Do molto valore alla casa, come dimora dell’Essere. Un luogo che esprime qualcosa di me, di profondo e intimo. Come una moderna Dea Estia, coltivo la bellezza e l’accoglienza, la pulizia e l’ariosità del mio focolare, godendo della possibilità di ospitare e condividere la tavola, per creare comunione, come insegna Dietrich Bonhoeffer in Vita comune. Voglio una grande casa, piena di gente: gente che dice quello che sa, che sa quello che vuole, che esprime liberamente ciò che pensa, ciò che sogna. Sostanzialmente, voglio che la mia casa sia una libera comunità di pensiero e di emozioni autenticamente vissute e accolte con apertura di cuore e anima. Una comunità ricca di diversità, in relazione: un luogo accogliente e di riferimento, come un faro, per le persone che amo: mi interessa l’umanità in tutte le sue espressioni. Ho bisogno di abbeverarmi alla fonte, alle origini dei sentimenti e degli scopi che ci legano gli uni agli altri e traggo spunti creativi nell’originalità di ognuno. Nell’incontro-scontro con l’altro e le sue differenze, l’ascolto attivo crea un vuoto fertile che mi permette di immaginare il nuovo, consentendomi un più ampio orizzonte inclusivo. Frequento ambienti diversissimi ma l’ispirazione più profonda l’ho sempre ricevuta dai miei dialoghi con artisti e persone marginali, quelle che vivono “il limen”: sono da molti anni per me soggetti profondamente ispiranti, uscendo dagli schemi ordinari con estrema spontaneità e non per un atteggiamento volutamente eccentrico. In fondo a qualsiasi bizzaria del nostro Tempo, vi è una profonda spasmodica ricerca di equilibrio e di senso, tra ritmi frenetici e disorientanti, sempre più veloci e imprevedibili.
Siamo in una stessa barca e viviamo gli stessi bisogni, seppur declinati in modo diverso. Uno di questi, è sentirci parte di un tutto più grande. Di un gruppo di pari, di una tribù culturale, di una comunità. Ma in molti, come in me, c’è anche una sete metafisica: la possibilità di accogliere nella mia vita momenti di assoluto silenzio. L’altra modalità è scoprire associazioni, simboli e segni invisibili, che mi permettono di saltare sui binari di una seconda attenzione, salvifica. Immersa nell’esperienza contemplativa, riconosco che il processo si sta compiendo in modo naturale, da sé. Basta togliere quello che non consente il flusso. In questo stato di coscienza, riscopro la mia completezza e mi rigenero, pronta per lanciarmi nuovamente nella folla. Pur essendo consapevole della complessità che mi circonda, ho scelto di liberarmi del perfezionismo, se possibile dal giudizio e dal pettegolezzo. Voglio osservare me stessa, così da espandere la mia luce. Posso farlo in modo rotondo e spontaneo, con positività non retorica e intelligente. Posso accettare di fare della mia vita un piccolo gioiello. L’autoconoscenza e l’autodefinizione di me, più che una meta sono una possibilità, un dono, un percorso estremamente avvincente anche nelle sue cadute: uno splendido compito, che è presenza, piacere prezioso di esistere. Quale dono voglio essere in questo mondo? Di quali ali ho bisogno? Ognuno di noi, in fondo, è portatrice di una scintilla divina, che apre ad infinite possibilità. Con curiosità giocosa, danzo gioiosa “la routine quotidiana”, cercando una leggerezza soave, come fossi una piuma. Pur nei miei itinerari obbligati, vivo all’insegna della meraviglia, con uno sguardo esplorativo-creativo e dove posso, abbraccio la solidarietà, come scelta consapevole di amore e cura di me, degli altri, di ciò che faccio. Cerco di incarnare con umiltà e senza gridare, quel progetto civico e sociale, che vorrei fosse parte acquisita di questa società. Cosa può essere la pratica spirituale, se non l’attitudine e il comportamento di una buona madre, madre di tutti, senza distinzione? Attraverso la rincorsa alla propria affermazione personale, in un mondo governato da logiche economiche capitalistiche, competitive e prevaricatorie, l’Uomo si è perso o si è ritrovato?
