Recentemente, un’iniziativa svolta nell’ambito del mio Comune di residenza, mi ha consentito di trascorrere del tempo con gruppi di ragazzi di età compresa tra i 15 e i 19 anni. Esperienza assolutamente interessante che mi ha regalato molto, e tra questi doni, ho particolarmente apprezzato il fatto di riscoprire la forza del sorriso.
La capacità comunicativa di un sorriso è veramente alta, specialmente se messa in relazione allo sguardo che lo accompagna e alla mimica del viso che lo ospita.
Con le parole si cerca di descrivere ciò che i vari tipi di sorriso possono trasmetterci: gioia, serenità, pace, allegria, spensieratezza, spontaneità, innocenza, beatitudine.
Ma non abbiamo solo sorrisi che offrono sensazioni positive. Possiamo avere sorrisi beffardi, di scherno, malevoli, diabolici.
Una gamma di messaggi amplissima sia in termini di varietà che in termini di intensità.
Ma in questa realtà così variegata, ho notato che i sorrisi dei ragazzi sono in genere diversi dai sorrisi degli adulti e delle persone con “più esperienza”.
Del sorriso di un ragazzo si percepisce la forza, l’energia, la spontaneità, l’immediatezza, la convinzione delle sue ragioni e dei sogni che le alimentano.
Nel sorriso di un adulto, nello sguardo che lo accompagna, si percepisce spesso un velo di rassegnata disillusione, di fatalismo. Anni di esperienze, storie più o meno positive, sembrano frapporsi tra il vivere quotidiano e i sogni, riducendo la spinta idealistica che questi ultimi possono generare.
Capita, confrontando foto dei vent’anni con foto più recenti, di notare questa diversità.
In alcuni casi però, per alcune fortunate persone, l’entusiasmo e la freschezza giovanile rimane. La capacità di contattare il proprio bambino interiore, di restare a lui connessi con un dialogo comunque maturo e consapevole, consente di andare oltre e superare quelle barriere. Permette di vivere il presente con più energia e guardare con speranza al futuro.
Non è però usuale una simile apertura, troppo presi come siamo a gestire relazioni esterne piuttosto che a curare noi stessi, ad ascoltarci e conoscerci. Un aiuto in questo senso può sicuramente arrivare dai counselor e mi piace pensare che vivere tale ruolo, possa contribuire a togliere veli di tristezza e donare respiri di ottimismo.
La capacità comunicativa di un sorriso è veramente alta, specialmente se messa in relazione allo sguardo che lo accompagna e alla mimica del viso che lo ospita.
Con le parole si cerca di descrivere ciò che i vari tipi di sorriso possono trasmetterci: gioia, serenità, pace, allegria, spensieratezza, spontaneità, innocenza, beatitudine.
Ma non abbiamo solo sorrisi che offrono sensazioni positive. Possiamo avere sorrisi beffardi, di scherno, malevoli, diabolici.
Una gamma di messaggi amplissima sia in termini di varietà che in termini di intensità.
Ma in questa realtà così variegata, ho notato che i sorrisi dei ragazzi sono in genere diversi dai sorrisi degli adulti e delle persone con “più esperienza”.
Del sorriso di un ragazzo si percepisce la forza, l’energia, la spontaneità, l’immediatezza, la convinzione delle sue ragioni e dei sogni che le alimentano.
Nel sorriso di un adulto, nello sguardo che lo accompagna, si percepisce spesso un velo di rassegnata disillusione, di fatalismo. Anni di esperienze, storie più o meno positive, sembrano frapporsi tra il vivere quotidiano e i sogni, riducendo la spinta idealistica che questi ultimi possono generare.
Capita, confrontando foto dei vent’anni con foto più recenti, di notare questa diversità.
In alcuni casi però, per alcune fortunate persone, l’entusiasmo e la freschezza giovanile rimane. La capacità di contattare il proprio bambino interiore, di restare a lui connessi con un dialogo comunque maturo e consapevole, consente di andare oltre e superare quelle barriere. Permette di vivere il presente con più energia e guardare con speranza al futuro.
Non è però usuale una simile apertura, troppo presi come siamo a gestire relazioni esterne piuttosto che a curare noi stessi, ad ascoltarci e conoscerci. Un aiuto in questo senso può sicuramente arrivare dai counselor e mi piace pensare che vivere tale ruolo, possa contribuire a togliere veli di tristezza e donare respiri di ottimismo.