Sigmund Freud nei suoi saggi sulla tecnica psicoanalitica ha affrontato il tema dell’ascolto raccomandando all’analista di non prendere nota di nulla, ma di porgere attenzione costante a tutto ciò che ascolta, abbandonandosi alla propria memoria inconscia.
Chi conduce un colloquio ascolta non solo le parole dell’altro ma anche i suoi silenzi e tutto il suo linguaggio non verbale.
In pratica chi conduce un colloquio non dovrebbe ascoltare nulla in particolare ma…ascoltare tutto in particolare.
Quando l’atteggiamento di chi ascolta è una combinazione di rispetto/sospetto e si vuole stare dalla parte del principio di realtà per comprendere meglio una determinata situazione, mettiamo in atto un ascolto descrittivo, mentre quando si pone l’attenzione non tanto al contenuto di ciò che la persona dice, al dato, a quello che la persona decide di raccontare bensì alla sintassi, al processo che viene attivato e al flusso associativo mettiamo in atto un ascolto soggettivo.
Nell’ascolto empatico chi ascolta si mette nei panni di chi parla, ascolta dal suo punto di vista, mentre quando c’è uno scambio dialettico tra quella che è la realtà soggettiva di chi parla e quella di chi ascolta viene attivato un ascolto intersoggettivo.
In ambito analitico ma anche in tutti i contesti in cui ci troviamo bisognerebbe mettere in campo in maniera creativa tutti questi tipi di ascolto, cercando di potenziare l’uno invece dell’altro, facendo un lavoro di progressione e adattamento a seconda dei contenuti e degli stati d’animo di chi parla.
L’ascolto è la capacità di saper ascoltare l’altro ma anche la capacità corrispondente di poter essere ascoltato dall’altro, ed è per questo motivo che si dovrebbe diventare degli artigiani della parola; è fondamentale, infatti, che al centro di un colloquio ci sia un atteggiamento di continuo ascolto sia da parte di chi lo propone sia da chi lo riceve, e deve essere un processo continuo dall’inizio alla fine.
Per le teorie di comunicazione tecnicamente ascoltare consiste nel comprendere e valutare i messaggi che ci vengono inviati dall’interlocutore attraverso un canale comunicativo, questi messaggi possono essere pensieri, idee, punti di vista e permettono di essere compresi e valutati ma permettono anche di entrare più in contatto con il mondo intimo e segreto dell’essere umano che abbiamo di fronte.
La Mindfulness ci indica 10 regole che faciliterebbero un ascolto consapevole:
1. Concentrazione. Non essere distratti da ciò che accade intorno a noi. Fattori come rumori forti, un uso improprio o la storpiatura di una parola, o una temperatura della stanza non confortevole, possono influenzare la nostra capacità di ascolto.
2. Evitare di interrompere. Lasciare che l’interlocutore finisca di parlare prima di fare un commento o una domanda.
3. Non finire le frasi del nostro interlocutore, nella speranza di trasmettergli l’impressione di averlo compreso. Questo non funziona. La lettura del pensiero si rivela sbagliata perché dà l’impressione che abbiamo già ascoltato decine di volte quello che ci sta dicendo. La mente del principiante unita all’ascolto consapevole significa cercare di ascoltare il nostro interlocutore come se non avessimo la minima idea di ciò che sta per dire.
4. Mantenere il contatto oculare con il nostro interlocutore.
5. Inserire segnali di assenso, come cenni del capo o una postura proiettata verso il nostro interlocutore consente di entrare in maggiore sintonia.
6. Prestare attenzione ai segnali non verbali di chi ci parla: tono di voce, espressione del viso, linguaggio del corpo, ecc.). Questi segnali possono fornire utili indizi su ciò che il nostro interlocutore ci vuole comunicare, sui suoi pensieri e sulle sue emozioni.
7. Usare espressioni di condivisione: “ciò che condivido è....”; “ritengo anch’io importante…”; “anche a me è capitato di...”; ecc.
8. Usare la parafrasi. Ripetere in altre parole ciò che abbiamo compreso, i concetti chiave della comunicazione del nostro interlocutore. Può contribuire a eliminare eventuali incomprensioni e a evitare errori futuri.
9. Approfondire la nostra conoscenza attraverso l’uso di domande aperte. Fare domande mirate se abbiamo bisogno di chiarire ciò che l'altra persona ha espresso.
10. Rispondere anziché reagire. Pensare prima di parlare o esprimere pareri impulsivamente.
Ascoltare significa infine cogliere non solo il significato di ciò che la persona ci vuole comunicare ma anche il suo eventuale disagio, le sue ansie, le sue difficoltà, così facendo sarà possibile comprendere dall’interno, empaticamente e senza giudicare, la sua posizione, i sentimenti e le emozioni da lei provati.
