
Ci sono momenti in cui si desidera partire per un lungo viaggio, uno di quelli in cui non serve la valigia e non servono nemmeno i soldi. E' una partenza simbolica alla riscoperta di un tesoro custodito in fondo a una grotta. Un' avventura di grande respiro, dove il tempo è sospeso e lo spazio si dilata; è un luogo sconosciuto, dai profili familiari, ma non ben distinti, tratti indefiniti che calamitano l'attenzione.
Là dentro si scorge una luce brillante, mentre intorno le pareti rocciose trasudano un'assenza di significato. Il passo si fa lento, il respiro corto: la grotta è molto buia, ma su un lato appaiono delle candele accese. Si sentono fruscii. Rotolano sassi: oltre quel luccicore, fa rabbrividire un burrone, dove riecheggia il ticchettio delle pietre, che, rotolando, intonano sonorità evocative.
Un'area ignota alla coscienza, ma a lei così legata.
Una porta separa le due dimensioni dell'essere: trovarne la chiave è l'inizio di quel percorso che tanto lontano ci potrà condurre, se alimentiamo la curiosità di varcare la soglia che ci riconduce a noi stessi.
Aprirsi in un campo di relazione è un po' come viaggiare con un paio d'ali, sospesi a mezz’aria, pronti a scendere a terra e andare in profondità, oltre il bosco, oltre i rami fitti che impediscono di vedere, oltre il torrente laggiù, dove una luce intensa traccia nuove direzioni.
In questi luoghi stazionano parti dell'Io che vanno ascoltate, comprese, integrate, per dare loro voce e accoglierle in un'area di consapevolezza, che rappresenta il grande veliero fermo, in attesa di solcare il mare. Non più naufraghi, ma timonieri. Non più vittime, ma abili marinai in grado di issare le vele e dominare l'impeto delle acque turbolenti. Non si annega, si nuota sulla traiettoria della corrente dove la vita ci accompagna. Ecco la grotta. Entrarci non fa più paura.
A passo lento avanziamo verso l'auto-conoscenza che è esplorazione, ricerca, buio e luce, freddo e calore, e poi apertura, sull'altro lato, quello da cui sappiamo di poterci tuffare, senza farci del male.
“Un albero il cui tronco si può a malapena abbracciare nasce da un minuscolo germoglio.
Una torre alta nove piani incomincia con un mucchietto di terra.
un lungo viaggio di mille miglia si comincia col muovere un piede”.
(Lao Tse)
Là dentro si scorge una luce brillante, mentre intorno le pareti rocciose trasudano un'assenza di significato. Il passo si fa lento, il respiro corto: la grotta è molto buia, ma su un lato appaiono delle candele accese. Si sentono fruscii. Rotolano sassi: oltre quel luccicore, fa rabbrividire un burrone, dove riecheggia il ticchettio delle pietre, che, rotolando, intonano sonorità evocative.
Un'area ignota alla coscienza, ma a lei così legata.
Una porta separa le due dimensioni dell'essere: trovarne la chiave è l'inizio di quel percorso che tanto lontano ci potrà condurre, se alimentiamo la curiosità di varcare la soglia che ci riconduce a noi stessi.
Aprirsi in un campo di relazione è un po' come viaggiare con un paio d'ali, sospesi a mezz’aria, pronti a scendere a terra e andare in profondità, oltre il bosco, oltre i rami fitti che impediscono di vedere, oltre il torrente laggiù, dove una luce intensa traccia nuove direzioni.
In questi luoghi stazionano parti dell'Io che vanno ascoltate, comprese, integrate, per dare loro voce e accoglierle in un'area di consapevolezza, che rappresenta il grande veliero fermo, in attesa di solcare il mare. Non più naufraghi, ma timonieri. Non più vittime, ma abili marinai in grado di issare le vele e dominare l'impeto delle acque turbolenti. Non si annega, si nuota sulla traiettoria della corrente dove la vita ci accompagna. Ecco la grotta. Entrarci non fa più paura.
A passo lento avanziamo verso l'auto-conoscenza che è esplorazione, ricerca, buio e luce, freddo e calore, e poi apertura, sull'altro lato, quello da cui sappiamo di poterci tuffare, senza farci del male.
“Un albero il cui tronco si può a malapena abbracciare nasce da un minuscolo germoglio.
Una torre alta nove piani incomincia con un mucchietto di terra.
un lungo viaggio di mille miglia si comincia col muovere un piede”.
(Lao Tse)