Quando si pensa al mare, vediamo l'estate, il calore del sole che scotta la pelle ancora spenta dagli abiti, la spiaggia bollente e una distesa azzurra che ospita i nostri piedi pronta a stupirci di limpido e calmo piacere.
Invece io mi ritrovo qui, su uno scoglio che mi morde, in pieno inverno con il vento che fischia fra le costole, schiacciate dentro la muta.
Inverno fuori e dentro di me!
Il freddo mi picchia, mi fa piccola piccola, ma nel petto il cuore si arrampica e si allarga di coraggio, di una forza acuta che rianima braccia, occhi e corpo innamorato.
Scendo in acqua fra bioccoli di schiuma che tinteggiano a punta una distesa di ardesia; denso è il mare come di metallo fuso! E' così forte che lo sento incandescente!
Un mondo fluido si infila sotto la muta e come un potente abbraccio paterno, mi cinge e mi conforta, mi scuote dalla punta dei piedi. Percorre tutte le ossa che vibrano come la cassa di uno strumento musicale.
Finalmente!
Finalmente posso dissetarmi! Finalmente posso gustarmi i sensi invasi dal vitale gemito. Addento il mare, a bocca piena, con le mani ingorde me ne cibo!
Me ne sto lì, con il petto al cielo. Fisso le nubi gialle e una cupola immobile, come se il tempo l'avesse dipinta in una posa insolita. Sospesi i pensieri al vento, sono gabbiani che mi incoraggiano a prendere l'ultimo respiro.
Un colpo d'occhio alle labbra sfuggenti, in lontananza dei cirri sembrano volermi baciare la faccia!
L'aria fredda scende aguzza nei polmoni e la mia anima è pronta!
Mezza pinna e son girata; e son con lui! E son di lui!
Il blu mi acceca nei primi metri, sento il corpo allungarsi come catturato e trascinato per le dita dentro al sogno. Mentre mi lascio cadere, resto abbandonata a qualcosa che cambia.
Passo attraverso un varco oltre il quale le forme sono più dure e ovattate; rallentano, si addensano come coagulate dal tempo.
Mi apro, mi slego dalla terra, sciolgo i miei lunghi tentacoli all'acqua.
Le braccia allontanate dal petto, sono come fogli di carta e il tronco sottile e le gambe sfumano.
Sono una sardina; sono medusa silenziosa; manto di murena con occhi di mare. Materia densa ed incerta!
Chiudo tutto, nella discesa cristallina; chiudo il tempo in uno scrigno fatale; catalogo i pensieri nella libreria del sentimento e tutto va al suo posto, come un incastro perfetto. Senza sforzo, né comprensione.
Muto! Muto come un pesce, appunto! Mutevole come i silenzi della solitudine.
Plano sul fondale e sono un'alga tremolante portata dall'onda lontana e resto lì, dentro una conchiglia pallida e vuota.
Fisso il mare in fondo, ma proprio in fondo. Fisso il livido spazio che mi assaggia e dà pace al mio tormento. Là fuori sibila il vento, ma questo quaggiù ( e qui dentro), questo è un altro mondo!
Non andartene dalle mie mani, ti prego. Sono anch'io la tua creatura! Afferrami! O scagliami pure!
Tu sei il mio amore grande, sei il tempio che mi accoglie. Sostanza del mio vivere; sono io di questo mondo senza parole, dove il pensiero umano ha certa dimensione?! Dove posso avvicinarmi a un universo che mi tiene, così, come un essere bestiale. Bello o brutto...pinne, squame e tutto il resto!
Invece io mi ritrovo qui, su uno scoglio che mi morde, in pieno inverno con il vento che fischia fra le costole, schiacciate dentro la muta.
Inverno fuori e dentro di me!
Il freddo mi picchia, mi fa piccola piccola, ma nel petto il cuore si arrampica e si allarga di coraggio, di una forza acuta che rianima braccia, occhi e corpo innamorato.
Scendo in acqua fra bioccoli di schiuma che tinteggiano a punta una distesa di ardesia; denso è il mare come di metallo fuso! E' così forte che lo sento incandescente!
Un mondo fluido si infila sotto la muta e come un potente abbraccio paterno, mi cinge e mi conforta, mi scuote dalla punta dei piedi. Percorre tutte le ossa che vibrano come la cassa di uno strumento musicale.
Finalmente!
Finalmente posso dissetarmi! Finalmente posso gustarmi i sensi invasi dal vitale gemito. Addento il mare, a bocca piena, con le mani ingorde me ne cibo!
Me ne sto lì, con il petto al cielo. Fisso le nubi gialle e una cupola immobile, come se il tempo l'avesse dipinta in una posa insolita. Sospesi i pensieri al vento, sono gabbiani che mi incoraggiano a prendere l'ultimo respiro.
Un colpo d'occhio alle labbra sfuggenti, in lontananza dei cirri sembrano volermi baciare la faccia!
L'aria fredda scende aguzza nei polmoni e la mia anima è pronta!
Mezza pinna e son girata; e son con lui! E son di lui!
Il blu mi acceca nei primi metri, sento il corpo allungarsi come catturato e trascinato per le dita dentro al sogno. Mentre mi lascio cadere, resto abbandonata a qualcosa che cambia.
Passo attraverso un varco oltre il quale le forme sono più dure e ovattate; rallentano, si addensano come coagulate dal tempo.
Mi apro, mi slego dalla terra, sciolgo i miei lunghi tentacoli all'acqua.
Le braccia allontanate dal petto, sono come fogli di carta e il tronco sottile e le gambe sfumano.
Sono una sardina; sono medusa silenziosa; manto di murena con occhi di mare. Materia densa ed incerta!
Chiudo tutto, nella discesa cristallina; chiudo il tempo in uno scrigno fatale; catalogo i pensieri nella libreria del sentimento e tutto va al suo posto, come un incastro perfetto. Senza sforzo, né comprensione.
Muto! Muto come un pesce, appunto! Mutevole come i silenzi della solitudine.
Plano sul fondale e sono un'alga tremolante portata dall'onda lontana e resto lì, dentro una conchiglia pallida e vuota.
Fisso il mare in fondo, ma proprio in fondo. Fisso il livido spazio che mi assaggia e dà pace al mio tormento. Là fuori sibila il vento, ma questo quaggiù ( e qui dentro), questo è un altro mondo!
Non andartene dalle mie mani, ti prego. Sono anch'io la tua creatura! Afferrami! O scagliami pure!
Tu sei il mio amore grande, sei il tempio che mi accoglie. Sostanza del mio vivere; sono io di questo mondo senza parole, dove il pensiero umano ha certa dimensione?! Dove posso avvicinarmi a un universo che mi tiene, così, come un essere bestiale. Bello o brutto...pinne, squame e tutto il resto!