Quando in famiglia genitori e figli si riuniscono quotidianamente attorno ad una tavola, a pranzo o a cena, o semplicemente in un angolo preferito della casa, si viene a creare un rito familiare, si rievoca il cosiddetto ‘focolare domestico’: un vero e proprio laboratorio esperienziale.
In che modo comunichiamo con i nostri figli? Attraverso quali ‘registri’ avviene il dialogo? Il genitore, sovente, apre l’indagine verbale sui fatti e i vissuti del proprio figlio durante la giornata. Si fanno domande su ciò che è successo tra i banchi di scuola, esiti più o meno felici di prove e verifiche, poi il tempo libero con gli amici e le attività ricreative.
In un sottofondo confuso, le menti parlano, le informazioni passano ma l’attenzione e l’ascolto dell’adulto non sono sempre presenti al figlio e ai messaggi che vuole comunicare. Certamente, lo stress di una lunga giornata fitta di impegni si fa sentire con stanchezza mentale e fisica. Il punto allora è: quando e quanto spesso in una famiglia si vive un vero e proprio laboratorio familiare?
Per ‘laboratorio’ intendiamo un momento di incontro intimo tra i partecipanti, in cui mentre le menti raccontano le loro storie, ci si focalizza e concentra sul momento presente che si sta vivendo. In questo caso, un genitore provando a staccare la spina dai suoi pensieri, diventa accogliente e si allena ad ascoltare suo figlio ad un volume più alto, così da percepire la sua parte più delicata e silenziosa: l’emozione. Attraverso l’ascolto empatico, l’adulto si accorge che emergono tutta una serie di stati d’animo che animano lo sfondo delle esperienze che vive il bambino. Ansia, sfiducia, disagio ma anche gioia , spensieratezza, ottimismo. Da qui si può iniziare un dialogo costruttivo, in cui per un momento viene interrotta la distanza fra ruoli, genitori e figli si prendono per mano e imparano a comunicare insieme attraverso emozioni e sensazioni, che spesso fanno da specchio.
L’invito è quello di creare sempre più spesso laboratori di scambio, dove le semplici parole lasciano spazio a emozioni e richiami sensibili che hanno bisogno di essere ascoltati.
In che modo comunichiamo con i nostri figli? Attraverso quali ‘registri’ avviene il dialogo? Il genitore, sovente, apre l’indagine verbale sui fatti e i vissuti del proprio figlio durante la giornata. Si fanno domande su ciò che è successo tra i banchi di scuola, esiti più o meno felici di prove e verifiche, poi il tempo libero con gli amici e le attività ricreative.
In un sottofondo confuso, le menti parlano, le informazioni passano ma l’attenzione e l’ascolto dell’adulto non sono sempre presenti al figlio e ai messaggi che vuole comunicare. Certamente, lo stress di una lunga giornata fitta di impegni si fa sentire con stanchezza mentale e fisica. Il punto allora è: quando e quanto spesso in una famiglia si vive un vero e proprio laboratorio familiare?
Per ‘laboratorio’ intendiamo un momento di incontro intimo tra i partecipanti, in cui mentre le menti raccontano le loro storie, ci si focalizza e concentra sul momento presente che si sta vivendo. In questo caso, un genitore provando a staccare la spina dai suoi pensieri, diventa accogliente e si allena ad ascoltare suo figlio ad un volume più alto, così da percepire la sua parte più delicata e silenziosa: l’emozione. Attraverso l’ascolto empatico, l’adulto si accorge che emergono tutta una serie di stati d’animo che animano lo sfondo delle esperienze che vive il bambino. Ansia, sfiducia, disagio ma anche gioia , spensieratezza, ottimismo. Da qui si può iniziare un dialogo costruttivo, in cui per un momento viene interrotta la distanza fra ruoli, genitori e figli si prendono per mano e imparano a comunicare insieme attraverso emozioni e sensazioni, che spesso fanno da specchio.
L’invito è quello di creare sempre più spesso laboratori di scambio, dove le semplici parole lasciano spazio a emozioni e richiami sensibili che hanno bisogno di essere ascoltati.