Nel mercato del lavoro, stanno emergendo nuove figure professionali (coach, counselor, consulenti, altri) e istituzioni (associazioni, enti di accreditamento, altri) che portano alla luce, valorizzano e codificano le competenze allo scopo di rendere più efficienti i rapporti umani e più produttivi i risultati sul lavoro.
La complessità del reale e la specificità delle competenze di ogni settore, rappresentano il tentativo di canalizzare il corso di un fiume in un secchio, ma rappresentano anche la prova e la necessità di codificare e uniformare le conoscenze per essere apprese ed esercitate in funzione della propria attività.
Qual è, dunque, il punto critico che collega la complessità del reale e le forme e le azioni efficienti di ogni professione? Quali sono i modelli da cui eventualmente partire per definire quali sono le competenze e il loro grado di complessità, riconoscibilità e utilità, nel mondo del lavoro?
Un evoluto concetto di competenza è traducibile nel mix di capitale umano (Empowerment) che ci rende unici, indivisibili e olistici.
La prima parte della torta del capitale umano è rappresentato dalle conoscenze tecnico specialistiche. Il primo passo per farle emergere riguarda la conoscenza della disciplina. E’ ciò che si deve sapere per esercitare un particolare mestiere.
Queste conoscenze, si imparano esponendosi ad una formazione. Sono identificative di uno specifico ambito professionale, senza le quali è difficile parlare di esercizio di una professione.
Le conoscenze tecnico specialistiche però appiattiscono l’individuo e lo uniformano a degli standard. Il passaggio che contraddistingue l’individuo e lo rende unico, è la possibilità, invece, di sperimentarsi, trasformando le conoscenze cognitive e tecniche, in abilità e in saper fare.
Le abilità mettono in pratica le conoscenze. Non si eseguono, banalmente, attraverso una procedura per fasi, ma vengono agite attraverso la comprensione di un determinato contesto. Maturano attraverso l’esperienza di ore di applicazione e un processo di adattamento e flessibilità ai contesti specifici nei quali si opera.
Il colloquio è un esempio. Leggere una situazione, un individuo o un contesto riguardano queste specifiche abilità, uniche e individuali. E’ un modo pensante di adattare modelli di esperienze, repertori di conoscenze ed esperienze di altri, in modo flessibile alle circostanze e alle complessità degli eventi. Queste conoscenze, si sviluppano attraverso l’osservazione, lo stare con gli altri e un mentore che indirizza sul come fare.
E’ la professionalità applicata ad ogni specifico contesto.
Non basta fare un corso di formazione per diventare abili, bisogna lavorare sul campo, dove si capisce facendo e dove si impara dagli errori. E nel nostro campo, dove devono emergere porzioni dell’essere (‘essere come’, ‘essere con’, ‘essere per’, ‘essere di più’) rappresenta lo stadio evolutivo delle acquisizioni delle nostre specifiche abilità.
Ma tutto ciò non basta e occorrono, inoltre, delle competenze sociali, manageriali, trasversali alle specializzazioni disciplinari. E cioè le capacità comunicativo relazionali. Bisogna saper comunicare e trasferire le proprie competenze disciplinari. L’ascolto, la comunicazione integrata, la chiarezza comunicativa, oltre ad essere delle abilità sociali generali, sono, nel nostro ambito, delle competenze tecnico specialistiche. Questo discorso vale per tutte le professioni: comunicare efficacemente crea valore.
Le capacità organizzative (darsi degli obiettivi, realizzare compiti specifici, delegare, regolare tempi e sistemi, integrare il lavoro) fanno capo invece alle competenze manageriali. Queste riguardano delle competenze dinamiche, come lo sono la conoscenza dei sistemi informativi e il rispetto delle regole. Bisogna saperle leggere come informazioni utili e integrarle alla propria esperienza e realtà.
Il provenire da un ambito che sviluppa le competenze interiori (coach e counseling) non impedisce di fare esperienza di queste competenze. Anzi, le arricchisce per qualità e profondità.
L’ulteriore campo delle competenze necessarie all’empowerment è relativo all’etica dei comportamenti.
Riguarda la comprensione dell’etica e dei valori che stanno a alla base dei comportamenti di ogni professionista. Le domande etiche rispondono al: ‘perché faccio questo?’, ‘come dovrei farlo?’, ‘come lo comunico?’, ‘come voglio essere?’ E ancora, ‘dov’è il confine di un comportamento idoneo e corretto?’, ‘dove inizia il bene e dove finisce il male? , ‘dov’è la coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa?, ‘dov’è la coerenza nell’essere se stessi?’.
Per concludere, in ogni professione le conoscenze, le competenze, le abilità e l’etica guardano al futuro e cercano una sintesi tra informazioni, complessità, schemi organizzativi e risultati.
