Gli omega 3 dal punto di vista chimico sono acidi grassi polinsaturi con un doppio legame in posizione 3; sono definiti acidi grassi essenziali, composti cioè che il nostro organismo non è in grado di produrre e che deve introdurre con il cibo: quelli di interesse per la fisiologia umana sono l’EPA (acido eicosapentaenoico) e il DHA (acido docosaesaenoico). Il DHA è l’omega-3 maggiormente presente nel sistema nervoso, mentre l’EPA sembra svolgere un ruolo più importante come precursore antinfiammatorio. Gli acidi grassi omega-3 sono coinvolti in molti aspetti della fisiologia neuronale, inclusa la fluidità di membrana, la trasmissione del segnale nervoso, la modulazione dell’attività enzimatica e dell’espressione genica.
Oggi si sente spesso parlare degli effetti benefici di questi Omega 3, quindi è interessante capirne i motivi. Nell'ambito del coaching, utilizzando un approccio olistico, risulta ancora più interessante capire se gli Omega 3 possano influire, come alcuni studi confermano, sull'umore e il contrasto alla depressione.
I primi lavori su ratti e topi risalgono al 1970. Provocando in questi animali una carenza di omega 3, si venivano a creare disturbi del comportamento: iperattività, ipersensibilità allo stress… In quello stesso periodo un numero molto ristretto di psichiatri si è interessato all’uomo, studiando i legami tra carenza di omega 3 e schizofrenia, depressione, o iperattività nel bambino. Così, Donald Rudin ha tentato di curare alcuni pazienti con l’olio di lino (un vero concentrato di acido alfa-linoleico, precursore degli omega 3) [“The major psychoses and neuroses as oméga-3 essential fatty acid deficiency syndrome: substrate pellagra”, D.O.Rudin. Biol. Psychiatry, 16: 837-50. 2001.].
Nel 1998, sulla rivista medico-scientifica indipendente The Lancet, fu pubblicato uno studio in cui si dimostrava che l’incidenza della depressione era meno elevata tra i popoli forti consumatori di pesce (le migliori fonti di omega 3 EPA, acidoeicosapentaenoico, e DHA, acidodocosaesaenoico): giapponesi, coreani, taiwanesi (paragonati per esempio ai tedeschi e ai neozelandesi) [“Fish consumption and major depression”, JR Hibbeln. Lancet, 351: 1213. 1998].
Altri lavori hanno riscontrato un legame tra frequenza minima di depressione e grande consumo di pesce e una migliore composizione di omega 3 EPA e DHA (dosati nel sangue o nelle cellule grasse). Per la Francia, per esempio, nello studio SUVIMAX, il consumo di pesce grasso, misurato all’inizio, è associato a un rischio minimo di episodi depressivi nel corso degli 8 anni presi in esame [“Association of fish and longchain n-3 polyunsatured fatty acid intake with the occurrence of depressive episodes in middle-aged French men and women.”, P. Astorg et al.Prostaglandins LeukotEssent Fatty Acids, 78: 171-82. 2008.].
Nello studio di Bordeaux “desTroiscités”, le persone anziane (75 anni in media) con un alto valore plasmatico di EPA presentano meno sintomi depressivi [Plasma eicosapentaenoic acid is inversely associated with severity of depressivesymptomatology in the ederly: data from the Bordeaux sample of the Three-City Study, C. Féart et al. Am J ClinNutr, 87: 1156. 2008.]. Infine,nel sangue delle persone depresse è spesso riscontrata una diminuzione degli omega 3 (EPA e DHA).
Si è tentato di curare la depressione con gli omega 3?
Sì, ma si tratta di una cosa recente. I primi studi clinici con gruppo controllo (pazienti a cui non venivano somministrati omega 3 in modo da poter fare il confronto) risalgono a 14 anni fa. I risultati sono piuttosto incoraggianti. Tuttavia non è ancora possibile confermare l’effetto antidepressivo degli omega 3 perché questi studi sono stati effettuati su un gruppo ristretto di pazienti, curati contemporaneamente o meno con un farmaco antidepressivo, affetti da diverse patologie (depressione, disturbi bipolari…) e con dosi variabili di omega 3. Tra gli studi in favore di un effetto positivo degli omega 3, si può citare quello diNemets, realizzato su bambini depressi (per i quali la prescrizionedi un farmaco antidepressivo è una questione più delicata) [Omega-3 treatment of childhood depression: a controlled, double-blind pilot study, B. Nemets et al. Am J Psychiatry, 63:1098-100. 2006.], e quello di Jayazeri, su adulti per i quali 1000 mg d’EPA al giorno si sono rivelati efficaci quanto la fluoxetina (Prozac) [Comparison of therapeutic effect of omega-3 EPA and fluoxétine, separately or in combinaison, in major depressive disorder, S Jayazeri et al.Aust New Zealand Psychiatry, 42: 192-8. 2008.].
