Gli altri sono una risorsa per ciascuno di noi. Le loro chiacchiere, il loro affetto, il loro sorriso, il loro corpo, il loro abbraccio. E ci danniamo un sacco per creare buoni rapporti di famiglia, vicinato, amicizia, lavoro. Ma capitano anche periodi in cui non si ha voglia di parlare con nessuno, di vedere nessuno, di uscire con nessuno.
Talvolta è il nostro carattere timido a prendere il sopravvento, a volte siamo delusi da rapporti superficiali, talaltra siamo stanchi, con le batterie a zero, depressi. In ogni caso i motivi sono buoni per non comunicare. ‘Non ho voglia di aprirmi’, dice il timido, ‘non ho voglia di essere criticato’, dice il deluso. ‘Non ho voglia di lamentele e giudizi’, dicono la maggioranza.
Sappiamo che il pettegolezzo (a piccole dosi, ‘altruista’ per così dire) è un ottimo strumento anti-stress. Tutti lo pratichiamo con lo scopo di mitigare le azioni sbagliate degli altri e talvolta per sogghignare e farci quattro risate. A dosi massicce, però, diventa l’esercizio di un’invidia malevola sulla reputazione del malcapitato, a cui non mancherà l’occasione di ricevere la critica dei colleghi, il giudizio dell’amico, le maldicenze della gente.
Tutto questo a volte è troppo e così perdiamo la pazienza per il cinismo altrui, le critiche eccessive e le richieste di qualsiasi natura. Perdiamo la voglia di compiacere chi non ci aggrada, di amare chi non sa amare, di sorridere a chi non ci sorride.
Non ci accontentiamo più del provincialismo e dei pettegolezzi. Non sopportiamo più le persone rigide e inflessibili. Vogliamo lealtà, sicurezza, incoraggiamento.
Insomma, ci sono buone ragioni per dire ‘interessante quello che dici, ma dimmi qualcosa che mi interessi davvero!’
Dovunque andiamo nella vita lasciamo cose e parole: battute di spirito, chiacchiere, conforto. Ovunque lasciamo il nostro segno. Tutti questi segni sono ciò che noi siamo. Proviamo a lasciare buone impronte che valgano la pena di essere ricordate. E permettiamo a noi stessi di esprimere chi siamo con qualità emotiva.
Oggi e anche domani, al bar, dal parrucchiere, al lavoro, in casa, cominciamo col pronunciare correttamente il nostro nome. E’ un buon inizio.
Talvolta è il nostro carattere timido a prendere il sopravvento, a volte siamo delusi da rapporti superficiali, talaltra siamo stanchi, con le batterie a zero, depressi. In ogni caso i motivi sono buoni per non comunicare. ‘Non ho voglia di aprirmi’, dice il timido, ‘non ho voglia di essere criticato’, dice il deluso. ‘Non ho voglia di lamentele e giudizi’, dicono la maggioranza.
Sappiamo che il pettegolezzo (a piccole dosi, ‘altruista’ per così dire) è un ottimo strumento anti-stress. Tutti lo pratichiamo con lo scopo di mitigare le azioni sbagliate degli altri e talvolta per sogghignare e farci quattro risate. A dosi massicce, però, diventa l’esercizio di un’invidia malevola sulla reputazione del malcapitato, a cui non mancherà l’occasione di ricevere la critica dei colleghi, il giudizio dell’amico, le maldicenze della gente.
Tutto questo a volte è troppo e così perdiamo la pazienza per il cinismo altrui, le critiche eccessive e le richieste di qualsiasi natura. Perdiamo la voglia di compiacere chi non ci aggrada, di amare chi non sa amare, di sorridere a chi non ci sorride.
Non ci accontentiamo più del provincialismo e dei pettegolezzi. Non sopportiamo più le persone rigide e inflessibili. Vogliamo lealtà, sicurezza, incoraggiamento.
Insomma, ci sono buone ragioni per dire ‘interessante quello che dici, ma dimmi qualcosa che mi interessi davvero!’
Dovunque andiamo nella vita lasciamo cose e parole: battute di spirito, chiacchiere, conforto. Ovunque lasciamo il nostro segno. Tutti questi segni sono ciò che noi siamo. Proviamo a lasciare buone impronte che valgano la pena di essere ricordate. E permettiamo a noi stessi di esprimere chi siamo con qualità emotiva.
Oggi e anche domani, al bar, dal parrucchiere, al lavoro, in casa, cominciamo col pronunciare correttamente il nostro nome. E’ un buon inizio.