Noi siamo lì, pronti a far emergere un futuro professionale sinergico, in un progetto olistico, come innovativi promotori del nostro capitale umano (Empowerment).
La complessità del reale e la specificità delle competenze di ogni settore, rappresentano il tentativo di canalizzare il corso di un fiume in un secchio, ma rappresentano anche la prova e la necessità di codificare e uniformare le conoscenze per essere apprese ed esercitate in funzione della propria attività.
Qual è, dunque, il punto critico che collega la complessità del reale e le forme e le azioni efficienti di ogni professione? Quali sono i modelli da cui eventualmente partire per definire quali sono le competenze e il loro grado di complessità, riconoscibilità e utilità, nel mondo del lavoro?
Un evoluto concetto di competenza è traducibile nel mix di capitale umano (Empowerment) che ci rende unici, indivisibili e olistici.
La prima parte della torta del capitale umano è rappresentato dalle conoscenze tecnico specialistiche. Il primo passo per farle emergere riguarda la conoscenza della disciplina. E’ ciò che si deve sapere per esercitare un particolare mestiere.
Queste conoscenze, si imparano esponendosi ad una formazione. Sono identificative di uno specifico ambito professionale, senza le quali è difficile parlare di esercizio di una professione.
Le conoscenze tecnico specialistiche però appiattiscono l’individuo e lo uniformano a degli standard. Il passaggio che contraddistingue l’individuo e lo rende unico, è la possibilità, invece, di sperimentarsi, trasformando le conoscenze cognitive e tecniche, in abilità e in saper fare.
Le abilità mettono in pratica le conoscenze. Non si eseguono, banalmente, attraverso una procedura per fasi, ma vengono agite attraverso la comprensione di un determinato contesto. Maturano attraverso l’esperienza di ore di applicazione e un processo di adattamento e flessibilità ai contesti specifici nei quali si opera.
Il colloquio è un esempio. Leggere una situazione, un individuo o un contesto riguardano queste specifiche abilità, uniche e individuali. E’ un modo pensante di adattare modelli di esperienze, repertori di conoscenze ed esperienze di altri, in modo flessibile alle circostanze e alle complessità degli eventi. Queste conoscenze, si sviluppano attraverso l’osservazione, lo stare con gli altri e un mentore che indirizza sul come fare.
E’ la professionalità applicata ad ogni specifico contesto.
Non basta fare un corso di formazione per diventare abili, bisogna lavorare sul campo, dove si capisce facendo e dove si impara dagli errori. E nel nostro campo, dove devono emergere porzioni dell’essere (‘essere come’, ‘essere con’, ‘essere per’, ‘essere di più’) rappresenta lo stadio evolutivo delle acquisizioni delle nostre specifiche abilità.
Ma tutto ciò non basta e occorrono, inoltre, delle competenze sociali, manageriali, trasversali alle specializzazioni disciplinari. E cioè le capacità comunicativo relazionali. Bisogna saper comunicare e trasferire le proprie competenze disciplinari. L’ascolto, la comunicazione integrata, la chiarezza comunicativa, oltre ad essere delle abilità sociali generali, sono, nel nostro ambito, delle competenze tecnico specialistiche. Questo discorso vale per tutte le professioni: comunicare efficacemente crea valore.
Le capacità organizzative (darsi degli obiettivi, realizzare compiti specifici, delegare, regolare tempi e sistemi, integrare il lavoro) fanno capo invece alle competenze manageriali. Queste riguardano delle competenze dinamiche, come lo sono la conoscenza dei sistemi informativi e il rispetto delle regole. Bisogna saperle leggere come informazioni utili e integrarle alla propria esperienza e realtà.
Il provenire da un ambito che sviluppa le competenze interiori (coach e counseling) non impedisce di fare esperienza di queste competenze. Anzi, le arricchisce per qualità e profondità.
L’ulteriore campo delle competenze necessarie all’empowerment è relativo all’etica dei comportamenti.
Riguarda la comprensione dell’etica e dei valori che stanno a alla base dei comportamenti di ogni professionista. Le domande etiche rispondono al: ‘perché faccio questo?’, ‘come dovrei farlo?’, ‘come lo comunico?’, ‘come voglio essere?’ E ancora, ‘dov’è il confine di un comportamento idoneo e corretto?’, ‘dove inizia il bene e dove finisce il male? , ‘dov’è la coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa?, ‘dov’è la coerenza nell’essere se stessi?’.
Per concludere, in ogni professione le conoscenze, le competenze, le abilità e l’etica guardano al futuro e cercano una sintesi tra informazioni, complessità, schemi organizzativi e risultati.
Noi siamo lì, pronti a far emergere un futuro professionale sinergico, in un progetto olistico, come innovativi promotori del nostro capitale umano (Empowerment).