
La solitudine è una compagna che non ti chiede niente ma al tempo stesso non ti da niente. Ti abitui alla sua presenza, è una compagna silenziosa che ti ammanta le giornate, si insinua lentamente e lentamente diventa parte di te.
Mi sono abituato così a rimanere solo, in fondo ho incominciato a pensare che il detto meglio soli che male accompagnati potesse essere un buon proverbio, che entrare nella filosofia della solitudine mi avrebbe messo nella condizione di avere meno problemi, senza doveri verso qualcuno, una vita non condivisa tranne che con me stesso. Ho provato a cercare chi potesse lenire un’esistenza solitaria, ma il morbo era più forte della cura. In nessuna ho trovato ciò di cui avevo bisogno, non certo per colpa delle mal capitate. Forse in fondo mi stava bene così e ad un certo punto ho incominciato a non sentire, a non sentire il cuore, la pancia, la vertigine che può darti il calore di una persona accanto, a cui senti un’affinità. Mi sono convinto che l’aridità era oramai una cosa al quale non potevo dare una soluzione diversa che continuare il mio cammino con lei, la solitudine.
Poi in un momento come tanti, inaspettatamente, senza fare nulla, è arrivata chi ha rotto questo muro sordo, scalzando d’un tratto quella compagna silenziosa. In un momento la circuiteria dei sentimenti ha ripreso a girare, autoalimentandosi, con un moto che non sentivo da tanto. Risentire il sangue pulsare, l’imbarazzo di uno sguardo, la voglia di rimettermi in gioco, ritornando sulla sella della vita. Nonostante la delusione nel constatare che non ci può essere un noi, ho tuttavia scoperto che non sono un alieno, c’è ancora qualcuno che sa riscaldarmi. Capire che tutto questo è ancora possibile è stata una grande sorpresa, la sorpresa che è bastata “un’oca” a risvegliarmi, al quale devo il merito di avermi riportato verso la vita.
Mi sono abituato così a rimanere solo, in fondo ho incominciato a pensare che il detto meglio soli che male accompagnati potesse essere un buon proverbio, che entrare nella filosofia della solitudine mi avrebbe messo nella condizione di avere meno problemi, senza doveri verso qualcuno, una vita non condivisa tranne che con me stesso. Ho provato a cercare chi potesse lenire un’esistenza solitaria, ma il morbo era più forte della cura. In nessuna ho trovato ciò di cui avevo bisogno, non certo per colpa delle mal capitate. Forse in fondo mi stava bene così e ad un certo punto ho incominciato a non sentire, a non sentire il cuore, la pancia, la vertigine che può darti il calore di una persona accanto, a cui senti un’affinità. Mi sono convinto che l’aridità era oramai una cosa al quale non potevo dare una soluzione diversa che continuare il mio cammino con lei, la solitudine.
Poi in un momento come tanti, inaspettatamente, senza fare nulla, è arrivata chi ha rotto questo muro sordo, scalzando d’un tratto quella compagna silenziosa. In un momento la circuiteria dei sentimenti ha ripreso a girare, autoalimentandosi, con un moto che non sentivo da tanto. Risentire il sangue pulsare, l’imbarazzo di uno sguardo, la voglia di rimettermi in gioco, ritornando sulla sella della vita. Nonostante la delusione nel constatare che non ci può essere un noi, ho tuttavia scoperto che non sono un alieno, c’è ancora qualcuno che sa riscaldarmi. Capire che tutto questo è ancora possibile è stata una grande sorpresa, la sorpresa che è bastata “un’oca” a risvegliarmi, al quale devo il merito di avermi riportato verso la vita.