Ogni progetto, ogni piano e ogni prova sono come una pentola che va in pressione. Quando si supera una determinata temperatura, si sente il sibilo dell’aria che fa ‘ffffsss’, e a un certo punto qualcosa fuoriesce. In quell’attimo si fa esperienza di qualcosa che invita alla presenza, all’azione e alla trasformazione.
Nelle prove lunghe del nuoto, della corsa a piedi o in bici, il sibilo è rappresentato dai tanti segnali fisiologici che l’atleta sperimenta: noia, fatica, dolore, nausea, nervosismo. Dico sperimenta perché in quelle circostanze l’atleta ha la possibilità di sentire, agire e reagire, in un modo del tutto speciale.
Anche quando nulla viene lasciato caso (preparazione fisica e tecnica, alimentazione e dieta ottimali, etc.), la mente è all'attiva ricerca della corretta congiunzione tra vari fattori: concentrazione, decisione, autocontrollo, resilienza.
All'inizio, l’atleta è nei propri panni, presente a se stesso, attento alle proprie condizioni. A proprio agio e pronto a imparare da ogni nuovo ostacolo, disagio, difficoltà, intoppo. Tutto lo arricchisce e corre spedito verso le proprie aspettative.
Poi arriva il momento che si dimentica di sé e porta l’attenzione alle condizioni esterne, alle strategie da attuare, alle decisioni da prendere. La mente corre in fretta e comincia la pressione.
L’atleta comincia a capire l’importanza della presenza in quello che fa e contemporaneamente scopre che l’inconveniente, in qualsiasi forma esso si presenti, può diventare un invalicabile ostacolo alla presenza. E di conseguenza alla performance.
Il corpo, con i suoi segnali, entra nella mente e l’immaginazione diventa qualcosa di concreto. Il movimento diventa un mantra e le parole ripetute diventano effettive, tangibili, reali.
L’atleta è lì, con un disturbo che deve cessare, un disagio che deve evaporare, presente a se stesso, all'interno di una finestra temporale, estremamente sottile e fragile, cui connettersi.
Tutto diventa parte di un insieme organico quando va dentro se stesso e osserva ciò che accade. Non solo per influenzarlo ma per scoprire un mondo diverso: un corpo che si muove, un cuore che batte e la sensazione di osservarsi da fuori.
In quella condizione speciale può accadere di tutto. La sensazione di poter affrontare l’impossibile, accettare il dolore, accogliere i fastidi. Semplicemente ‘andare oltre’.
Quando qualcuno va oltre l’ordinario, preoccupa famigliari e amici.
Ma per l’atleta, ogni evento è l’occasione per sperimentare un diverso modo di essere e di fare. E’ un atto di amore e di cambiamento.
Così ce la raccontiamo quando, con Virginia Tortella, condividiamo i passaggi difficili di un’esperienza o di una prova: si accetta ciò che accade, si realizza l’arcano dentro di sé, si cresce attraverso le difficoltà, si sperimenta la consapevolezza.
La paura scompare e anche quelle passate, grazie all'accettazione della loro chiamata, si dissolvono nella magia di un pensiero assente.
Nelle prove lunghe del nuoto, della corsa a piedi o in bici, il sibilo è rappresentato dai tanti segnali fisiologici che l’atleta sperimenta: noia, fatica, dolore, nausea, nervosismo. Dico sperimenta perché in quelle circostanze l’atleta ha la possibilità di sentire, agire e reagire, in un modo del tutto speciale.
Anche quando nulla viene lasciato caso (preparazione fisica e tecnica, alimentazione e dieta ottimali, etc.), la mente è all'attiva ricerca della corretta congiunzione tra vari fattori: concentrazione, decisione, autocontrollo, resilienza.
All'inizio, l’atleta è nei propri panni, presente a se stesso, attento alle proprie condizioni. A proprio agio e pronto a imparare da ogni nuovo ostacolo, disagio, difficoltà, intoppo. Tutto lo arricchisce e corre spedito verso le proprie aspettative.
Poi arriva il momento che si dimentica di sé e porta l’attenzione alle condizioni esterne, alle strategie da attuare, alle decisioni da prendere. La mente corre in fretta e comincia la pressione.
L’atleta comincia a capire l’importanza della presenza in quello che fa e contemporaneamente scopre che l’inconveniente, in qualsiasi forma esso si presenti, può diventare un invalicabile ostacolo alla presenza. E di conseguenza alla performance.
Il corpo, con i suoi segnali, entra nella mente e l’immaginazione diventa qualcosa di concreto. Il movimento diventa un mantra e le parole ripetute diventano effettive, tangibili, reali.
L’atleta è lì, con un disturbo che deve cessare, un disagio che deve evaporare, presente a se stesso, all'interno di una finestra temporale, estremamente sottile e fragile, cui connettersi.
Tutto diventa parte di un insieme organico quando va dentro se stesso e osserva ciò che accade. Non solo per influenzarlo ma per scoprire un mondo diverso: un corpo che si muove, un cuore che batte e la sensazione di osservarsi da fuori.
In quella condizione speciale può accadere di tutto. La sensazione di poter affrontare l’impossibile, accettare il dolore, accogliere i fastidi. Semplicemente ‘andare oltre’.
Quando qualcuno va oltre l’ordinario, preoccupa famigliari e amici.
Ma per l’atleta, ogni evento è l’occasione per sperimentare un diverso modo di essere e di fare. E’ un atto di amore e di cambiamento.
Così ce la raccontiamo quando, con Virginia Tortella, condividiamo i passaggi difficili di un’esperienza o di una prova: si accetta ciò che accade, si realizza l’arcano dentro di sé, si cresce attraverso le difficoltà, si sperimenta la consapevolezza.
La paura scompare e anche quelle passate, grazie all'accettazione della loro chiamata, si dissolvono nella magia di un pensiero assente.