Capitano, a volte, situazioni in cui si è talmente concentrati su una convinzione che non si riesca a discernere la parola scritta da quello che crediamo ci sia scritto. Esempio classico quando si riceve un sms, in cui leggiamo un significato, in mancanza di punteggiature e codici veloci e abbreviati, inclusa qualche sbavatura linguistica, che, in realtà non è quello inteso dal mittente, eppure si dà una risposta secondo quello che si è fissato nella mente, attraverso un’emozione. Poi accade che un lumino improvviso si accende e … finalmente vediamo quello che in realtà era un semplice senso che non poteva essere frainteso, era lì, a guardarci, nella sua ingenua verità.
Quante volte leggiamo significati che, di fatto, non appartengono a quella situazione? Sono automatismi della mente che si attivano, attraverso una nostra “parte” o Subpersonalità in termini psicosintetici, per cui “diventiamo e vediamo altro” da ciò che siamo e da ciò che avremmo dovuto intendere in modo oggettivamente incontrovertibile. In pieno “ruolo attivato” funzione mentale e funzione emozionale si intrecciano e possono distorcere la “mappa” e rimandarci un “falso intendimento”. Spesso siamo in balìa di queste “Subpersonalità” che ci fanno essere oggi in un modo, domani in un altro, con il datore di lavoro un altro ancora, e via dicendo: non siamo pazzi o disgregati, bensì siamo parti e dovremmo impegnarci a fondo per “sintetizzare” queste nostre “voci”, dando spazio e cittadinanza a ognuna di loro, cercando di “vederle” ogni volta che si manifestano. Una parola molto cara a Goleman è attenzione: è importante prestare attenzione a se stessi, al proprio stile comunicativo ed espressivo, al proprio sentire, al proprio modo di intrecciare i pensieri, i dubbi, le zone d’ombre che ci fanno diventare diffidenti a prescindere. Siamo “mondi complessi” e dobbiamo andarci piano, che la mente è come una sirena incantatrice a volte: ci fa credere di aver perso il lume della ragione e, in realtà, si sta portando dove vuole lei.
Gli automatismi sono davvero potenti: impariamo a riconoscerli.
Provate a scrivere, per una settimana, la sera, ritagliandovi un momento per voi, quello che avete vissuto, in sintesi durante il giorno, provate a tornare sul vostro stato d’animo in due o tre situazioni diverse: come eravate, sempre gli stessi? Che linguaggio avere utilizzato? Negativo o positivo? Eravate titubanti, sospettosi oppure i pensieri fluivano liberamente? Come stavate emotivamente? Scegliete tre momenti della giornata, mattino, pomeriggio e sera e provate … avete prestato attenzione a sufficienza?
Il nostro cervello è fatto in modo che l’attenzione sia tanto più alta quanto più un avvenimento suscita emozioni.
(Piero Angela)
Quante volte leggiamo significati che, di fatto, non appartengono a quella situazione? Sono automatismi della mente che si attivano, attraverso una nostra “parte” o Subpersonalità in termini psicosintetici, per cui “diventiamo e vediamo altro” da ciò che siamo e da ciò che avremmo dovuto intendere in modo oggettivamente incontrovertibile. In pieno “ruolo attivato” funzione mentale e funzione emozionale si intrecciano e possono distorcere la “mappa” e rimandarci un “falso intendimento”. Spesso siamo in balìa di queste “Subpersonalità” che ci fanno essere oggi in un modo, domani in un altro, con il datore di lavoro un altro ancora, e via dicendo: non siamo pazzi o disgregati, bensì siamo parti e dovremmo impegnarci a fondo per “sintetizzare” queste nostre “voci”, dando spazio e cittadinanza a ognuna di loro, cercando di “vederle” ogni volta che si manifestano. Una parola molto cara a Goleman è attenzione: è importante prestare attenzione a se stessi, al proprio stile comunicativo ed espressivo, al proprio sentire, al proprio modo di intrecciare i pensieri, i dubbi, le zone d’ombre che ci fanno diventare diffidenti a prescindere. Siamo “mondi complessi” e dobbiamo andarci piano, che la mente è come una sirena incantatrice a volte: ci fa credere di aver perso il lume della ragione e, in realtà, si sta portando dove vuole lei.
Gli automatismi sono davvero potenti: impariamo a riconoscerli.
Provate a scrivere, per una settimana, la sera, ritagliandovi un momento per voi, quello che avete vissuto, in sintesi durante il giorno, provate a tornare sul vostro stato d’animo in due o tre situazioni diverse: come eravate, sempre gli stessi? Che linguaggio avere utilizzato? Negativo o positivo? Eravate titubanti, sospettosi oppure i pensieri fluivano liberamente? Come stavate emotivamente? Scegliete tre momenti della giornata, mattino, pomeriggio e sera e provate … avete prestato attenzione a sufficienza?
Il nostro cervello è fatto in modo che l’attenzione sia tanto più alta quanto più un avvenimento suscita emozioni.
(Piero Angela)