Chi da piccolo non ha visto almeno una volta Il mago di Oz? E chi da adulto non ha avuto la curiosità di riguardarlo? Non è difficile imbattersi in questo film musicale. Nel tempo è divenuto un classico del palinsesto televisivo italiano durante il periodo delle feste natalizie. Stiamo parlando della versione cinematografica del 1939. Il regista è Victor Fleming, quello di Via col vento, e la protagonista femminile è una giovanissima Judy Garland che interpreta il ruolo di Dorothy Gale. Il film è tratto dal celebre romanzo per ragazzi Il meraviglioso mago di Oz di L. Frank Baum che venne pubblicato per la prima volta il 17 Maggio del 1900. A quei pochi che non hanno mai visto il film sono certa che, almeno la canzone vincitrice di un Oscar, Somewhere over the rainbow dica qualcosa. Questa canzone divenne un cavallo di battaglia del repertorio della Garland e fonte d’ispirazione per numerose cover nel corso degli anni. Si ascolti ad esempio la meravigliosa versione fatta con l’ukulele dall’hawaiano Israel Kamakawiwo’Ole.
Il mago di Oz è davvero interessante perché, se si osserva più da vicino la storia raccontata, riesce ad offrirci diversi spunti di riflessione.
Pensiamo ad esempio ai tre personaggi che Dorothy incontra lungo il sentiero fatto di mattoncini dorati: lo Spaventapasseri, l’Uomo di Latta, il Leone. Lo Spaventapasseri soffre per il fatto di avere solo della paglia al posto del cervello. Si sente uno stupido. A quanti di noi è capitato di sentirsi come lo Spaventapasseri? Ovvero non abbastanza intelligenti e brillanti? Quante volte non ci siamo sentiti all’altezza di una situazione che stavamo vivendo?
L’Uomo di Latta è un falegname con il corpo di latta dentro al quale non ha un cuore e questo lo fa sentire vuoto di sentimenti. Quante volte anche noi, come l’Uomo di Latta, ci siamo chiesti se siamo in grado di amare davvero? Se il nostro cuore riesce a battere per qualcosa o per qualcuno?
Il Leone ha paura. Teme tutto, perfino la sua stessa ombra, e vorrebbe tanto smettere di essere così pauroso. Quante volte anche noi abbiamo provato paura e siamo scappati davanti alle difficoltà convinti di non riuscire a farcela? Quante volte abbiamo desiderato essere più coraggiosi e forti?
Questi personaggi pensano di avere una grossa mancanza interiore ed è proprio questa presunta mancanza a farli sentire incompleti e quindi infelici. In realtà, durante le avventure vissute con Dorothy, prima per raggiungere il palazzo in cui vive il Mago di Oz, e poi per ottenere la scopa della perfida strega dell’Ovest, ognuno di loro dimostrerà di avere ciò di cui si sente carente. Lo Spaventapasseri brillerà per astuzia e intelligenza. L’uomo di Latta sarà premuroso e amorevole. Il Leone mostrerà coraggio al momento opportuno. Ci vorrà però, alla fine della storia, l’intervento del Mago di Oz per risvegliare la loro consapevolezza assopita. Egli farà infatti comprendere allo Spaventapasseri, all’Uomo di Latta e al Leone, che hanno già dentro di loro quello che cercano. Lo farà portando l’attenzione sul loro operato e assegnando ad ognuno un oggetto simbolico, ossia: un attestato che dimostra l’intelligenza allo Spaventapasseri, un orologio a forma di cuore all’Uomo di Latta, una medaglia al valore al Leone. In certe occasioni un coach dev’essere come il mago di Oz. Dev’essere in grado di far cogliere al cliente che le caratteristiche che pensa di non avere invece le possiede. Deve saper valorizzare il potenziale della persona che a lui si rivolge. Quante volte infatti è stato grazie allo sguardo di un osservatore esterno che ci siamo resi conto di quanto ci sbagliassimo sul nostro conto? Di quanto ci giudicassimo duramente causandoci da soli tanta inutile frustrazione e sofferenza? A volte, per stare bene con noi stessi, occorre che qualcuno di saggio ci mostri che abbiamo già dentro di noi quello che ci serve. A volte avere con sé qualcosa di simbolico da guardare può ricordarci quello che, da soli, dimentichiamo di possedere. Può essere ad esempio: un tatuaggio sul corpo, un gioiello particolare, una foto di un nostro successo o un diploma appeso al muro.