Come c’è un’arte di raccontare, solidamente codificata attraverso mille prove ed errori, così c’è pure un’arte dell’ascoltare, altrettanto antica e nobile, a cui tuttavia, che io sappia, non è stata mai data norma.
(Primo Levi)
Chi conduce un colloquio ascolta non solo le parole dell’altro ma anche i suoi silenzi e tutto il suo linguaggio non verbale.
In pratica chi conduce un colloquio non dovrebbe ascoltare nulla in particolare ma…ascoltare tutto in particolare.
Quando l’atteggiamento di chi ascolta è una combinazione di rispetto/sospetto e si vuole stare dalla parte del principio di realtà per comprendere meglio una determinata situazione, mettiamo in atto un ascolto descrittivo, mentre quando si pone l’attenzione non tanto al contenuto di ciò che la persona dice, al dato, a quello che la persona decide di raccontare bensì alla sintassi, al processo che viene attivato e al flusso associativo mettiamo in atto un ascolto soggettivo.
Nell’ascolto empatico chi ascolta si mette nei panni di chi parla, ascolta dal suo punto di vista, mentre quando c’è uno scambio dialettico tra quella che è la realtà soggettiva di chi parla e quella di chi ascolta viene attivato un ascolto intersoggettivo.
In ambito analitico ma anche in tutti i contesti in cui ci troviamo bisognerebbe mettere in campo in maniera creativa tutti questi tipi di ascolto, cercando di potenziare l’uno invece dell’altro, facendo un lavoro di progressione e adattamento a seconda dei contenuti e degli stati d’animo di chi parla.
L’ascolto è la capacità di saper ascoltare l’altro ma anche la capacità corrispondente di poter essere ascoltato dall’altro, ed è per questo motivo che si dovrebbe diventare degli artigiani della parola; è fondamentale, infatti, che al centro di un colloquio ci sia un atteggiamento di continuo ascolto sia da parte di chi lo propone sia da chi lo riceve, e deve essere un processo continuo dall’inizio alla fine.
Per le teorie di comunicazione tecnicamente ascoltare consiste nel comprendere e valutare i messaggi che ci vengono inviati dall’interlocutore attraverso un canale comunicativo, questi messaggi possono essere pensieri, idee, punti di vista e permettono di essere compresi e valutati ma permettono anche di entrare più in contatto con il mondo intimo e segreto dell’essere umano che abbiamo di fronte.
La Mindfulness ci indica 10 regole che faciliterebbero un ascolto consapevole:
1. Concentrazione. Non essere distratti da ciò che accade intorno a noi. Fattori come rumori forti, un uso improprio o la storpiatura di una parola, o una temperatura della stanza non confortevole, possono influenzare la nostra capacità di ascolto.
2. Evitare di interrompere. Lasciare che l’interlocutore finisca di parlare prima di fare un commento o una domanda.
3. Non finire le frasi del nostro interlocutore, nella speranza di trasmettergli l’impressione di averlo compreso. Questo non funziona. La lettura del pensiero si rivela sbagliata perché dà l’impressione che abbiamo già ascoltato decine di volte quello che ci sta dicendo. La mente del principiante unita all’ascolto consapevole significa cercare di ascoltare il nostro interlocutore come se non avessimo la minima idea di ciò che sta per dire.
4. Mantenere il contatto oculare con il nostro interlocutore.
5. Inserire segnali di assenso, come cenni del capo o una postura proiettata verso il nostro interlocutore consente di entrare in maggiore sintonia.
6. Prestare attenzione ai segnali non verbali di chi ci parla: tono di voce, espressione del viso, linguaggio del corpo, ecc.). Questi segnali possono fornire utili indizi su ciò che il nostro interlocutore ci vuole comunicare, sui suoi pensieri e sulle sue emozioni.
7. Usare espressioni di condivisione: “ciò che condivido è....”; “ritengo anch’io importante…”; “anche a me è capitato di...”; ecc.
8. Usare la parafrasi. Ripetere in altre parole ciò che abbiamo compreso, i concetti chiave della comunicazione del nostro interlocutore. Può contribuire a eliminare eventuali incomprensioni e a evitare errori futuri.
9. Approfondire la nostra conoscenza attraverso l’uso di domande aperte. Fare domande mirate se abbiamo bisogno di chiarire ciò che l'altra persona ha espresso.
10. Rispondere anziché reagire. Pensare prima di parlare o esprimere pareri impulsivamente.
Ascoltare significa infine cogliere non solo il significato di ciò che la persona ci vuole comunicare ma anche il suo eventuale disagio, le sue ansie, le sue difficoltà, così facendo sarà possibile comprendere dall’interno, empaticamente e senza giudicare, la sua posizione, i sentimenti e le emozioni da lei provati.
Come c’è un’arte di raccontare, solidamente codificata attraverso mille prove ed errori, così c’è pure un’arte dell’ascoltare, altrettanto antica e nobile, a cui tuttavia, che io sappia, non è stata mai data norma.
(Primo Levi)