Un ulteriore recente studio denominato OMEGA-3D, ha preso in considerazione 432 persone depresse reclutate nei centri ospedalieri psichiatrici del Canada. Per 8 settimane, periodo di tempo necessario per valutare l’efficacia di un farmaco antidepressivo, a una parte di queste persone è stato somministrato un placebo, ad altre delle pillole composte da EPA (1050 mg) e DHA (150 mg). L’efficacia viene valutata attraverso questionari sui sintomi (disturbi del sonno, stanchezza, difficoltà di concentrazione, sentimento di tristezza...) compilati dai pazienti e dai medici all’inizio e alla fine dello studio. In questo esperimento i pazienti sono eterogenei, con o senza disturbi associati alla depressione, trattati o meno con farmaci antidepressivi, in cura o meno da uno psicoterapeuta. In totale, il 55% dei pazienti non ansiosi ha riscontrato un miglioramento dei sintomi grazie agli omega 3. Per questo sottogruppo dello studio l’efficacia degli omega 3 è paragonabile a quella di un antidepressivo [The efficacy of omega-3 supplementation for major depression: a randomized controlled trial. F. Lespérance et al. The journal of clinicalpsychiatr, 15 giugno 2010.].
In questo momento non abbiamo la risposta definitiva che ci dica in modo assolutamente certo se gli Omega 3 possano svolgere un ruolo determinante nel contrasto alla depressione, ma abbiamo molte evidenze sperimentali incoraggianti. Per capire l'attenzione che la comunità scientifica sta riservando agli Omega 3 è sufficiente fare una ricerca all'interno della US National Library of Medicine National Institutes of Health (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed).
Dal mio punto di vista non considero gli Omega 3 come la "soluzione definitiva", ma ritengo che siano un'utile integrazione, ingrediente che il coach con un approccio olistico dovrebbe tenere in considerazione per sè e per i propri clienti.
Oggi si sente spesso parlare degli effetti benefici di questi Omega 3, quindi è interessante capirne i motivi. Nell'ambito del coaching, utilizzando un approccio olistico, risulta ancora più interessante capire se gli Omega 3 possano influire, come alcuni studi confermano, sull'umore e il contrasto alla depressione.
I primi lavori su ratti e topi risalgono al 1970. Provocando in questi animali una carenza di omega 3, si venivano a creare disturbi del comportamento: iperattività, ipersensibilità allo stress… In quello stesso periodo un numero molto ristretto di psichiatri si è interessato all’uomo, studiando i legami tra carenza di omega 3 e schizofrenia, depressione, o iperattività nel bambino. Così, Donald Rudin ha tentato di curare alcuni pazienti con l’olio di lino (un vero concentrato di acido alfa-linoleico, precursore degli omega 3) [“The major psychoses and neuroses as oméga-3 essential fatty acid deficiency syndrome: substrate pellagra”, D.O.Rudin. Biol. Psychiatry, 16: 837-50. 2001.].
Nel 1998, sulla rivista medico-scientifica indipendente The Lancet, fu pubblicato uno studio in cui si dimostrava che l’incidenza della depressione era meno elevata tra i popoli forti consumatori di pesce (le migliori fonti di omega 3 EPA, acidoeicosapentaenoico, e DHA, acidodocosaesaenoico): giapponesi, coreani, taiwanesi (paragonati per esempio ai tedeschi e ai neozelandesi) [“Fish consumption and major depression”, JR Hibbeln. Lancet, 351: 1213. 1998].
