Prima di una gara importante è difficile rilassarsi. La tensione è palpabile e i pensieri sono invadenti, estranei e negativi: ‘non va bene’, ‘fa male perdere da determinate persone’, ‘è brutto perdere malamente’.
I pensieri che affollano la mente sono come zanzare che trovano la forza in uno stimolo emotivo come la paura, l’aspettativa, il giudizio, la necessità di fare bene e montano fino all’asfissia mentale.
In quei casi, diventa difficile radunare l’attenzione sul ‘qui e ora’ delle cose che precedono la gara, mantenere la giusta concentrazione, rimanere rilassati interiormente, presenti nei momenti cruciali.
Ma è proprio ciò che serve: osservare cosa accade dentro di sé, rimanere concentrati, coscienti dei propri mezzi, centrati interiormente.
Osservare cosa accade dentro di sé e nei propri pensieri è la prima cosa. Riuscire a descrivere a se stessi la qualità dei pensieri, con la possibilità di osservarli come un treno in corsa, consente di riconoscere che i pensieri non sono tutto e soprattutto non siamo noi. Se si riesce a distinguere l’intensità dei pensieri dallo stato interiore, che ‘il pensiero non sono io’, appunto, è possibile riconoscere sullo sfondo uno stato di calma soggettivo.
Il divertimento è 'un gioco molto serio’.
In altre parole, se si riesce a giocare con le sensazioni e le immagini dei pensieri invalidanti, i pensieri fanno meno paura. E’ la sensazione che da qualche parte dentro di noi non c’è panico, c’è il piacere di divertirsi e di partecipare ad una gara come un gioco. Come quando da bambini si giocava molto seriamente, ma spensieratamente, prendendo tutto con facilità.
Rimanere concentrati, con la grinta giusta e l’approccio corretto alle azioni di gara, viene da sé, insieme all'idea di accordare e riprodurre il proprio ritmo interiore: 1, 2, 3, invece di 1,1,1. A spegnere.
Il giusto ritmo interiore
‘1,2,3 e a parte le paure, i dubbi e l’ansia ’io sto bene’. E’ bene ripeterselo.
Quando si riescono ad oggettivare i pensieri negativi e a ridurli a sfondo o a eliminarli con diverse strategie, ad esempio con il respiro, il rilassamento o il controllo delle submodalità, è più facile ritrovare ricordi di passati successi e condizioni di ripristino e fiducia nelle proprie capacità.
E’ più facile ricordare situazioni in cui si è andati bene ed equilibrare il peso delle proprie paure e timori.
Pertanto, se si analizzano i pensieri disturbanti e si oggettivano, se ne prendono le distanze. Se si riconosce un proprio nucleo di presenza distesa e si richiamano i ritmi dell’agire psicofisico più idonei, si agganciano i ricordi di passati successi. Se si cerca di rimanere presenti con la massima efficienza è più facile avere l’atteggiamento di un pensiero accettante: ‘vada come vada, ho fatto del mio meglio, non c’è nulla da recriminare’.
Dopo aver fatto le cose giuste, anche le coincidenze ‘fortunate’ daranno una mano. Soprattutto si cresce.
I pensieri che affollano la mente sono come zanzare che trovano la forza in uno stimolo emotivo come la paura, l’aspettativa, il giudizio, la necessità di fare bene e montano fino all’asfissia mentale.
In quei casi, diventa difficile radunare l’attenzione sul ‘qui e ora’ delle cose che precedono la gara, mantenere la giusta concentrazione, rimanere rilassati interiormente, presenti nei momenti cruciali.
Ma è proprio ciò che serve: osservare cosa accade dentro di sé, rimanere concentrati, coscienti dei propri mezzi, centrati interiormente.
Osservare cosa accade dentro di sé e nei propri pensieri è la prima cosa. Riuscire a descrivere a se stessi la qualità dei pensieri, con la possibilità di osservarli come un treno in corsa, consente di riconoscere che i pensieri non sono tutto e soprattutto non siamo noi. Se si riesce a distinguere l’intensità dei pensieri dallo stato interiore, che ‘il pensiero non sono io’, appunto, è possibile riconoscere sullo sfondo uno stato di calma soggettivo.
Il divertimento è 'un gioco molto serio’.
In altre parole, se si riesce a giocare con le sensazioni e le immagini dei pensieri invalidanti, i pensieri fanno meno paura. E’ la sensazione che da qualche parte dentro di noi non c’è panico, c’è il piacere di divertirsi e di partecipare ad una gara come un gioco. Come quando da bambini si giocava molto seriamente, ma spensieratamente, prendendo tutto con facilità.
Rimanere concentrati, con la grinta giusta e l’approccio corretto alle azioni di gara, viene da sé, insieme all'idea di accordare e riprodurre il proprio ritmo interiore: 1, 2, 3, invece di 1,1,1. A spegnere.
Il giusto ritmo interiore
‘1,2,3 e a parte le paure, i dubbi e l’ansia ’io sto bene’. E’ bene ripeterselo.
Quando si riescono ad oggettivare i pensieri negativi e a ridurli a sfondo o a eliminarli con diverse strategie, ad esempio con il respiro, il rilassamento o il controllo delle submodalità, è più facile ritrovare ricordi di passati successi e condizioni di ripristino e fiducia nelle proprie capacità.
E’ più facile ricordare situazioni in cui si è andati bene ed equilibrare il peso delle proprie paure e timori.
Pertanto, se si analizzano i pensieri disturbanti e si oggettivano, se ne prendono le distanze. Se si riconosce un proprio nucleo di presenza distesa e si richiamano i ritmi dell’agire psicofisico più idonei, si agganciano i ricordi di passati successi. Se si cerca di rimanere presenti con la massima efficienza è più facile avere l’atteggiamento di un pensiero accettante: ‘vada come vada, ho fatto del mio meglio, non c’è nulla da recriminare’.
Dopo aver fatto le cose giuste, anche le coincidenze ‘fortunate’ daranno una mano. Soprattutto si cresce.