Ogni crisi, nel profondo, cela una configurazione che per quanto casuale è risolutiva sia nella caduta che nella ri-salita.
Nell'abisso della crisi c’è qualcosa che può giocare a favore, l’inconscio è neutrale, e c’è qualcosa che può giocare contro, l’io si dissolve. Le emozioni si confondono, specialmente quelle delle anime sensibili.
Per non farsi troppo male, occorre trovare la porta della crisi, mantenere al massimo la calma, permettere ai nostri programmi interiori di manifestarsi e ai nostri occhi di adattarsi. Le colonne portanti sono la caduta e la risalita di un’anima errante.
Bastano poche cose: accompagnare l’Io terrorizzato dalla crisi, saper cadere nel buio dell’abisso e assestare un bel calcio agli eventi minacciosi. Cioè, agire senza perdersi d’animo e collaborare con gli alleati interiori. Gli alleati sono nuove idee sui fatti, nuove intuizioni sugli avvenimenti, imitazioni di azioni sagge e lungimiranti.
Il metodo migliore?
Agire come se fossimo saggi, attori di un’imitazione alternativa e riproduttori di immagini di noi stessi pronti al cambiamento. Fischiare in poesia e vibrare alla ricerca di una sublimazione del dolore.
Ma come si fa quando ci sono in atto conflitti, scelte difficili o dubbi?
La risposta è nella percezione che abbiamo di noi stessi. In quell'ascolto che se anche ci vede immobili come le pietre, ci lascia un margine per compiere un passo in avanti e un movimento di danza. Possiamo farlo perché non siamo in prigione, la prigione è mentale.
La prigione, o meglio la limitazione, è la catena al piede dell’elefante (la nostra forza), è il collare al collo della tigre (le nostre emozioni), è l’acqua che arriva alla gola (i nostri desideri), è il sole che brucia le ali (le nostre idee), e può essere trasformata in opportunità.
E’ vero, gli episodi avversi ci rovesciano, ma se non ci uccidono, ci migliorano. Di questo dobbiamo esserne certi, si possono trasformare gli eventi sfavorevoli in opportunità. Ce lo raccontano le storie in ogni salsa e le esperienze di ogni dove.
Così è vero anche il contrario, teniamo un piede sulla barca e una sul molo, e così non sperimentiamo il coraggio, non compiamo il passo dell’amore, sperimentiamo la paura di vivere e quando siamo pronti il momento è già passato. Ci inventiamo un mondo immaginario, collochiamo la felicità nel futuro e sogniamo di raggiungerla. Succede anche questo.
Ma quando sviluppiamo lo sguardo di un io personale che osserva con ammirazione anche una pietra, allora contattiamo quell’io essenziale che sa vedere nelle circostanze, oltre le cose, il miracolo dell’esperienza. Sa apprezzare le forze in gioco che ci guidano e continuano a manifestarsi.
Stiamo attenti ai falsi maestri di luce, a quelli che ci portano con troppa razionalità a dimenticare, a quelli che ci conducono altrove o a quelli che hanno visto qualcosa ma che non sanno dire che cosa.
Quello che dobbiamo fare con umiltà è muovere le cose, fare esperienza di sensazioni e compiere atti naturali. Aprirci un varco oltre la foresta, superare i pregiudizi ed esplorare il nostro essere oltre quel buio.
Facendo esperienze di vita scopriremo che le aggressioni e il dolore che proviamo, sono mutilazioni di un amore inespresso a cui dobbiamo rispondere con azioni, cambiamenti, maturità.
Il vero motore delle nostre realizzazioni diventa allora la sintesi di un dolore che consuma e di un piacere che fa crescere. Il dolore non va giudicato, va incanalato senza sposarlo e il piacere va lasciato andare quando scade.
Ci salviamo se ci apriamo, se riconosciamo un pensiero collettivo e se accettiamo l’idea di agire con gli altri.
La nostra forza si moltiplica se non ci sentiamo più soli e nell'istante in cui accadono le cose condividiamo lo stesso spazio, lo stesso tempo e la stessa coscienza.
Pertanto, rallegriamoci per il tempo trascorso con chi ci ha lasciati, ma non soffriamo inutilmente per il tempo in cui saremo soli. Custodiamo nel cuore i morti che abbiamo amato, ma non rinchiudiamoci nella bara insieme a loro.
Rimangano pure nella nostra memoria, nutriamoci della loro bellezza, ma permettiamo alla vita di essere quello che è … energia, movimento, esperienza.