Il mago di Oz è sicuramente anche una storia sulla forza dell’amicizia. L’amicizia tra Dorothy e il suo cagnolino Totò dal quale lei non vuole separarsi costi quello che costi. L’amicizia tra Dorothy e lo Spaventapasseri, l’Uomo di Latta e il Leone. Tutti assieme affrontano l’avventura in questo mondo incantato. È il sostegno che si danno reciprocamente a far sì che tutto finisca bene e che ognuno possa ottenere il risultato desiderato. L’unione fa la forza infatti, non è solo un modo di dire, ma è qualcosa di reale e sperimentabile da ognuno di noi. In quante occasioni difficili l’avere accanto un amico ci ha fatto sentire meglio? Avere una rete di persone alla quale fare riferimento aiuta.
Se si segue la strada dei mattoncini dorati non ci si perde. Restare in un cammino retto e amorevole consente di non smarrirsi. I nostri eroi ascoltano le parole di Glinda, la strega buona del Nord, la quale rappresenta la protezione che proviene dal divino e che ognuno di noi possiede anche quando sembra tutto perduto. La strega dell’Est non può infatti nulla dinnanzi al buon cuore di Dorothy e al bacio di protezione che Glinda ha dato alla bambina e alla fine soccombe, con tutta la sua invidia e cattiveria, sciolta dall’acqua che tutto purifica.
Portiamo poi l’attenzione all’elemento tornado. Il tornado che colpisce la fattoria di Dorothy, e che la catapulta in un’altra realtà lontana dal Kansans, può essere paragonato ad un evento non previsto che potrebbe capitare ad ognuno di noi. All’improvviso, in un attimo, tutto può cambiare. All’imprevedibilità della vita si può reagire in modi diversi. Dorothy vive il cambiamento apportato dal tornado senza perdersi d’animo. È infatti determinata a lasciare il mondo di Oz e a tornare a casa. È disposta ad affrontare tutti gli ostacoli pur di realizzare ciò che per lei conta e lo fa senza snaturarsi ma dimostrando, in ogni occasione, la sua gentilezza e bontà. Dorothy diventa così un esempio di come sia possibile affrontare in modo costruttivo gli accadimenti dolorosi della vita.
Un altro aspetto che si può cogliere da questa vicenda fantastica, è che essa mette in evidenza come possa capitare che sia proprio la lontananza dalla nostra solita vita a farci apprezzare ciò che già abbiamo. Dorothy trova meraviglioso il mondo di Oz e si affeziona sinceramente ai suoi nuovi amici ma sente che il suo posto è altrove, ovvero alla fattoria. Quante volte ci è capitato di desiderare di sbattere tre volte i tacchi delle nostre scarpette rosse per poterci ritrovare subito a casa e salvarci così da situazioni che in realtà non sentivamo affini a noi stessi e ai nostri bisogni? Perché spesso come dice Dorothy: ‹‹Non c’è nessun posto come la propria casa››. E se pensiamo a la casa, non solo come al luogo fisico in cui viviamo, ma anche ad una dimensione interiore di amore e sicurezza alla quale poter sempre tornare, credo che possiamo dirci tutti d’accordo con la piccola Dorothy.
Somewhere, over the rainbow,
Skies are blue
And the dreams that you dare to dream,
Really do come true.
Il mago di Oz è davvero interessante perché, se si osserva più da vicino la storia raccontata, riesce ad offrirci diversi spunti di riflessione.
Pensiamo ad esempio ai tre personaggi che Dorothy incontra lungo il sentiero fatto di mattoncini dorati: lo Spaventapasseri, l’Uomo di Latta, il Leone. Lo Spaventapasseri soffre per il fatto di avere solo della paglia al posto del cervello. Si sente uno stupido. A quanti di noi è capitato di sentirsi come lo Spaventapasseri? Ovvero non abbastanza intelligenti e brillanti? Quante volte non ci siamo sentiti all’altezza di una situazione che stavamo vivendo?
L’Uomo di Latta è un falegname con il corpo di latta dentro al quale non ha un cuore e questo lo fa sentire vuoto di sentimenti. Quante volte anche noi, come l’Uomo di Latta, ci siamo chiesti se siamo in grado di amare davvero? Se il nostro cuore riesce a battere per qualcosa o per qualcuno?
Il Leone ha paura. Teme tutto, perfino la sua stessa ombra, e vorrebbe tanto smettere di essere così pauroso. Quante volte anche noi abbiamo provato paura e siamo scappati davanti alle difficoltà convinti di non riuscire a farcela? Quante volte abbiamo desiderato essere più coraggiosi e forti?
