Charles Ray, scultore americano di fama internazionale, disegna da vent’anni fiori con petali coloratissimi e stilizzati al mattino presto o alla sera prima di andare a dormire, come esercizio di meditazione. Racconta che il filo rosso dei ricordi lo riporta ad un momento a lui caro, di quando era bambino: la madre gli cantava sempre una canzone: “Where have all the flowers gone”, del cantante folk Peter Seeger. Solo da grandicello comprende realmente il tema di quella canzone, dedicata ai giovani americani partiti per la guerra e non più tornati. Fiori che non sono potuti sbocciare, vite spezzate. In questo periodo il Centro Pompidou di Parigi, museo nazionale d’arte moderna, gli dedica la copertina della sua rivista e una ventina di pagine, come anche l’esposizione al museo di un suo grande foglio fiorito, dipinto con pennelli tecnici giapponesi da calligrafia, al fine di ricordare le vittime da Covid-19.
In questa seconda primavera trascorsa con la pandemia in corso, problema molto sentito e opportunità evolutiva per chi ha una sensibilità ecologica, l’esercizio di Charles Ray mi ha colpito e ispirato: ho cercato un mio modo di cogliere l’essenza della sua pratica meditativa sui fiori, consapevole della fragile bellezza e caducità dei fiori che segnalano la rinascita, dopo il periodo invernale. Il mio scopo è celebrare l’istante glorioso della natura, all’interno della sua spontanea ciclicità. Esistono le viole selvatiche, le violacce e le viole del pensiero. A quale viola voglio assomigliare? Mi considero parte di quel gruppo di persone sempreverdi che non hanno mai abbandonato l’infanzia e forse per questo amo ridere, giocare, con i colori accesi, primari, che mi trasmettono gioia e intensità. Osservando i bambini dipingere, con i colori “da dita”, mi sono chiesta: ma io che ricordi ho della mia infanzia, di questo tipo di esperienze? Dipingere con il corpo, con le dita delle mani e dei piedi, mi era concesso? Non era nel protocollo educativo di mia madre e così, con il rinnovato piacere di una bambina che fa una marachella e ne è orgogliosa, ho iniziato a creare le mie composizioni fiorite, in stato di flow, col sottofondo di una musica piacevole e strofinando sulla tela il colore con le dita. Acrilici, tempere, chine… e ogni tanto mi segno qualche appunto espressivo:
'Sono luoghi preziosi,
di una luce instancabile,
i gesti delle mani,
le mani delle parole.'
Il risultato d’insieme, emerge velocemente. Sento una serenità profonda e una pienezza gentile. Mi sono data il permesso di creare! Ho sperimentato qualcosa di nuovo. In questo, mi sento fortemente gestaltica. Sono qui, sono creativa, sono inventiva! L’arte e l’arteterapia, sono per me grandi risorse. Per me, per gli altri. Nella mia vita ho l’attitudine di coltivare e valorizzare i talenti altrui, con la stessa passione con cui curo il mio giardino: uno dei miei primi automatismi del mattino, appena alzata, è innaffiare le piante. Mi risveglio completamente dal torpore del sonno, con la fragranza pungente delle erbe aromatiche, mentre l’acqua gorgoglia copiosamente dal collo dell’innaffiatoio: per il mio arousal mattutino, questo è meglio di un caffè bollente! Mi muovo in silenzio e intanto cerco qualche traccia delle mie gattone, nascoste tra i vasi, gli arbusti e le piccole siepi. Se si scelgono le piante giuste, anche in inverno un giardino pensile dà le sue soddisfazioni: può essere rigoglioso e colorato. Il piacere maggiore, è fermarsi per un attimo, lontani dal rumore del mondo e immergersi nella contemplazione degli elementi naturali, che accarezzano i sensi: l’aria sulla pelle, i profumi, l’armonia percettiva d’insieme, il contatto delle dite con la terra, l’odore che resta sui polpastrelli... E il cinguettio di passeri e merli, mescolato al tintinnio delle ali dei miei uccelli di latta, raccolti in un vecchio negozio d’antiquariato. Pratico il reiki per non usare pesticidi ove possibile e fertilizzanti naturali. Semino i fiori per gli insetti utili e sono iscritta ad alcune associazioni per le tutela del territorio e degli animali. Nel sottotetto, tengo un rilevatore per le polveri sottili. Lo utilizzo anche in casa, per testare certi materiali di uso comune. Ho scoperto delle tristi verità…
