È una riflessione che nei miei percorsi non smette d’affascinarmi lasciandomi, al tempo stesso, interrogativi sulla sua praticabilità, un ragionevole dubbio tra la teoria e la pratica.
Quanto è possibile vivere queste pause nei nostri ritmi occidentali e frenetici?
Può essere solo un frutto avvolto da un’irraggiungibile utopia oppure la manifestazione di un sogno troppo distante dalla realtà di ogni giorno? La realtà di ogni giorno, incredibile frase ad effetto sottoposta a molteplici interpretazioni . Tra le varie interpretazioni quella più diffusa è percepire una possibile pausa come una sonora perdita di tempo.
Le nostre convinzioni sulla vita, personali e sociali, soffrono d’influenza da renderla differente a secondo chi e quando si viva.
Le nostre esperienze spesso determinano la nostra comprensione, i paradigmi che ne scaturiscono sono i loro potenti filtri.
Potremmo dunque chiederci : cosa rappresenta per me una pausa in mezzo al cammino ? Spiacevole impiccio per affrontare la vita intera ? Oppure un necessario contributo per meglio attraversarla, cogliendo magari un’opportunità per potenziare il nostro essere e migliorare il nostro fare?
Il significato enciclopedico più immediato rappresenta un’interruzione, una sospensione. Lo stacco all’interno di un attimo, di un momento. Insomma una parentesi tra il qui e ora, e il dopo, tra il presente e il futuro.
Attribuire diversi significati si può.
Una pausa sott’acqua in apnea, davanti al naturale dipinto di un tramonto, nel mezzo di un ordinario caos metropolitano Ho notato quanto frequentemente alcune grandi decisioni siano prese dopo un momento di arresto, scelto o forzato che sia. E più di una volta io ho desiderato di fermarmi, andando oltre il bisogno di uno stacco per una necessaria ricarica. Spinto soprattutto dalla passionale ricerca di un modo per affrontare uno stop con un maggior senso e valore.
Affiancando per anni piccoli imprenditori, Leader, direttori commerciali mi par d’aver capito che reggere a denti stretti e pugni chiusi i ritmi serrati non porta al migliore dei risultati.
Mi ha molto aiutato in questo Peter Senge “Fare la cosa ovvia non da alcuna garanzia del risultato ovvio desiderato”.
La paura di fermarsi nasce essenzialmente dal timore di poter perdere uno dei treni che poi non ripassano e dal non vedere utilità e beneficio di un’azione nel riposo.
Siamo così convinti che perdere tempo non possa produrre la giusta rigenerazione per proseguire verso il desiderato risultato che preferiamo non smettere di correre. Abbiamo integrato senza problemi il motto di “chi si ferma è perduto” ma siamo ancora distanti dal “chi non si ferma mai è confuso” e la confusione non è mai stata una sincera alleata per i nostri obiettivi.
Una pausa dinamica non è la panacea a ogni male ma è un fantastico antidoto al caos ed una conquista di rinnovata lucidità.
Nella mia realtà interagisco con persone molto impegnate con responsabilità di gestione e problematiche transazioni commerciali. Persone, in generale, di elevata professionalità con forti e interessanti personalità che danzano vorticosamente tra obiettivi, risultati, performance e margini. La loro relazione con il tempo, come per la più parte di noi, è una corsa al suo seguito, confrontandoci con la scelta tra l’esserne divorati o il perdere le occasioni che velocemente transitano accanto a noi per essere colte (carpe diem).
“La felicità è come un treno senza orario: ne passa uno ogni tanto. Non puoi prevederne l’arrivo, né sapere quando ripartirà. Il tuo compito è andare in stazione.”
Paolo Crepet