Non sono le cose in se stesse a preoccuparci, ma le opinioni che ci facciamo delle cose.
Epitteto
L’IMPORTANZA DELLE PAROLE
È chiaro che le parole sono importanti, e lo studio riportato nella colonna a fianco non lascia spazio a dubbi…riconosciamo le parole già a pochi giorni dalla nascita! Un altro studio finlandese ha scoperto invece che i bambini riconoscono e imparano le parole che ascoltano quando sono ancora nella pancia della mamma.
http://www.corriereuniv.it/cms/2013/09/le-parole-si-ascoltano-e-si-imparano-gia-nel-pancione-della-mamma/
Per l’Analisi Transazionale iniziamo a scrivere la storia della nostra vita già quando nasciamo…
Attraverso i modelli trasmessi, i messaggi su cosa e chi siamo, le indicazioni rispetto alle aspettative, i permessi o i messaggi che inibiscono la crescita o i riconoscimenti negativi – decidiamo se saremo dei vincenti o dei perdenti. Ciascuno di noi ha quindi un copione psicologico e vive in una cultura che ha i propri copioni. Il copione psicologico in cui è contenuto il programma della nostra vita, affonda le sue radici nei messaggi che da bambini abbiamo ricevuto dai nostri genitori: costruttivi, distruttivi o non produttivi.
I messaggi tuttavia non sono purtroppo sempre espliciti, spesso dietro a transazioni apparentemente “adulte” si nascondono messaggi ulteriori. Per alcuni studiosi infatti il vincente è chi riesce a reagire in modo autentico. Pensiamo ad esempio ad un “Ti amo” detto ad un bambino con tensione o con rabbia o con indifferenza!
IL COPIONE
I copioni possono essere di tipo culturale, subculturale, familiare o psicologico individuale. Il copione inizialmente si forma a livello non verbale e le prime sensazioni che un bambino ha di se stesso rimarranno probabilmente le più potenti nel suo copione (ma abbiamo detto che le parole sono importanti!). I messaggi verbali di copione che i genitori inviano contengono istruzioni che in seguito i bambini si sentiranno obbligati a seguire – sono i sei…, i non sei, i non riuscirai, un giorno sarai.. Saranno frasi riguardo alle donne, agli uomini, al matrimonio, alla religione, alle “cose” della vita e del mondo. E i copioni hanno sempre un tema.
Ma torniamo alle parole.
QUALI PAROLE USIAMO OGGI?
“Non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato … Possiamo però cambiare noi stessi … sviluppare ciò che è stato inceppato, che si è impigliato allora” Alice Miller
“Che cos’è la vita se non ciò che un uomo pensa durante il giorno? Questo è il suo fato e il suo padrone” Ralph Waldo Emerson
Diceva Emerson che ogni oggetto in natura è una parola che sta a significare qualche fatto nella mente. E che i nostri pensieri all’inizio ci possiedono, più tardi, se abbiamo buone teste, arriviamo a possederli.
In comunicazione il metamodello corrisponde all’immagine di qualcosa che è del tutto soggettiva e personale. Tra i filtri metalinguistici troviamo la generalizzazione, la cancellazione e la distorsione.
Nella generalizzazione si usa il “sempre”; nella cancellazione non viene preso in considerazione il come si verifichi una particolare situazione; nella distorsione la realtà viene sostituita o trasformata tramite giudizi ed interpretazioni.
Il problema è che non lo facciamo solamente quando parliamo con qualcuno ma anche quando parliamo con noi stessi. Ed è proprio qui che volevo arrivare: a quella vocina che ci narra, che ci dice cosa e chi siamo, se possiamo o non possiamo, che ci racconta di noi e del mondo. Che dice “sempre, tutti, mai, ogni volta, devo/non devo, bisognerebbe, si dice che..,”. Non importa dove affonda le sue radici l’importante è sapere che posso essere più specifico anche con me. Diventare più consapevole dei miei pensieri, trovare termini nuovi per descriver-mi, approfondire un significato.
