L’appuntamento mensile con il corso di formazione in Counselling richiede un viaggio di avvicinamento, che, ormai da qualche anno, condivido con Franca. Il nostro viaggio, il nostro “andare verso”, diventa spesso un “viaggio dell’anima”: riflessioni, parole, sguardi, condivisioni, pianti dolorosi, risate a crepapelle, strade sbagliate, mai casualmente, perché, l’abbiamo imparato, il caso non esiste, e ancora ... incontri, collane lanciate dal finestrino che avevano bisogno di “prendere il volo”... il potere delle metafore e dei gesti simbolici compiuti col corpo.
Un paio di mesi fa, proprio durante uno di questi viaggi dell’anima, ho condiviso con Franca il mio stato emotivo, le ho parlato di come mi sentivo nel mondo e l’ho fatto soprattutto dandole un’immagine di me in quel momento: un guerriero, bardato di tutto punto, che cammina a quattro zampe lungo una strada polverosa in mezzo alla campagna. E’ sfinito, affaticato, sotto il peso dell’armatura e di tutte le battaglie condotte. Eppure procede, trascinandosi e lasciando trapelare la sua innata forza ed il suo valore.
Nella mano destra brandisce una spada pesante e scintillante che agita confusamente davanti a sé sferzando colpi inutili, in una lotta vana contro il nulla. Mi pare di sentire il sibilo della spada che fende l’aria a vuoto e provo tenerezza verso quel guerriero che ancora combatte, anche se la guerra è finita, il nemico è sconfitto o scappato... non serve più, ma lui continua come in preda ad un moto perpetuo, ad un agire ormai incarnato che è diventato il suo modo di stare al mondo.
Ero alla guida della vettura, ma, davanti a me, vedevo solo il guerriero e mi veniva da piangere. Ho pianto. Franca ha ascoltato il mio pianto.
L’immagine del guerriero mi è stata restituita nuovamente durante il week-end dalle parole di Manfredini, che descriveva la disgregazione della parte narcisistica dell’Io, fase delicatissima, di sofferenza, di destrutturazione dell’immagine di sé .... il guerriero che barcolla e non si regge più sulle gambe. Il mio era già a quattro zampe.
Il week-end successivo me lo ritrovo ancora tra i piedi, il benedetto guerriero, durante l’intervento di Francesca Marchegiano, neanche mi aspettasse al varco...
Nel viaggio dell’Eroe, il guerriero è colui che presidia i confini, che recide ciò che non serve più, ciò che non ci fa più bene, è colui che ha la capacità chirurgica di distinguere il bene dal male.
Per queste sue qualità è in grado di affrontare l’ostacolo, di entrare nella caverna dove si nasconde il peggior nemico, contro cui, naturalmente, è pronto a combattere, sguainando la spada, quella pesante e scintillante. Ma poi Francesca ci parla anche di un altro tipo di guerriero, quello evoluto, che sa quando non serve combattere e di un altro tipo ancora, quello ancora più evoluto, che può deporre le armi perché il suo combattere sta nel suo essere, la sua arma è l’esempio.
“Ma come?”, mi chiedo ... Si sta dimenticando del peggior nemico, che è in agguato nella caverna oscura ... Com’ è possibile sconfiggerlo senza combattere? Come ucciderlo senza un’arma?
Qualcosa non mi torna, sono confusa, disorientata, mi manca un pezzo.
All’improvviso un’illuminazione, una piccola epifania: mi sembra di essere nella caverna, vedo il buio e ne sento l’umidità... ed ho la sensazione netta che da qualche parte, lì intorno, vicino a me, debba pur esserci il tesoro nascosto. Ecco il pezzo che manca !!
“L’oro è nell’ombra...”
“La caverna in cui hai paura di entrare ha il tesoro che stai cercando...”
Mi risuonano queste parole, a cui non avevo prestato molta attenzione e comincio a sentire anche tutta la paura che avevo ignorato e che se ne stava ben ben compressa sotto l’armatura pesante.