Nel mio giardino, tutto è vivo: quello che sembra un paesaggio immobile, è invece l’occasione per cogliere segnali sottili, che le piante ci inviano continuamente. Niente di magico o new age, in verità. Ci sono gli splendidi libri dello scienziato Stefano Mancuso a spiegarlo, con i suoi studi sulla neurobiologia vegetale. Ci sono arrivata “per caso”. Cercando un libro del teologo Vito Mancuso, qualche anno fa sono incappata in un testo di un “altro” Mancuso , che trasmette valori e norme etiche profonde: quelle degli alberi. Ma cosa capiranno gli alberi della pratica dello shinrin-yoku? Godranno anche loro come noi di un qualche beneficio, quando li abbracciamo, accarezzando la loro corteccia come fossero dei vecchi cani dal pelo irsuto? Si dice tra le altre cose, che le piante abbiano il senso della comunità, che rispettino un equilibrio di gruppo. E noi, cosa abbiamo realmente compreso (nel senso di un “sapere integrale”… in cui la cognizione intellettuale, il sentimento e l’emozione si fondono insieme con l’azione, all’unisono…) fino a qui e a partire dai primi discorsi di Naess, degli anni ’70, sull’Ecologia Profonda? In fondo l’ecologia è la via per un intenso ed emozionante cammino di umanizzazione e riscoperta di chi siamo. E di chi siamo stati: la natural mind della donna arcaica che è dentro di me, gode in ogni sua terminazione nervosa, quando decido di camminare a piedi scalzi sull’erba. “Clorofilliamoci!” è l’imperativo attuale dell’ultimo testo di Ecopsicologia di Marcella Danon. E così, anche recupero il bell’ Esercizio psicosintetico della Rosa” di Roberto Assagioli e mi immagino fiore che sboccia in tutto il suo splendore… Sento che il rispetto per la natura, cioè per Tutti noi, è anche realizzazione piena e armonica di sé. E questo mi commuove… L’uomo a contatto con la natura, ritrova se stesso, la propria centratura, percepisce di essere parte di qualcosa di più grande, fragile nei suoi equilibri e prezioso. Può sperimentare concretamente l’interdipendenza di tutte le cose entro la biosfera e partecipare come co-creatore alla cura e al mantenimento dei propri luoghi, così da preservarli per le prossime generazioni. In questo momento drammatico, la coscienza umana può trarre vantaggio dalla crisi per discriminare opportunamente ciò che ci permette di fare il salto verso una maggiore sensibilità e avvedutezza. Può essere davvero una primavera nuova, di rinascita e trasformazione verso stili di vita più sani… Ci perdonerà mai la Terra, come una madre sufficientemente buona, per le conseguenze forse irreversibili della nostra orda barbarica?
Le mie prossime esposizioni come artista sono tutte a tematica ambientalista. Nel qui e ora mi ispiro all’eco-teologia di Matthew Fox e alle bellissime pagine che lui dedica agli artisti, come porte per una nuova percezione. L’arte libera la nostra capacità di sentire, vedere e conoscere in modo nuovo, trascendente: è una esperienza di soglia.
“Il perdono è il profumo che la viola lascia sul tacco, di chi l'ha calpestata.”
Mark Twain
In questa seconda primavera trascorsa con la pandemia in corso, problema molto sentito e opportunità evolutiva per chi ha una sensibilità ecologica, l’esercizio di Charles Ray mi ha colpito e ispirato: ho cercato un mio modo di cogliere l’essenza della sua pratica meditativa sui fiori, consapevole della fragile bellezza e caducità dei fiori che segnalano la rinascita, dopo il periodo invernale. Il mio scopo è celebrare l’istante glorioso della natura, all’interno della sua spontanea ciclicità. Esistono le viole selvatiche, le violacce e le viole del pensiero. A quale viola voglio assomigliare? Mi considero parte di quel gruppo di persone sempreverdi che non hanno mai abbandonato l’infanzia e forse per questo amo ridere, giocare, con i colori accesi, primari, che mi trasmettono gioia e intensità. Osservando i bambini dipingere, con i colori “da dita”, mi sono chiesta: ma io che ricordi ho della mia infanzia, di questo tipo di esperienze? Dipingere con il corpo, con le dita delle mani e dei piedi, mi era concesso? Non era nel protocollo educativo di mia madre e così, con il rinnovato piacere di una bambina che fa una marachella e ne è orgogliosa, ho iniziato a creare le mie composizioni fiorite, in stato di flow, col sottofondo di una musica piacevole e strofinando sulla tela il colore con le dita. Acrilici, tempere, chine… e ogni tanto mi segno qualche appunto espressivo:
'Sono luoghi preziosi,
di una luce instancabile,
i gesti delle mani,
le mani delle parole.'