Questi personaggi pensano di avere una grossa mancanza interiore ed è proprio questa presunta mancanza a farli sentire incompleti e quindi infelici. In realtà, durante le avventure vissute con Dorothy, prima per raggiungere il palazzo in cui vive il Mago di Oz, e poi per ottenere la scopa della perfida strega dell’Ovest, ognuno di loro dimostrerà di avere ciò di cui si sente carente. Lo Spaventapasseri brillerà per astuzia e intelligenza. L’uomo di Latta sarà premuroso e amorevole. Il Leone mostrerà coraggio al momento opportuno. Ci vorrà però, alla fine della storia, l’intervento del Mago di Oz per risvegliare la loro consapevolezza assopita. Egli farà infatti comprendere allo Spaventapasseri, all’Uomo di Latta e al Leone, che hanno già dentro di loro quello che cercano. Lo farà portando l’attenzione sul loro operato e assegnando ad ognuno un oggetto simbolico, ossia: un attestato che dimostra l’intelligenza allo Spaventapasseri, un orologio a forma di cuore all’Uomo di Latta, una medaglia al valore al Leone. In certe occasioni un coach dev’essere come il mago di Oz. Dev’essere in grado di far cogliere al cliente che le caratteristiche che pensa di non avere invece le possiede. Deve saper valorizzare il potenziale della persona che a lui si rivolge. Quante volte infatti è stato grazie allo sguardo di un osservatore esterno che ci siamo resi conto di quanto ci sbagliassimo sul nostro conto? Di quanto ci giudicassimo duramente causandoci da soli tanta inutile frustrazione e sofferenza? A volte, per stare bene con noi stessi, occorre che qualcuno di saggio ci mostri che abbiamo già dentro di noi quello che ci serve. A volte avere con sé qualcosa di simbolico da guardare può ricordarci quello che, da soli, dimentichiamo di possedere. Può essere ad esempio: un tatuaggio sul corpo, un gioiello particolare, una foto di un nostro successo o un diploma appeso al muro.
Il mago di Oz è sicuramente anche una storia sulla forza dell’amicizia. L’amicizia tra Dorothy e il suo cagnolino Totò dal quale lei non vuole separarsi costi quello che costi. L’amicizia tra Dorothy e lo Spaventapasseri, l’Uomo di Latta e il Leone. Tutti assieme affrontano l’avventura in questo mondo incantato. È il sostegno che si danno reciprocamente a far sì che tutto finisca bene e che ognuno possa ottenere il risultato desiderato. L’unione fa la forza infatti, non è solo un modo di dire, ma è qualcosa di reale e sperimentabile da ognuno di noi. In quante occasioni difficili l’avere accanto un amico ci ha fatto sentire meglio? Avere una rete di persone alla quale fare riferimento aiuta.
Se si segue la strada dei mattoncini dorati non ci si perde. Restare in un cammino retto e amorevole consente di non smarrirsi. I nostri eroi ascoltano le parole di Glinda, la strega buona del Nord, la quale rappresenta la protezione che proviene dal divino e che ognuno di noi possiede anche quando sembra tutto perduto. La strega dell’Est non può infatti nulla dinnanzi al buon cuore di Dorothy e al bacio di protezione che Glinda ha dato alla bambina e alla fine soccombe, con tutta la sua invidia e cattiveria, sciolta dall’acqua che tutto purifica.
Portiamo poi l’attenzione all’elemento tornado. Il tornado che colpisce la fattoria di Dorothy, e che la catapulta in un’altra realtà lontana dal Kansans, può essere paragonato ad un evento non previsto che potrebbe capitare ad ognuno di noi. All’improvviso, in un attimo, tutto può cambiare. All’imprevedibilità della vita si può reagire in modi diversi. Dorothy vive il cambiamento apportato dal tornado senza perdersi d’animo. È infatti determinata a lasciare il mondo di Oz e a tornare a casa. È disposta ad affrontare tutti gli ostacoli pur di realizzare ciò che per lei conta e lo fa senza snaturarsi ma dimostrando, in ogni occasione, la sua gentilezza e bontà. Dorothy diventa così un esempio di come sia possibile affrontare in modo costruttivo gli accadimenti dolorosi della vita.
Un altro aspetto che si può cogliere da questa vicenda fantastica, è che essa mette in evidenza come possa capitare che sia proprio la lontananza dalla nostra solita vita a farci apprezzare ciò che già abbiamo. Dorothy trova meraviglioso il mondo di Oz e si affeziona sinceramente ai suoi nuovi amici ma sente che il suo posto è altrove, ovvero alla fattoria. Quante volte ci è capitato di desiderare di sbattere tre volte i tacchi delle nostre scarpette rosse per poterci ritrovare subito a casa e salvarci così da situazioni che in realtà non sentivamo affini a noi stessi e ai nostri bisogni? Perché spesso come dice Dorothy: ‹‹Non c’è nessun posto come la propria casa››. E se pensiamo a la casa, non solo come al luogo fisico in cui viviamo, ma anche ad una dimensione interiore di amore e sicurezza alla quale poter sempre tornare, credo che possiamo dirci tutti d’accordo con la piccola Dorothy.
Somewhere, over the rainbow,
Skies are blue
And the dreams that you dare to dream,
Really do come true.