Avvolte una parola può creare una sensazione di disagio, prendiamo ad esempio il termine conflitto: lo si può intendere come qualcosa di disagevole in quanto rimanda a qualcosa di bellico oppure, proprio per questo, sentirlo vibrare in modo “molto energico”! Pensare al conflitto può far sorgere l’idea o la sensazione di voler scappare ma anche di combattere. Ma se andiamo ancora un po’ più a fondo potremmo pensare che combattere significa credere in qualche cosa, avere un ideale, conquistare nuovi territori.
Questo per dire che le parole che usiamo, soprattutto nel nostro dialogo interiore, creano scenari, danno o tolgono energia ci fanno sentire perdenti o vincenti. Reiterando il nostro copione.
Scegliamole bene! Cambiamole. Cerchiamone di nuove.
IL DIALOGO INTERIORE
CARLOS CASTANEDA: «Per anni ho cercato veramente di vivere secondo i tuoi insegnamenti» dissi. «Evidentemente non l'ho fatto bene. Come posso fare meglio ora?»
DON JUAN: «Tu pensi e parli troppo. Devi smettere di parlare a te stesso.»
CARLOS CASTANEDA: «Cosa intendi dire?»
DON JUAN: «Parli troppo con te stesso. Non sei l'unico a farlo, tutti noi lo facciamo, portiamo avanti un discorso interiore. Pensaci. Quando sei da solo, cosa fai?»
CARLOS CASTANEDA: «Mi parlo.»
DON JUAN: «Di che cosa ti parli?»
CARLOS CASTANEDA: «Non lo so; di qualsiasi cosa, presumo.»
DON JUAN: «Te lo dirò io di cosa parliamo con noi stessi. Parliamo del nostro mondo, ed è proprio grazie a questo nostro dialogo interiore che lo preserviamo.»
Noi siamo ciò che pensiamo. Tutto quello che siamo sorge dai nostri pensieri. I nostri pensieri costruiscono il mondo.
Buddha
Epitteto
L’IMPORTANZA DELLE PAROLE
È chiaro che le parole sono importanti, e lo studio riportato nella colonna a fianco non lascia spazio a dubbi…riconosciamo le parole già a pochi giorni dalla nascita! Un altro studio finlandese ha scoperto invece che i bambini riconoscono e imparano le parole che ascoltano quando sono ancora nella pancia della mamma.
http://www.corriereuniv.it/cms/2013/09/le-parole-si-ascoltano-e-si-imparano-gia-nel-pancione-della-mamma/
Per l’Analisi Transazionale iniziamo a scrivere la storia della nostra vita già quando nasciamo…
Attraverso i modelli trasmessi, i messaggi su cosa e chi siamo, le indicazioni rispetto alle aspettative, i permessi o i messaggi che inibiscono la crescita o i riconoscimenti negativi – decidiamo se saremo dei vincenti o dei perdenti. Ciascuno di noi ha quindi un copione psicologico e vive in una cultura che ha i propri copioni. Il copione psicologico in cui è contenuto il programma della nostra vita, affonda le sue radici nei messaggi che da bambini abbiamo ricevuto dai nostri genitori: costruttivi, distruttivi o non produttivi.
I messaggi tuttavia non sono purtroppo sempre espliciti, spesso dietro a transazioni apparentemente “adulte” si nascondono messaggi ulteriori. Per alcuni studiosi infatti il vincente è chi riesce a reagire in modo autentico. Pensiamo ad esempio ad un “Ti amo” detto ad un bambino con tensione o con rabbia o con indifferenza!
IL COPIONE
I copioni possono essere di tipo culturale, subculturale, familiare o psicologico individuale. Il copione inizialmente si forma a livello non verbale e le prime sensazioni che un bambino ha di se stesso rimarranno probabilmente le più potenti nel suo copione (ma abbiamo detto che le parole sono importanti!). I messaggi verbali di copione che i genitori inviano contengono istruzioni che in seguito i bambini si sentiranno obbligati a seguire – sono i sei…, i non sei, i non riuscirai, un giorno sarai.. Saranno frasi riguardo alle donne, agli uomini, al matrimonio, alla religione, alle “cose” della vita e del mondo. E i copioni hanno sempre un tema.