Il risultato d’insieme, emerge velocemente. Sento una serenità profonda e una pienezza gentile. Mi sono data il permesso di creare! Ho sperimentato qualcosa di nuovo. In questo, mi sento fortemente gestaltica. Sono qui, sono creativa, sono inventiva! L’arte e l’arteterapia, sono per me grandi risorse. Per me, per gli altri. Nella mia vita ho l’attitudine di coltivare e valorizzare i talenti altrui, con la stessa passione con cui curo il mio giardino: uno dei miei primi automatismi del mattino, appena alzata, è innaffiare le piante. Mi risveglio completamente dal torpore del sonno, con la fragranza pungente delle erbe aromatiche, mentre l’acqua gorgoglia copiosamente dal collo dell’innaffiatoio: per il mio arousal mattutino, questo è meglio di un caffè bollente! Mi muovo in silenzio e intanto cerco qualche traccia delle mie gattone, nascoste tra i vasi, gli arbusti e le piccole siepi. Se si scelgono le piante giuste, anche in inverno un giardino pensile dà le sue soddisfazioni: può essere rigoglioso e colorato. Il piacere maggiore, è fermarsi per un attimo, lontani dal rumore del mondo e immergersi nella contemplazione degli elementi naturali, che accarezzano i sensi: l’aria sulla pelle, i profumi, l’armonia percettiva d’insieme, il contatto delle dite con la terra, l’odore che resta sui polpastrelli... E il cinguettio di passeri e merli, mescolato al tintinnio delle ali dei miei uccelli di latta, raccolti in un vecchio negozio d’antiquariato. Pratico il reiki per non usare pesticidi ove possibile e fertilizzanti naturali. Semino i fiori per gli insetti utili e sono iscritta ad alcune associazioni per le tutela del territorio e degli animali. Nel sottotetto, tengo un rilevatore per le polveri sottili. Lo utilizzo anche in casa, per testare certi materiali di uso comune. Ho scoperto delle tristi verità…
Nel mio giardino, tutto è vivo: quello che sembra un paesaggio immobile, è invece l’occasione per cogliere segnali sottili, che le piante ci inviano continuamente. Niente di magico o new age, in verità. Ci sono gli splendidi libri dello scienziato Stefano Mancuso a spiegarlo, con i suoi studi sulla neurobiologia vegetale. Ci sono arrivata “per caso”. Cercando un libro del teologo Vito Mancuso, qualche anno fa sono incappata in un testo di un “altro” Mancuso , che trasmette valori e norme etiche profonde: quelle degli alberi. Ma cosa capiranno gli alberi della pratica dello shinrin-yoku? Godranno anche loro come noi di un qualche beneficio, quando li abbracciamo, accarezzando la loro corteccia come fossero dei vecchi cani dal pelo irsuto? Si dice tra le altre cose, che le piante abbiano il senso della comunità, che rispettino un equilibrio di gruppo. E noi, cosa abbiamo realmente compreso (nel senso di un “sapere integrale”… in cui la cognizione intellettuale, il sentimento e l’emozione si fondono insieme con l’azione, all’unisono…) fino a qui e a partire dai primi discorsi di Naess, degli anni ’70, sull’Ecologia Profonda? In fondo l’ecologia è la via per un intenso ed emozionante cammino di umanizzazione e riscoperta di chi siamo. E di chi siamo stati: la natural mind della donna arcaica che è dentro di me, gode in ogni sua terminazione nervosa, quando decido di camminare a piedi scalzi sull’erba. “Clorofilliamoci!” è l’imperativo attuale dell’ultimo testo di Ecopsicologia di Marcella Danon. E così, anche recupero il bell’ Esercizio psicosintetico della Rosa” di Roberto Assagioli e mi immagino fiore che sboccia in tutto il suo splendore… Sento che il rispetto per la natura, cioè per Tutti noi, è anche realizzazione piena e armonica di sé. E questo mi commuove… L’uomo a contatto con la natura, ritrova se stesso, la propria centratura, percepisce di essere parte di qualcosa di più grande, fragile nei suoi equilibri e prezioso. Può sperimentare concretamente l’interdipendenza di tutte le cose entro la biosfera e partecipare come co-creatore alla cura e al mantenimento dei propri luoghi, così da preservarli per le prossime generazioni. In questo momento drammatico, la coscienza umana può trarre vantaggio dalla crisi per discriminare opportunamente ciò che ci permette di fare il salto verso una maggiore sensibilità e avvedutezza. Può essere davvero una primavera nuova, di rinascita e trasformazione verso stili di vita più sani… Ci perdonerà mai la Terra, come una madre sufficientemente buona, per le conseguenze forse irreversibili della nostra orda barbarica?
Le mie prossime esposizioni come artista sono tutte a tematica ambientalista. Nel qui e ora mi ispiro all’eco-teologia di Matthew Fox e alle bellissime pagine che lui dedica agli artisti, come porte per una nuova percezione. L’arte libera la nostra capacità di sentire, vedere e conoscere in modo nuovo, trascendente: è una esperienza di soglia.
“Il perdono è il profumo che la viola lascia sul tacco, di chi l'ha calpestata.”
Mark Twain