Trovo che ambedue i racconti siano legati al nostro percorso e ritengo che le due storie, anche se la prima è più romanzata della seconda, raccontino le vicende di atleti che non vincono nelle discipline nelle quali partecipano, ma si impongono come uomini. Sono loro gli eroi, quelli che non mollano mai e che si trovano a dover affrontare difficoltà che sembrano imprese impossibili, ma che grazie alla loro volontà ferrea, alla dedizione e alla convinzione, diventano fattibili.
Inevitabile è il confronto. Io sarei capace di fare altrettanto, di avere tanta volontà, dedizione e convinzione da essere capace di affrontare “un’impresa impossibile” con la stessa dedizione e fermezza che questi atleti hanno dimostrato essere necessaria per raggiungere il loro obiettivo? Una parte di me tenta di indorare la pillola e di farmi notare che quelli che ho citato in fondo sono dei personaggi di una realtà romanzata e quindi in verità non sono altro che il frutto della narrazione di una favola, bella, con una splendida morale, ma pur sempre una favola. Ma questa giustificazione regge poco; mi vengono alla mente episodi, tremendamente reali, come le vicende umane e sportive di Bebe Vio e di Alex Zanardi, ambedue quasi schiacciati, ma con la forza di rialzarsi e tornare a combattere e, nei loro specifici casi, anche a vincere.
Quello che secondo me accomuna tutte queste persone è il verbo “Volere” e l’uso che essi ne hanno fatto e ne fanno quotidianamente. La lingua italiana è ricca e talmente variegata che ad ogni parola, ad ogni verbo è possibile associare differenti significati che hanno senso solo nel contesto nel quale sono espressi; è possibile verificarlo in un qualsiasi vocabolario. Ciò che ci ricordano e insegnano questi personaggi è quanto sia importante nei momenti di sconforto e di abbattimento, la capacità di usare il verbo “io voglio” nella sua accezione più imperativa. Volere significa essere deciso a ottenere qualcosa, ovvero avere la ferma intenzione di operare per il conseguimento di un risultato e di considerare con lucida certezza che “Volere è potere”, ovvero che chi davvero vuole ottenere qualcosa non si ferma davanti a nessuna difficoltà.
Il mio “io voglio” è certamente meno imperativo di quelli sopra citati e dal tempo dell’infanzia è stato condito con una cultura che ad ogni “io voglio” rispondeva in modo automatico ed immediato “l’erba voglio non esiste nemmeno nel giardino del re”, lasciandomi ammutolito e senza nessuna capacità di ribattere. La richiesta e l’eventuale discussione finiva, prima o poi, con questo detto, in fondo senza farmi capire se la mia richiesta era un capriccio o una richiesta che, seppur comprensibile, non poteva essere esaudita per una qualche reale esigenza familiare.
Ma oggi, sono certo, questa favola non è vera. L’erba voglio cresce nel giardino del re ed ognuno di noi è il re che può farla crescere nel proprio giardino. È un’erba molto delicata che va coltivata personalmente, con molta attenzione e della quale non bisogna abusare perché in questi casi certamente ci porta alla sconfitta sia come uomini che come sportivi. Ma se dopo una caduta vogliamo davvero risollevarci è un potente alleato e diventa fortissima per permetterci di costruire nuove basi più solide dalle quali ripartire per affrontare nuove sfide con maggiore consapevolezza di noi, delle nostre possibilità e qualità.