L’Uomo Nuovo, declinato al maschile, avrà necessariamente una buona dose di femminilità, pur mantenendo le caratteristiche del “vero uomo”. Credo che le donne, più vicine in senso letterale alle potenzialità della creazione e al mistero delle origini della vita, siano naturalmente prossime al progresso spirituale e civile necessario al salto coscienziale e qualitativo che emerge proprio dal loro “specifico e personale”!Essere donne, è un valore gravido di speranza e stupore. Le donne, indipendentemente dal contesto culturale in cui si muovono, sono spontaneamente protese e aperte all’Altro e al non ancora. Occorre esserci, consapevoli del nostro potenziale, per virtù e per necessità, con vocazione. Essere presenza attiva: una forza gentile.
Siamo in una stessa barca e viviamo gli stessi bisogni, seppur declinati in modo diverso. Uno di questi, è sentirci parte di un tutto più grande. Di un gruppo di pari, di una tribù culturale, di una comunità. Ma in molti, come in me, c’è anche una sete metafisica: la possibilità di accogliere nella mia vita momenti di assoluto silenzio. L’altra modalità è scoprire associazioni, simboli e segni invisibili, che mi permettono di saltare sui binari di una seconda attenzione, salvifica. Immersa nell’esperienza contemplativa, riconosco che il processo si sta compiendo in modo naturale, da sé. Basta togliere quello che non consente il flusso. In questo stato di coscienza, riscopro la mia completezza e mi rigenero, pronta per lanciarmi nuovamente nella folla. Pur essendo consapevole della complessità che mi circonda, ho scelto di liberarmi del perfezionismo, se possibile dal giudizio e dal pettegolezzo. Voglio osservare me stessa, così da espandere la mia luce. Posso farlo in modo rotondo e spontaneo, con positività non retorica e intelligente. Posso accettare di fare della mia vita un piccolo gioiello. L’autoconoscenza e l’autodefinizione di me, più che una meta sono una possibilità, un dono, un percorso estremamente avvincente anche nelle sue cadute: uno splendido compito, che è presenza, piacere prezioso di esistere. Quale dono voglio essere in questo mondo? Di quali ali ho bisogno? Ognuno di noi, in fondo, è portatrice di una scintilla divina, che apre ad infinite possibilità. Con curiosità giocosa, danzo gioiosa “la routine quotidiana”, cercando una leggerezza soave, come fossi una piuma. Pur nei miei itinerari obbligati, vivo all’insegna della meraviglia, con uno sguardo esplorativo-creativo e dove posso, abbraccio la solidarietà, come scelta consapevole di amore e cura di me, degli altri, di ciò che faccio. Cerco di incarnare con umiltà e senza gridare, quel progetto civico e sociale, che vorrei fosse parte acquisita di questa società. Cosa può essere la pratica spirituale, se non l’attitudine e il comportamento di una buona madre, madre di tutti, senza distinzione? Attraverso la rincorsa alla propria affermazione personale, in un mondo governato da logiche economiche capitalistiche, competitive e prevaricatorie, l’Uomo si è perso o si è ritrovato?
L’Uomo Nuovo, declinato al maschile, avrà necessariamente una buona dose di femminilità, pur mantenendo le caratteristiche del “vero uomo”. Credo che le donne, più vicine in senso letterale alle potenzialità della creazione e al mistero delle origini della vita, siano naturalmente prossime al progresso spirituale e civile necessario al salto coscienziale e qualitativo che emerge proprio dal loro “specifico e personale”!Essere donne, è un valore gravido di speranza e stupore. Le donne, indipendentemente dal contesto culturale in cui si muovono, sono spontaneamente protese e aperte all’Altro e al non ancora. Occorre esserci, consapevoli del nostro potenziale, per virtù e per necessità, con vocazione. Essere presenza attiva: una forza gentile.