le mie giornate e mi hanno motivato nelle scelte? Lo so. Sono l’amore e le relazioni. Purtroppo, devo fare ancora i conti con una programmazione che ho subito fin dalla nascita, il senso del ‘devi’, del sacrificio, del bravo e del giusto. Spazzatura per quanto mi riguarda.
C’è un posto vuoto in ognuno di noi e sono le relazioni. L’individualismo con cui provano ad educarci è roba per popoli che non vogliono progredire ma è lo stesso concetto attraverso il quale subiamo un controllo.
La relazione è un fatto che viene prima dell’individualità perché l’individuo non basta a sé stesso e ha bisogno degli altri per sopravvivere. Senza amore la vita non riesce a reggersi ed è per questo che si muore. E’ ora di tornare a vivere.