Continuo a domandarmi come mai una squadra o un gruppo non riesca a realizzare i propri scopi nonostante ci siano tutti i presupposti: validi elementi, buone relazioni, obiettivo chiaro, struttura e regole solide. Gli elementi appena citati sono da considerarsi fondamentali e nonostante tanti studiosi ne parlino, allenatori, manager, capi, faticano a trovare gli assetti giusti.
Perchè questo non basta? Ovviamente le cause possono essere tante e tante le combinazioni dalle mille sfumature, ma il focus su cui mi voglio soffermare in questo post è legato al singolo elemento, alla persona. Parrebbe quasi banale dirlo ma è tutt'altro che semplice capire e convertire efficacemente le idee, le emozioni e le dinamiche interne di ogni singolo elemento di una squadra.
Dal mio punto di vista, l'approccio che il singolo ha verso gli altri determina la buona riuscita di una sincronia/fusione tra più persone. Voglio parlare di un atto di disponibilità e, azzardo, d'amore che ogni persona deve compiere per lasciare il proprio esagerato egoismo per dedicarsi all'altro. Eliminare la paura e le rigidità per potersi donare.
Riassumo in tre sentimenti, prendendo spunto da "il fallimento dell'intelligenza" di J.A. Marina, quali possono essere gli ingredienti per creare la giusta miscela: compassione, come comportamento morale di altruismo e attenzione all'altro; rispetto, come garanzia della dignità propria e altrui; ammirazione, ovvero apprezzamento dell'eccellenza a cui ispirarsi e a cui ambire.
All'interno di una squadra, nel momento in cui ci si sente indispensabili, quando si crede di essere superiori, quando c'è malsana e vorticosa invidia, quando si pensa di sapere più degli altri, tutto è destinato a sfiorire.
I leader veri, o presunti tali, di un team, dal canto loro, hanno il compito di innalzare in ogni membro del gruppo la disponibilità a donarsi e valorizzare le capacità di tutti, affinché ogni singolo elemento possa essere motore ausiliario per ciascuno.
In breve, secondo me, il vero leader è colui che è in grado di mettersi in gioco per il bene comune e ne è felice interprete quando, nei momenti del bisogno, riesce a far turbinare l'energia interazionale nella maniera più brillante.
In virtù di queste riflessioni, vedo il coach come la figura che può aiutare, elevando la consapevolezza e l’energia del gruppo, a ridurre le rigidità individuali e facilitare una costruttiva interazione. Può aiutare la mediazione e la crescita, portando nuove sfide.
Forse sono discorsi utopistici ma perché non provare!?
Perchè questo non basta? Ovviamente le cause possono essere tante e tante le combinazioni dalle mille sfumature, ma il focus su cui mi voglio soffermare in questo post è legato al singolo elemento, alla persona. Parrebbe quasi banale dirlo ma è tutt'altro che semplice capire e convertire efficacemente le idee, le emozioni e le dinamiche interne di ogni singolo elemento di una squadra.
Dal mio punto di vista, l'approccio che il singolo ha verso gli altri determina la buona riuscita di una sincronia/fusione tra più persone. Voglio parlare di un atto di disponibilità e, azzardo, d'amore che ogni persona deve compiere per lasciare il proprio esagerato egoismo per dedicarsi all'altro. Eliminare la paura e le rigidità per potersi donare.
Riassumo in tre sentimenti, prendendo spunto da "il fallimento dell'intelligenza" di J.A. Marina, quali possono essere gli ingredienti per creare la giusta miscela: compassione, come comportamento morale di altruismo e attenzione all'altro; rispetto, come garanzia della dignità propria e altrui; ammirazione, ovvero apprezzamento dell'eccellenza a cui ispirarsi e a cui ambire.
All'interno di una squadra, nel momento in cui ci si sente indispensabili, quando si crede di essere superiori, quando c'è malsana e vorticosa invidia, quando si pensa di sapere più degli altri, tutto è destinato a sfiorire.
I leader veri, o presunti tali, di un team, dal canto loro, hanno il compito di innalzare in ogni membro del gruppo la disponibilità a donarsi e valorizzare le capacità di tutti, affinché ogni singolo elemento possa essere motore ausiliario per ciascuno.
In breve, secondo me, il vero leader è colui che è in grado di mettersi in gioco per il bene comune e ne è felice interprete quando, nei momenti del bisogno, riesce a far turbinare l'energia interazionale nella maniera più brillante.
In virtù di queste riflessioni, vedo il coach come la figura che può aiutare, elevando la consapevolezza e l’energia del gruppo, a ridurre le rigidità individuali e facilitare una costruttiva interazione. Può aiutare la mediazione e la crescita, portando nuove sfide.
Forse sono discorsi utopistici ma perché non provare!?