Bisogna avere un gran carattere per affrontare allenamenti impegnativi ogni giorno e coinvolgere nella propria avventura personale e mediatica fior di professionisti, sponsor e strutture organizzative.
Con una mente super impegnata a organizzare ogni dettaglio, gestendo al meglio ogni difficoltà, tutto sembra muoversi in modo ordinato nell'esperienza di Virginia Tortella, 'Virginia la rana’.
Il suo tentativo di record della traversata del Lago di Garda a nuoto rana, insieme al suo coach di Apnea Nicola Valenzin, passa attraverso molteplici esperienze e allenamenti in palestra, in piscina e al lago. Ma non solo.
La preparazione che guarda al futuro e, aggiungo, alla conoscenza di sé passa anche attraverso l’esperienza dell’apnea subacquea e delle gare del circuito nazionale del GIA (Giro d’Italia in Apnea).
Per chi è abituata, come lei, al movimento dinamico sia fisico che mentale, l’apnea è diventata una sfida: sperimentare la coscienza di sensazioni, emozioni, immagini, pensieri, suoni, movimenti e comportamenti, in nuovi modi. Con più lentezza, più presenza, più sfide con se stessa e con gli altri, e anche più ‘noia’. La noia del ‘non fare’.
La lentezza del tempo che s-finisce.
In un lago le sfide sono il freddo, il fastidio della muta, le onde, il tempo, la distanza, la fatica muscolare, i sintomi fisici, l’alimentazione, etc. Ma in apnea, quella statica in particolare, dove non bisogna fare nulla, la sfida è stare con se stessi, ingannarsi a volte, ma soprattutto gestire il tempo dell’apnea, dell’abbandono, della concentrazione, della scoperta dei propri limiti.
Ecco allora due scenari dei quali diventare confidenti e amici, se si vuole percorrere la strada dell’apnea consapevole.
Lo scenario dell’abbandono dove, dopo una adeguata preparazione all’introspezione, al rilassamento e al respiro consapevole, ci si lascia andare in acqua immersi in un sogno ad occhi aperti, fatto di libere associazioni e pensieri che durano fino alla comparsa del debito d’ossigeno, e lo scenario dell’autocontrollo.
In entrambi i casi bisogna assecondare contesti e significati (allenamenti e gare) e adottare utili strategie con le quali sostenere la propria miglior disposizione al benessere e al risultato.
- La prima cosa da fare, dopo la preparazione standard, è quella di appoggiarsi in acqua alla ricerca di un assetto ottimale, chiudere gli occhi ed entrare in se stessi, con arti e collo completamente abbandonati. Si ferma il movimento degli occhi e con essi i pensieri;
- la seconda consiste nel rilassare le singole parti corporee con l’accompagnamento di un dialogo interno. Si osserva il proprio essere interiore nei dettagli. Ci si muove all'interno da arto ad arto. Si tocca con l'attenzione una parte del corpo e ci si concentra lì;
- la terza è quella di permettere alle libere associazioni di declinare verso lo stato di benessere. Si osserva il proprio edificio di pensieri e ci si conosce dall'interno;
- la quarta scaturisce dal pensare a luoghi ed esperienze piacevoli nelle quali sperimentare intense sensazioni. Si prova la libertà della leggerezza, del corpo e dell'identità. Ci si muove nella mente e si scende in profondità.
- la quinta riguarda la ricerca di esperienze motivanti a cui legarsi per superare i momenti di anossia (percorsi mentali, pensieri creativi, soluzione di problemi, emozioni famigliari, etc.). Si sperimentano i pensieri come oggetti della mente cui attingere risorse. La fatica di certi momenti diventano il riflesso di una superiore conoscenza dei propri limiti ;
- la sesta scaturisce dal muoversi in acqua. Si testa con il movimento ciò che rimane alla fine di un viaggio durato alcuni minuti e con essa l'autocoscienza.
- la settima deriva dalla capacità di ‘lallare’ mentalmente (questa è una nuova tecnica) in modo creativo, quasi una nenia, un mantra, un modo poetico di osservare e accompagnare le emozioni di quei momenti. Disagi compresi. Con i suoni interiori e in taluni casi con frasi, si asseconda il movimento interiore, si sperimenta il corpo e si osserva la mente.
Non ultimo, e riguarda una tecnica ipnotica, si tratta di lasciar andare le singole parti del corpo senza avvertirle più in una sorta di ‘abbandono immerso e fluttuante’.
Troppa poesia? Chissà!?
