“ Non la vita ma la buona vita deve essere principalmente apprezzata “ (Socrate)
Si sente spesso parlare di “ qualità di vita”.
Fredde statistiche, con indicatori più o meno verificabili applicati a singole città o a più ampi comprensori geografici, alternate a riflessioni più intimistiche, aventi ad oggetto l’essere umano nella sua generalità.
Sostanzialmente un sinonimo del concetto di “ benessere “ in senso lato, almeno è ciò che ho sempre creduto finora.
Ma che cos’è una buona qualità della vita, una “ vita buona “ cui si riferisce uno dei grandi ( forse il più grande ) padri del pensiero occidentale?
Che cosa significa buon – essere?
E’davvero possibile generalizzare, vale a dire stabilire degli “ indicatori universali”? Ed ancora: ha, poi, così senso farlo?
Sinceramente sono contraria, in qualsiasi campo, alle generalizzazioni trovandole riduttive e banalizzanti, a maggior ragione, poi, se si tratti di affrontare di temi così profondi, assolutamente personali, prerogativa singola quindi esclusiva di ciascuno di noi.
Oltre 7.000.000.000 di varianti pertanto, un numero spropositato di combinazioni per poter essere imbrigliato in categorie standardizzabili.
Tutti noi corriamo molto: ognuno con il suo passo e proprie modalità, ma, in ogni caso, ci peritiamo per studiare, operare ed approfondire, in una parola per crescere, tanto da raggiungere spesso obbiettivi anche molto importanti, e conquistare, magari, anche il tanto cercato/agognato equilibrio psico – fisico.
Ho provato ( e provo ) io stessa talvolta la sensazione di uno scalino superato, di una ( mini ) meta raggiunta ma, nonostante questo, ho avuto ( ed ho ) sempre la sensazione di una azione che resti in superficie e la cosa mi inquieta tanto da far perdere valore alla conquista stessa.
Esiste forse una ricetta per evitare tale inquietudine? Una password che permetta di superare questo stadio di stallo per farci accedere ad una buona vita?
Ognuno potrà decidere di cercare la propria; percepisco oggi, a quasi 52 anni, che per me si tratterà di reperire il coraggio per entrare in contatto con la parte oscura di me, il che è molto, davvero molto più che accettare il mio limite.
Non è tanto o soltanto il permettersi di fermarsi ed ascoltarsi in modo da cogliere i bisogni del momento per poi, eventualmente, variare il percorso di crescita, quanto anche e soprattutto la forza di varcare la soglia di quella parte di me, a me ancora ignota, forzando, se necessario, la serratura del portone che ne impedisce il passaggio.
Si tratterà di combattere contro un avversario tanto più insidioso, quanto più nascosto, ma potrò permettermi di lottare a viso aperto, senza risparmiarmi.
Soltanto in tale modo, infatti, scoprendo l’ignoto di sé prima, per accettarlo ed integrarlo poi, sarà possibile dare qualche tocco di colore alla vita rendendola autentica, appunto, “ buona “.
Ignoro se potrà funzionare sempre, credo, tuttavia, sia opportuno provarci, agendo …senza riserve.
In altre parole: ogniqualvolta si intraveda la possibilità di combattere per raggiungere quella esistenza buona di cui parlava il Maestro ateniese, penso davvero valga la pena di attivarsi con il piacere, poi, di godere della sua pienezza.
Si sente spesso parlare di “ qualità di vita”.
Fredde statistiche, con indicatori più o meno verificabili applicati a singole città o a più ampi comprensori geografici, alternate a riflessioni più intimistiche, aventi ad oggetto l’essere umano nella sua generalità.
Sostanzialmente un sinonimo del concetto di “ benessere “ in senso lato, almeno è ciò che ho sempre creduto finora.
Ma che cos’è una buona qualità della vita, una “ vita buona “ cui si riferisce uno dei grandi ( forse il più grande ) padri del pensiero occidentale?
Che cosa significa buon – essere?
E’davvero possibile generalizzare, vale a dire stabilire degli “ indicatori universali”? Ed ancora: ha, poi, così senso farlo?
Sinceramente sono contraria, in qualsiasi campo, alle generalizzazioni trovandole riduttive e banalizzanti, a maggior ragione, poi, se si tratti di affrontare di temi così profondi, assolutamente personali, prerogativa singola quindi esclusiva di ciascuno di noi.
Oltre 7.000.000.000 di varianti pertanto, un numero spropositato di combinazioni per poter essere imbrigliato in categorie standardizzabili.
Tutti noi corriamo molto: ognuno con il suo passo e proprie modalità, ma, in ogni caso, ci peritiamo per studiare, operare ed approfondire, in una parola per crescere, tanto da raggiungere spesso obbiettivi anche molto importanti, e conquistare, magari, anche il tanto cercato/agognato equilibrio psico – fisico.
Ho provato ( e provo ) io stessa talvolta la sensazione di uno scalino superato, di una ( mini ) meta raggiunta ma, nonostante questo, ho avuto ( ed ho ) sempre la sensazione di una azione che resti in superficie e la cosa mi inquieta tanto da far perdere valore alla conquista stessa.
Esiste forse una ricetta per evitare tale inquietudine? Una password che permetta di superare questo stadio di stallo per farci accedere ad una buona vita?
Ognuno potrà decidere di cercare la propria; percepisco oggi, a quasi 52 anni, che per me si tratterà di reperire il coraggio per entrare in contatto con la parte oscura di me, il che è molto, davvero molto più che accettare il mio limite.
Non è tanto o soltanto il permettersi di fermarsi ed ascoltarsi in modo da cogliere i bisogni del momento per poi, eventualmente, variare il percorso di crescita, quanto anche e soprattutto la forza di varcare la soglia di quella parte di me, a me ancora ignota, forzando, se necessario, la serratura del portone che ne impedisce il passaggio.
Si tratterà di combattere contro un avversario tanto più insidioso, quanto più nascosto, ma potrò permettermi di lottare a viso aperto, senza risparmiarmi.
Soltanto in tale modo, infatti, scoprendo l’ignoto di sé prima, per accettarlo ed integrarlo poi, sarà possibile dare qualche tocco di colore alla vita rendendola autentica, appunto, “ buona “.
Ignoro se potrà funzionare sempre, credo, tuttavia, sia opportuno provarci, agendo …senza riserve.
In altre parole: ogniqualvolta si intraveda la possibilità di combattere per raggiungere quella esistenza buona di cui parlava il Maestro ateniese, penso davvero valga la pena di attivarsi con il piacere, poi, di godere della sua pienezza.