Altri lavori hanno riscontrato un legame tra frequenza minima di depressione e grande consumo di pesce e una migliore composizione di omega 3 EPA e DHA (dosati nel sangue o nelle cellule grasse). Per la Francia, per esempio, nello studio SUVIMAX, il consumo di pesce grasso, misurato all’inizio, è associato a un rischio minimo di episodi depressivi nel corso degli 8 anni presi in esame [“Association of fish and longchain n-3 polyunsatured fatty acid intake with the occurrence of depressive episodes in middle-aged French men and women.”, P. Astorg et al.Prostaglandins LeukotEssent Fatty Acids, 78: 171-82. 2008.].
Nello studio di Bordeaux “desTroiscités”, le persone anziane (75 anni in media) con un alto valore plasmatico di EPA presentano meno sintomi depressivi [Plasma eicosapentaenoic acid is inversely associated with severity of depressivesymptomatology in the ederly: data from the Bordeaux sample of the Three-City Study, C. Féart et al. Am J ClinNutr, 87: 1156. 2008.]. Infine,nel sangue delle persone depresse è spesso riscontrata una diminuzione degli omega 3 (EPA e DHA).
Si è tentato di curare la depressione con gli omega 3?
Sì, ma si tratta di una cosa recente. I primi studi clinici con gruppo controllo (pazienti a cui non venivano somministrati omega 3 in modo da poter fare il confronto) risalgono a 14 anni fa. I risultati sono piuttosto incoraggianti. Tuttavia non è ancora possibile confermare l’effetto antidepressivo degli omega 3 perché questi studi sono stati effettuati su un gruppo ristretto di pazienti, curati contemporaneamente o meno con un farmaco antidepressivo, affetti da diverse patologie (depressione, disturbi bipolari…) e con dosi variabili di omega 3. Tra gli studi in favore di un effetto positivo degli omega 3, si può citare quello diNemets, realizzato su bambini depressi (per i quali la prescrizionedi un farmaco antidepressivo è una questione più delicata) [Omega-3 treatment of childhood depression: a controlled, double-blind pilot study, B. Nemets et al. Am J Psychiatry, 63:1098-100. 2006.], e quello di Jayazeri, su adulti per i quali 1000 mg d’EPA al giorno si sono rivelati efficaci quanto la fluoxetina (Prozac) [Comparison of therapeutic effect of omega-3 EPA and fluoxétine, separately or in combinaison, in major depressive disorder, S Jayazeri et al.Aust New Zealand Psychiatry, 42: 192-8. 2008.].
Un ulteriore recente studio denominato OMEGA-3D, ha preso in considerazione 432 persone depresse reclutate nei centri ospedalieri psichiatrici del Canada. Per 8 settimane, periodo di tempo necessario per valutare l’efficacia di un farmaco antidepressivo, a una parte di queste persone è stato somministrato un placebo, ad altre delle pillole composte da EPA (1050 mg) e DHA (150 mg). L’efficacia viene valutata attraverso questionari sui sintomi (disturbi del sonno, stanchezza, difficoltà di concentrazione, sentimento di tristezza...) compilati dai pazienti e dai medici all’inizio e alla fine dello studio. In questo esperimento i pazienti sono eterogenei, con o senza disturbi associati alla depressione, trattati o meno con farmaci antidepressivi, in cura o meno da uno psicoterapeuta. In totale, il 55% dei pazienti non ansiosi ha riscontrato un miglioramento dei sintomi grazie agli omega 3. Per questo sottogruppo dello studio l’efficacia degli omega 3 è paragonabile a quella di un antidepressivo [The efficacy of omega-3 supplementation for major depression: a randomized controlled trial. F. Lespérance et al. The journal of clinicalpsychiatr, 15 giugno 2010.].
In questo momento non abbiamo la risposta definitiva che ci dica in modo assolutamente certo se gli Omega 3 possano svolgere un ruolo determinante nel contrasto alla depressione, ma abbiamo molte evidenze sperimentali incoraggianti. Per capire l'attenzione che la comunità scientifica sta riservando agli Omega 3 è sufficiente fare una ricerca all'interno della US National Library of Medicine National Institutes of Health (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed).
Dal mio punto di vista non considero gli Omega 3 come la "soluzione definitiva", ma ritengo che siano un'utile integrazione, ingrediente che il coach con un approccio olistico dovrebbe tenere in considerazione per sè e per i propri clienti.