Quando si lavora insieme, questi tre pronomi personali, ‘IO, NOI, VOI’, vengono collegati ad una persona, a un gruppo o a un progetto comune.
Vengono identificate le azioni ed i comportamenti propri e degli altri e identificate le differenze. Se tutto va bene, si crea cultura aziendale, solidarietà e integrazione.
Vediamo gli sviluppi di queste tre fasi. L’IO, il sintonizzatore, concepisce, accende e muove le idee, prepara i progetti, li organizza e li coordina: ne scaturisce il seme del NOI. ‘Noi siamo bravi! Noi siamo un gruppo meraviglioso!’. E li difende. Da chi? Dagli altri, dai contrari, dagli oppositori che identifica come VOI. Voi non siete d’accordo! Allora decidete pure voi!
Quando lavoriamo da soli ciò che decidiamo è l’estensione delle nostre scelte e conseguenze. Ma, se lavoriamo insieme ad altri abbiamo molte opzioni da adottare tra cui la sintonizzazione, l’egotismo o il soggettivismo.
Nel primo caso cerchiamo la visione comune, nel secondo enfatizziamo le dinamiche di potere, nel terzo, esercitiamo i nostri driver culturali e di adattamento.
Quali sono le conseguenze di questi processi?
Con troppo IO, si rischia di passare dalla cortesia, al rispetto, alla formalità, alla distanza, all’opposizione. Con la vivacità del NOI, si abbracciano le diversità e si enfatizziamo i tratti comuni. Con il VOI, invece, si produce il nemico e la porta blindata dietro cui proteggersi.
Quando si lavora insieme è necessario possedere una autostima a priori forte, sicura, adattabile. Occorre avere un IO che afferra la realtà, la vita, l’autonomia e l’identità di se stessa e delle altre cose date per scontate. Serve accettare che l’Io esiste se si specchia nelle menti degli altri e nei loro modelli.
Ma quando si vive sulle barricate di opinioni contrapposte, l’essere nel mondo, la collaborazione, non nasce dalla ragione delle proprie idee, ma dai sentimenti e dalla sensazione che, a prescindere dalle diversità di vedute, esistiamo per gli altri. Siamo visti e siamo vivi, a dispetto dei contrasti.
E’ una grande conquista psicologica, pertanto, quella di esprimere il proprio IO ed i propri progetti, accettando le differenze di pensiero: tante comunicazioni vissute come ‘disturbate’, possono diventare un viaggio da cui ritornare più saggi e con i piedi piantati per terra.
Se riconosciamo che ‘esistiamo nella mente degli altri, anche se non ne abbiamo la certezza’, se riusciamo a fare un uso sensato di certi atti simbolici, certe riunioni diventano non solo la cura dei problemi organizzativi, ma le risposte alle proprie angustie personali.
Vengono identificate le azioni ed i comportamenti propri e degli altri e identificate le differenze. Se tutto va bene, si crea cultura aziendale, solidarietà e integrazione.
Vediamo gli sviluppi di queste tre fasi. L’IO, il sintonizzatore, concepisce, accende e muove le idee, prepara i progetti, li organizza e li coordina: ne scaturisce il seme del NOI. ‘Noi siamo bravi! Noi siamo un gruppo meraviglioso!’. E li difende. Da chi? Dagli altri, dai contrari, dagli oppositori che identifica come VOI. Voi non siete d’accordo! Allora decidete pure voi!
Quando lavoriamo da soli ciò che decidiamo è l’estensione delle nostre scelte e conseguenze. Ma, se lavoriamo insieme ad altri abbiamo molte opzioni da adottare tra cui la sintonizzazione, l’egotismo o il soggettivismo.
Nel primo caso cerchiamo la visione comune, nel secondo enfatizziamo le dinamiche di potere, nel terzo, esercitiamo i nostri driver culturali e di adattamento.
Quali sono le conseguenze di questi processi?
Con troppo IO, si rischia di passare dalla cortesia, al rispetto, alla formalità, alla distanza, all’opposizione. Con la vivacità del NOI, si abbracciano le diversità e si enfatizziamo i tratti comuni. Con il VOI, invece, si produce il nemico e la porta blindata dietro cui proteggersi.
Quando si lavora insieme è necessario possedere una autostima a priori forte, sicura, adattabile. Occorre avere un IO che afferra la realtà, la vita, l’autonomia e l’identità di se stessa e delle altre cose date per scontate. Serve accettare che l’Io esiste se si specchia nelle menti degli altri e nei loro modelli.
Ma quando si vive sulle barricate di opinioni contrapposte, l’essere nel mondo, la collaborazione, non nasce dalla ragione delle proprie idee, ma dai sentimenti e dalla sensazione che, a prescindere dalle diversità di vedute, esistiamo per gli altri. Siamo visti e siamo vivi, a dispetto dei contrasti.
E’ una grande conquista psicologica, pertanto, quella di esprimere il proprio IO ed i propri progetti, accettando le differenze di pensiero: tante comunicazioni vissute come ‘disturbate’, possono diventare un viaggio da cui ritornare più saggi e con i piedi piantati per terra.
Se riconosciamo che ‘esistiamo nella mente degli altri, anche se non ne abbiamo la certezza’, se riusciamo a fare un uso sensato di certi atti simbolici, certe riunioni diventano non solo la cura dei problemi organizzativi, ma le risposte alle proprie angustie personali.