
Si apre davanti a noi un nuovo giorno.
Ci svegliamo e indossiamo un abito: scegliamo i colori, gli abbinamenti, siamo di corsa.
Colazione sì e no, dipende dall'abitudine e via, proiettati sul mondo, per una nuova ondata di impegni, pensieri, prove, sfide, speranze, sogni.
Quante volte ci soffermiamo a pensare se quell'abito ci rappresenta davvero, se abbraccia il nostro sentire, se parla di noi in modo adeguato, proprio come vorremmo? Non c'è tempo, il mattino, si è di corsa oppure la sera, prima di una cena, eh già: chi sta lì, a pensare a queste "dinamiche" esistenziali? Eppure sono sottili accorgimenti che fanno una grande differenza. Vestire "panni sbagliati", nel senso di "non adatti al nostro corpo emozionale", dà sensazioni sgradevoli, che non ci spieghiamo, proprio perché vengono da "luoghi profondi".
Così ci troviamo spesso in "abiti stretti", che non vediamo l'ora di togliere per respirare di nuovo liberamente: sono "abiti simbolici" ovvero i ruoli che ricopriamo, i discorsi che facciamo, i confronti in cui ci ritroviamo a discutere, confondere, approvare o disapprovare, le preoccupazioni, le gioie e le grandi emozioni. Quale valore diamo a questi vestiti così preziosi? Li indossiamo con consapevolezza? Ne conosciamo ogni piega, ogni orlatura?
Ciò che scegliamo di essere quando infiliamo quell' "abito" è ciò che saremo per tutta la giornata, fino a quando non decideremo di toglierlo e di rimanere nudi di fronte alla nostra autenticità: disfiamoci degli "abiti" del passato, che non ci appartengono più, hanno un'energia stantia, che non ci rappresenta. Indossiamo la "nostra" veste migliore, quella che risuona con il nostro volto, con la nostra anima: i suoi colori sono sgargianti, si notano a distanza, trasudano spontaneità e contagiano in modo travolgente. Scegliamo di "abitare in noi" con l'abito più bello.
Non sono le cose a decretare chi siamo. Non sono gli abiti che indossiamo, le macchine che guidiamo o le opere che compriamo. Non è neppure dove viviamo, ma come viviamo.
(Alyson Noel)
Ci svegliamo e indossiamo un abito: scegliamo i colori, gli abbinamenti, siamo di corsa.
Colazione sì e no, dipende dall'abitudine e via, proiettati sul mondo, per una nuova ondata di impegni, pensieri, prove, sfide, speranze, sogni.
Quante volte ci soffermiamo a pensare se quell'abito ci rappresenta davvero, se abbraccia il nostro sentire, se parla di noi in modo adeguato, proprio come vorremmo? Non c'è tempo, il mattino, si è di corsa oppure la sera, prima di una cena, eh già: chi sta lì, a pensare a queste "dinamiche" esistenziali? Eppure sono sottili accorgimenti che fanno una grande differenza. Vestire "panni sbagliati", nel senso di "non adatti al nostro corpo emozionale", dà sensazioni sgradevoli, che non ci spieghiamo, proprio perché vengono da "luoghi profondi".
Così ci troviamo spesso in "abiti stretti", che non vediamo l'ora di togliere per respirare di nuovo liberamente: sono "abiti simbolici" ovvero i ruoli che ricopriamo, i discorsi che facciamo, i confronti in cui ci ritroviamo a discutere, confondere, approvare o disapprovare, le preoccupazioni, le gioie e le grandi emozioni. Quale valore diamo a questi vestiti così preziosi? Li indossiamo con consapevolezza? Ne conosciamo ogni piega, ogni orlatura?
Ciò che scegliamo di essere quando infiliamo quell' "abito" è ciò che saremo per tutta la giornata, fino a quando non decideremo di toglierlo e di rimanere nudi di fronte alla nostra autenticità: disfiamoci degli "abiti" del passato, che non ci appartengono più, hanno un'energia stantia, che non ci rappresenta. Indossiamo la "nostra" veste migliore, quella che risuona con il nostro volto, con la nostra anima: i suoi colori sono sgargianti, si notano a distanza, trasudano spontaneità e contagiano in modo travolgente. Scegliamo di "abitare in noi" con l'abito più bello.
Non sono le cose a decretare chi siamo. Non sono gli abiti che indossiamo, le macchine che guidiamo o le opere che compriamo. Non è neppure dove viviamo, ma come viviamo.
(Alyson Noel)