Non è detto che si debba piacere a tutte le persone che incontriamo durante il nostro cammino, ritenendo indispensabile una ricerca affannosa del compiacimento altrui.
Come non sembra affatto ovvio entrare in empatia con molti degli insiemi sociali che per diversi motivi incontriamo nelle nostre giornate.
La facoltà del libero arbitrio ci pone in una condizione di assoluta autonomia del pensiero; Nello scegliere, nel considerare, persino nel giudicare.
Quello che non deve mai mancare però, è lo stile secondo il quale esprimiamo le nostre opinioni. Soprattutto se queste ultime vengono elevate ad un principio di assoluta verità che non ci compete.
Che cosa potrebbe fare quindi di noi dei buoni comunicatori ?
Sicuramente una forma che rientri nel buon gusto, oltre ad una metodo che si basi sulla ricerca scientifica di quello che vogliamo esprimere, limitando al massimo i giudizi personali; anche se una spersonalizzazione completa del modo di porsi trascinerebbe la conversazione ad un valore troppo accademico interrompendo così il flusso determinante tra scienza e prassi.
La psicologia in questo ci può aiutare. Perché una buona conoscenza di se' favorisce senza ombra di dubbio un buon approccio col prossimo e fa si che la restituzione del prodotto derivante dall'interscambio personale, venga prontamente filtrato in modo corretto laddove il nostro interlocutore non rispetti i principi base di una comunicazione ecologica.
In buona sostanza, nella comunicazione, l'arma vincente è l'attenzione con la quale ci si pone nei panni del ricevute, come se ad ascoltare le nostre parole fossi proprio "io", piuttosto che focalizzare il senso del discorso vincolandolo al centro della nostra persona.
Ricordando sempre che qualunque cosa io dica, metterà l'altro nelle condizioni di sentirsi accettato, ben voluto, oppure sminuito o dominato.
Una semplice regola che racchiude il senso di tutto questo è pensare, durante la comunicazione, che non si deve mai agire come non vorremmo essere trattati, riflettendo che ognuno di noi è portatore sano di specchi e che molto spesso, ciò che ci infastidisce nel prossimo, rappresenta quella parte di noi che non abbiamo ancora considerato ci rappresenti.
Come non sembra affatto ovvio entrare in empatia con molti degli insiemi sociali che per diversi motivi incontriamo nelle nostre giornate.
La facoltà del libero arbitrio ci pone in una condizione di assoluta autonomia del pensiero; Nello scegliere, nel considerare, persino nel giudicare.
Quello che non deve mai mancare però, è lo stile secondo il quale esprimiamo le nostre opinioni. Soprattutto se queste ultime vengono elevate ad un principio di assoluta verità che non ci compete.
Che cosa potrebbe fare quindi di noi dei buoni comunicatori ?
Sicuramente una forma che rientri nel buon gusto, oltre ad una metodo che si basi sulla ricerca scientifica di quello che vogliamo esprimere, limitando al massimo i giudizi personali; anche se una spersonalizzazione completa del modo di porsi trascinerebbe la conversazione ad un valore troppo accademico interrompendo così il flusso determinante tra scienza e prassi.
La psicologia in questo ci può aiutare. Perché una buona conoscenza di se' favorisce senza ombra di dubbio un buon approccio col prossimo e fa si che la restituzione del prodotto derivante dall'interscambio personale, venga prontamente filtrato in modo corretto laddove il nostro interlocutore non rispetti i principi base di una comunicazione ecologica.
In buona sostanza, nella comunicazione, l'arma vincente è l'attenzione con la quale ci si pone nei panni del ricevute, come se ad ascoltare le nostre parole fossi proprio "io", piuttosto che focalizzare il senso del discorso vincolandolo al centro della nostra persona.
Ricordando sempre che qualunque cosa io dica, metterà l'altro nelle condizioni di sentirsi accettato, ben voluto, oppure sminuito o dominato.
Una semplice regola che racchiude il senso di tutto questo è pensare, durante la comunicazione, che non si deve mai agire come non vorremmo essere trattati, riflettendo che ognuno di noi è portatore sano di specchi e che molto spesso, ciò che ci infastidisce nel prossimo, rappresenta quella parte di noi che non abbiamo ancora considerato ci rappresenti.