Mi piace passeggiare tra le rovine di un vecchio castello, di un foro imperiale,
tra i resti a cielo aperto di un tempio ormai sconsacrato.
Blocchi di pietra informi tra i cui anfratti è cresciuta l’erba ed il muschio,
mi sembrano belli, a volte più belli che se fossero integri.
Rovine, a ricordarmi che nulla è eterno, che tutto muta, tutto si trasforma.
Accanto alla magnificenza artistica ed all’ingegno architettonico,
mi piace immaginare il potere organizzato che esercita la sua coercizione,
come se ci fosse una cerimonia in corso:
un rito sociale, una funzione religiosa, una parata militare.
Mi piace saltare tra quei blocchi di pietra e quelli dell’anima.
Questione d’equilibrio.
Le rovine del potere diventano così luogo d’ispirazione:
rivelano i poteri che conducono in rovina.
Mi piace sostare tra le mie macerie ed indagare sulle mie investiture.
Così, ciò che è stata la mia rovina, diventa un luogo da attraversare.
A passeggio, un paesaggio, un passaggio.
A volte, sulle vecchie rovine nasce un nuovo edificio.
Le città di potere, sedimento dopo sedimento, svelano pietre tutt’altro che mute.
E, dentro me, macigni ululanti, pietre angolari di vecchie costruzioni,
si fanno lapidi, altari votivi, tramezzi e contrafforti.
Mi piace soffermarmi tra le mura cedevoli del sistema difensivo.
Tra le brecce ed i varchi, scoprire la luce che filtra.
tra i resti a cielo aperto di un tempio ormai sconsacrato.
Blocchi di pietra informi tra i cui anfratti è cresciuta l’erba ed il muschio,
mi sembrano belli, a volte più belli che se fossero integri.
Rovine, a ricordarmi che nulla è eterno, che tutto muta, tutto si trasforma.
Accanto alla magnificenza artistica ed all’ingegno architettonico,
mi piace immaginare il potere organizzato che esercita la sua coercizione,
come se ci fosse una cerimonia in corso:
un rito sociale, una funzione religiosa, una parata militare.
Mi piace saltare tra quei blocchi di pietra e quelli dell’anima.
Questione d’equilibrio.
Le rovine del potere diventano così luogo d’ispirazione:
rivelano i poteri che conducono in rovina.
Mi piace sostare tra le mie macerie ed indagare sulle mie investiture.
Così, ciò che è stata la mia rovina, diventa un luogo da attraversare.
A passeggio, un paesaggio, un passaggio.
A volte, sulle vecchie rovine nasce un nuovo edificio.
Le città di potere, sedimento dopo sedimento, svelano pietre tutt’altro che mute.
E, dentro me, macigni ululanti, pietre angolari di vecchie costruzioni,
si fanno lapidi, altari votivi, tramezzi e contrafforti.
Mi piace soffermarmi tra le mura cedevoli del sistema difensivo.
Tra le brecce ed i varchi, scoprire la luce che filtra.