Attraverso certi stati si impara a rilassarsi volendosi bene e con l’adrenalina si punta alle stelle di una magica traversata.
Con una mente super impegnata a organizzare ogni dettaglio, gestendo al meglio ogni difficoltà, tutto sembra muoversi in modo ordinato nell'esperienza di Virginia Tortella, 'Virginia la rana’.
Il suo tentativo di record della traversata del Lago di Garda a nuoto rana, insieme al suo coach di Apnea Nicola Valenzin, passa attraverso molteplici esperienze e allenamenti in palestra, in piscina e al lago. Ma non solo.
La preparazione che guarda al futuro e, aggiungo, alla conoscenza di sé passa anche attraverso l’esperienza dell’apnea subacquea e delle gare del circuito nazionale del GIA (Giro d’Italia in Apnea).
Per chi è abituata, come lei, al movimento dinamico sia fisico che mentale, l’apnea è diventata una sfida: sperimentare la coscienza di sensazioni, emozioni, immagini, pensieri, suoni, movimenti e comportamenti, in nuovi modi. Con più lentezza, più presenza, più sfide con se stessa e con gli altri, e anche più ‘noia’. La noia del ‘non fare’.
La lentezza del tempo che s-finisce.
In un lago le sfide sono il freddo, il fastidio della muta, le onde, il tempo, la distanza, la fatica muscolare, i sintomi fisici, l’alimentazione, etc. Ma in apnea, quella statica in particolare, dove non bisogna fare nulla, la sfida è stare con se stessi, ingannarsi a volte, ma soprattutto gestire il tempo dell’apnea, dell’abbandono, della concentrazione, della scoperta dei propri limiti.
Ecco allora due scenari dei quali diventare confidenti e amici, se si vuole percorrere la strada dell’apnea consapevole.
Lo scenario dell’abbandono dove, dopo una adeguata preparazione all’introspezione, al rilassamento e al respiro consapevole, ci si lascia andare in acqua immersi in un sogno ad occhi aperti, fatto di libere associazioni e pensieri che durano fino alla comparsa del debito d’ossigeno, e lo scenario dell’autocontrollo.
In entrambi i casi bisogna assecondare contesti e significati (allenamenti e gare) e adottare utili strategie con le quali sostenere la propria miglior disposizione al benessere e al risultato.
- La prima cosa da fare, dopo la preparazione standard, è quella di appoggiarsi in acqua alla ricerca di un assetto ottimale, chiudere gli occhi ed entrare in se stessi, con arti e collo completamente abbandonati. Si ferma il movimento degli occhi e con essi i pensieri;
- la seconda consiste nel rilassare le singole parti corporee con l’accompagnamento di un dialogo interno. Si osserva il proprio essere interiore nei dettagli. Ci si muove all'interno da arto ad arto. Si tocca con l'attenzione una parte del corpo e ci si concentra lì;
- la terza è quella di permettere alle libere associazioni di declinare verso lo stato di benessere. Si osserva il proprio edificio di pensieri e ci si conosce dall'interno;
- la quarta scaturisce dal pensare a luoghi ed esperienze piacevoli nelle quali sperimentare intense sensazioni. Si prova la libertà della leggerezza, del corpo e dell'identità. Ci si muove nella mente e si scende in profondità.
- la quinta riguarda la ricerca di esperienze motivanti a cui legarsi per superare i momenti di anossia (percorsi mentali, pensieri creativi, soluzione di problemi, emozioni famigliari, etc.). Si sperimentano i pensieri come oggetti della mente cui attingere risorse. La fatica di certi momenti diventano il riflesso di una superiore conoscenza dei propri limiti ;
- la sesta scaturisce dal muoversi in acqua. Si testa con il movimento ciò che rimane alla fine di un viaggio durato alcuni minuti e con essa l'autocoscienza.
- la settima deriva dalla capacità di ‘lallare’ mentalmente (questa è una nuova tecnica) in modo creativo, quasi una nenia, un mantra, un modo poetico di osservare e accompagnare le emozioni di quei momenti. Disagi compresi. Con i suoni interiori e in taluni casi con frasi, si asseconda il movimento interiore, si sperimenta il corpo e si osserva la mente.
Non ultimo, e riguarda una tecnica ipnotica, si tratta di lasciar andare le singole parti del corpo senza avvertirle più in una sorta di ‘abbandono immerso e fluttuante’.
Troppa poesia? Chissà!?
Attraverso certi stati si impara a rilassarsi volendosi bene e con l’adrenalina si punta alle stelle di una magica traversata.