Ma torniamo alle parole.
QUALI PAROLE USIAMO OGGI?
“Non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato … Possiamo però cambiare noi stessi … sviluppare ciò che è stato inceppato, che si è impigliato allora” Alice Miller
“Che cos’è la vita se non ciò che un uomo pensa durante il giorno? Questo è il suo fato e il suo padrone” Ralph Waldo Emerson
Diceva Emerson che ogni oggetto in natura è una parola che sta a significare qualche fatto nella mente. E che i nostri pensieri all’inizio ci possiedono, più tardi, se abbiamo buone teste, arriviamo a possederli.
In comunicazione il metamodello corrisponde all’immagine di qualcosa che è del tutto soggettiva e personale. Tra i filtri metalinguistici troviamo la generalizzazione, la cancellazione e la distorsione.
Nella generalizzazione si usa il “sempre”; nella cancellazione non viene preso in considerazione il come si verifichi una particolare situazione; nella distorsione la realtà viene sostituita o trasformata tramite giudizi ed interpretazioni.
Il problema è che non lo facciamo solamente quando parliamo con qualcuno ma anche quando parliamo con noi stessi. Ed è proprio qui che volevo arrivare: a quella vocina che ci narra, che ci dice cosa e chi siamo, se possiamo o non possiamo, che ci racconta di noi e del mondo. Che dice “sempre, tutti, mai, ogni volta, devo/non devo, bisognerebbe, si dice che..,”. Non importa dove affonda le sue radici l’importante è sapere che posso essere più specifico anche con me. Diventare più consapevole dei miei pensieri, trovare termini nuovi per descriver-mi, approfondire un significato.
Avvolte una parola può creare una sensazione di disagio, prendiamo ad esempio il termine conflitto: lo si può intendere come qualcosa di disagevole in quanto rimanda a qualcosa di bellico oppure, proprio per questo, sentirlo vibrare in modo “molto energico”! Pensare al conflitto può far sorgere l’idea o la sensazione di voler scappare ma anche di combattere. Ma se andiamo ancora un po’ più a fondo potremmo pensare che combattere significa credere in qualche cosa, avere un ideale, conquistare nuovi territori.
Questo per dire che le parole che usiamo, soprattutto nel nostro dialogo interiore, creano scenari, danno o tolgono energia ci fanno sentire perdenti o vincenti. Reiterando il nostro copione.
Scegliamole bene! Cambiamole. Cerchiamone di nuove.
IL DIALOGO INTERIORE
CARLOS CASTANEDA: «Per anni ho cercato veramente di vivere secondo i tuoi insegnamenti» dissi. «Evidentemente non l'ho fatto bene. Come posso fare meglio ora?»
DON JUAN: «Tu pensi e parli troppo. Devi smettere di parlare a te stesso.»
CARLOS CASTANEDA: «Cosa intendi dire?»
DON JUAN: «Parli troppo con te stesso. Non sei l'unico a farlo, tutti noi lo facciamo, portiamo avanti un discorso interiore. Pensaci. Quando sei da solo, cosa fai?»
CARLOS CASTANEDA: «Mi parlo.»
DON JUAN: «Di che cosa ti parli?»
CARLOS CASTANEDA: «Non lo so; di qualsiasi cosa, presumo.»
DON JUAN: «Te lo dirò io di cosa parliamo con noi stessi. Parliamo del nostro mondo, ed è proprio grazie a questo nostro dialogo interiore che lo preserviamo.»
Noi siamo ciò che pensiamo. Tutto quello che siamo sorge dai nostri pensieri. I nostri pensieri costruiscono il mondo.
Buddha