Nell'abisso della crisi c’è qualcosa che può giocare a favore, l’inconscio è neutrale, e c’è qualcosa che può giocare contro, l’io si dissolve. Le emozioni si confondono, specialmente quelle delle anime sensibili.
Per non farsi troppo male, occorre trovare la porta della crisi, mantenere al massimo la calma, permettere ai nostri programmi interiori di manifestarsi e ai nostri occhi di adattarsi. Le colonne portanti sono la caduta e la risalita di un’anima errante.
Bastano poche cose: accompagnare l’Io terrorizzato dalla crisi, saper cadere nel buio dell’abisso e assestare un bel calcio agli eventi minacciosi. Cioè, agire senza perdersi d’animo e collaborare con gli alleati interiori. Gli alleati sono nuove idee sui fatti, nuove intuizioni sugli avvenimenti, imitazioni di azioni sagge e lungimiranti.
Il metodo migliore?
Agire come se fossimo saggi, attori di un’imitazione alternativa e riproduttori di immagini di noi stessi pronti al cambiamento. Fischiare in poesia e vibrare alla ricerca di una sublimazione del dolore.
Ma come si fa quando ci sono in atto conflitti, scelte difficili o dubbi?
La risposta è nella percezione che abbiamo di noi stessi. In quell'ascolto che se anche ci vede immobili come le pietre, ci lascia un margine per compiere un passo in avanti e un movimento di danza. Possiamo farlo perché non siamo in prigione, la prigione è mentale.
La prigione, o meglio la limitazione, è la catena al piede dell’elefante (la nostra forza), è il collare al collo della tigre (le nostre emozioni), è l’acqua che arriva alla gola (i nostri desideri), è il sole che brucia le ali (le nostre idee), e può essere trasformata in opportunità.
E’ vero, gli episodi avversi ci rovesciano, ma se non ci uccidono, ci migliorano. Di questo dobbiamo esserne certi, si possono trasformare gli eventi sfavorevoli in opportunità. Ce lo raccontano le storie in ogni salsa e le esperienze di ogni dove.
Così è vero anche il contrario, teniamo un piede sulla barca e una sul molo, e così non sperimentiamo il coraggio, non compiamo il passo dell’amore, sperimentiamo la paura di vivere e quando siamo pronti il momento è già passato. Ci inventiamo un mondo immaginario, collochiamo la felicità nel futuro e sogniamo di raggiungerla. Succede anche questo.
Ma quando sviluppiamo lo sguardo di un io personale che osserva con ammirazione anche una pietra, allora contattiamo quell’io essenziale che sa vedere nelle circostanze, oltre le cose, il miracolo dell’esperienza. Sa apprezzare le forze in gioco che ci guidano e continuano a manifestarsi.
Stiamo attenti ai falsi maestri di luce, a quelli che ci portano con troppa razionalità a dimenticare, a quelli che ci conducono altrove o a quelli che hanno visto qualcosa ma che non sanno dire che cosa.
Quello che dobbiamo fare con umiltà è muovere le cose, fare esperienza di sensazioni e compiere atti naturali. Aprirci un varco oltre la foresta, superare i pregiudizi ed esplorare il nostro essere oltre quel buio.
Facendo esperienze di vita scopriremo che le aggressioni e il dolore che proviamo, sono mutilazioni di un amore inespresso a cui dobbiamo rispondere con azioni, cambiamenti, maturità.
Il vero motore delle nostre realizzazioni diventa allora la sintesi di un dolore che consuma e di un piacere che fa crescere. Il dolore non va giudicato, va incanalato senza sposarlo e il piacere va lasciato andare quando scade.
Ci salviamo se ci apriamo, se riconosciamo un pensiero collettivo e se accettiamo l’idea di agire con gli altri.
La nostra forza si moltiplica se non ci sentiamo più soli e nell'istante in cui accadono le cose condividiamo lo stesso spazio, lo stesso tempo e la stessa coscienza.
Pertanto, rallegriamoci per il tempo trascorso con chi ci ha lasciati, ma non soffriamo inutilmente per il tempo in cui saremo soli. Custodiamo nel cuore i morti che abbiamo amato, ma non rinchiudiamoci nella bara insieme a loro.
Rimangano pure nella nostra memoria, nutriamoci della loro bellezza, ma permettiamo alla vita di essere quello che è … energia, movimento, esperienza.