Sceso dall`aereo come sempre seguo il percorso verso l`uscita. Tutti sono un po` di corsa per arrivare primi al controllo passaporti ed evitare quindi di restare in attesa. Si passa per una area comune alle partenze e il percorso e` delineato da una serie di pannelli trasparenti di vetro.
Seduto su una sedia nella zona dedicata alle partenze vedo un mio amico e sbracciandomi e alzando il tono di voce lo chiamo per un saluto. Rallento il passo intralciando anche un po` il flusso alle mie spalle e mi fermo.
Ci piace sempre scherzare insieme per cui mentre si avvicina metto la mia mano sul vetro che ci separa, come se fosse la scena del finale di un film, uno di quelli con il classico “addio”.
Io ero appena arrivato e dovevo riprendere il lavoro mentre lui stava per partire per due settimane di vacanza per cui gli umori rispettivi erano assai differenti e su questo si scherzava.
Il mio amico avvicinandosi, invece di mettere la mano sul vetro, sovrapponendola alla mia, inaspettatamente la alza e infila, con un pò di fatica, le dita tra la fessura esistente tra le due lastre di vetro.
Ridiamo entrambi per la scena “cinematografica” ben riuscita, gli stringo le dita e lo saluto.
Il signore dietro di me che ha assistito alla scena mi si avvicina e mi dice:
“Che bello quello che è accaduto... viviamo in un modo di barriere di plexiglass ... manca il contatto con le persone e il gesto con il tuo amico e` stato significativo”.
Frase tanto semplice quanto profonda che mai mi sarei aspettato di sentire in quella situazione.
Viviamo nella costante interazione ma spesso ci manca la vera comunicazione, il contatto con chi ci sta davanti, un contatto relazionale, psicologico, fisico.
Parliamo ma non comunichiamo.
Sentiamo ma non ascoltiamo.
Interagiamo ma non creiamo relazione.
Siamo circondati da barriere invisibili che ci fanno vedere ma non toccare, che ci tengono a distanza di sicurezza dalle cose, dalle persone e a volte anche da noi stessi.
Il vero contatto a volte spaventa, fa emergere debolezze e insicurezze.
Dal contatto però può emergere anche la piena affermazione del nostro essere.
“Io ti vedo, ti sento, ti tocco, ti riconosco”.
Il tocco e` un qualcosa di ancestrale, richiama significati profonditi e reconditi del nostro essere, genera una scarica di emozioni che fluisce a attiva il nostro corpo.
Ecco che anche la fisicità diventa parte fondamentale della vera relazione con gli altri e soprattutto con noi stessi. Le parole trovano una sorta di “materializzazione” e si arricchiscono di significato.
Una stretta di mano, un abbraccio, una pacca sulla spalla per quanto semplici gesti diventano simboli di relazione, unione, condivisione.
Quando stiamo male o abbiamo dolore spesso ci tocchiamo la parte interessata, la massaggiamo quasi per trovare sollievo, sentiamo il calore della mano che contrasta con il freddo del resto del corpo.
Il tocco, il contatto a volte valgono più di qualsiasi parola ed esprimono una profonda connessione, riconoscimento e amore.
La mamma che massaggia la gamba del figlioletto appena caduto per farlo smettere di piangere, il genitore che abbraccia il figlio in occasione delle tappe significative della vita, il figlio che porta a braccetto il genitore diventato anziano e lo sorregge.
La capacita` di creare fessure e rompere tra le lastre di vetro che ci circondano o abbiamo innalzato a nostra protezione dipende da noi.
Invece che aspettare che sia “l`altro” a fare il primo passo possiamo farlo noi.
Se desideriamo essere “capiti” possiamo per primi impegnarci a “capire”.
Piuttosto che parlare possiamo ascoltare.
Ecco che anche un tocco, una stretta di mano, un abbraccio hanno la potenza di infrangere qualsiasi barriera, creare un nuovo punto di partenza, avvicinare parti lontane, costruire nuovi legami e rafforzare quelli esistenti.
A voi la scelta.
UP STEP: “Un passo avanti e due dentro”
La comunicazione efficace e` uno dei temi che vengono trattati in modo teorico, pratico ed esperienziale al Master in Coaching UP STEP
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