Il buio, il nemico, il tesoro, la paura...
E se la chiave di tutto fosse la Paura?
Se il vero nemico non fosse né il mostro, né il buio, ma la paura stessa?
Effettivamente a ben poco valgono armi ed armature contro la paura. Allora tornerebbe il discorso del guerriero evoluto, quello che sa quando non serve combattere... la paura va accolta e capita, non combattuta.
Sì, ma qualcosa ancora non quadra... la paura di cosa? Del buio? Del mostro, il terribile peggior nemico?
Si insinua ancora, prepotente, nella mia testa, l’immagine del tesoro ... ne vedo il luccichio.
E se, alla fine di tutto, la vera paura non fosse né quella del buio, né quella del peggior nemico, ma solo e soltanto quella di trovare il tesoro? Di restarne abbagliati? Forse, in fondo, non sopportare l’idea di meritarsi tanta bellezza?
Ecco, la paura di sapere che il tesoro è lì ed è tutto per sé, basta abituarsi un po’ all’ombra, aprire bene gli occhi ed allungare la mano... farlo proprio.
Il guerriero ancora più evoluto, di cui parlava Francesca, può deporre le armi perché ha capito che ciò per cui combatte è già suo, é il tesoro che ha in sé, con cui è nato, ci vuole solo il coraggio di guardarlo. Oro Svelato.
Posso deporre la spada, smetterla di fendere l’aria. Riposo.
Un paio di mesi fa, proprio durante uno di questi viaggi dell’anima, ho condiviso con Franca il mio stato emotivo, le ho parlato di come mi sentivo nel mondo e l’ho fatto soprattutto dandole un’immagine di me in quel momento: un guerriero, bardato di tutto punto, che cammina a quattro zampe lungo una strada polverosa in mezzo alla campagna. E’ sfinito, affaticato, sotto il peso dell’armatura e di tutte le battaglie condotte. Eppure procede, trascinandosi e lasciando trapelare la sua innata forza ed il suo valore.
Nella mano destra brandisce una spada pesante e scintillante che agita confusamente davanti a sé sferzando colpi inutili, in una lotta vana contro il nulla. Mi pare di sentire il sibilo della spada che fende l’aria a vuoto e provo tenerezza verso quel guerriero che ancora combatte, anche se la guerra è finita, il nemico è sconfitto o scappato... non serve più, ma lui continua come in preda ad un moto perpetuo, ad un agire ormai incarnato che è diventato il suo modo di stare al mondo.
Ero alla guida della vettura, ma, davanti a me, vedevo solo il guerriero e mi veniva da piangere. Ho pianto. Franca ha ascoltato il mio pianto.
L’immagine del guerriero mi è stata restituita nuovamente durante il week-end dalle parole di Manfredini, che descriveva la disgregazione della parte narcisistica dell’Io, fase delicatissima, di sofferenza, di destrutturazione dell’immagine di sé .... il guerriero che barcolla e non si regge più sulle gambe. Il mio era già a quattro zampe.
Il week-end successivo me lo ritrovo ancora tra i piedi, il benedetto guerriero, durante l’intervento di Francesca Marchegiano, neanche mi aspettasse al varco...
Nel viaggio dell’Eroe, il guerriero è colui che presidia i confini, che recide ciò che non serve più, ciò che non ci fa più bene, è colui che ha la capacità chirurgica di distinguere il bene dal male.
Per queste sue qualità è in grado di affrontare l’ostacolo, di entrare nella caverna dove si nasconde il peggior nemico, contro cui, naturalmente, è pronto a combattere, sguainando la spada, quella pesante e scintillante. Ma poi Francesca ci parla anche di un altro tipo di guerriero, quello evoluto, che sa quando non serve combattere e di un altro tipo ancora, quello ancora più evoluto, che può deporre le armi perché il suo combattere sta nel suo essere, la sua arma è l’esempio.
“Ma come?”, mi chiedo ... Si sta dimenticando del peggior nemico, che è in agguato nella caverna oscura ... Com’ è possibile sconfiggerlo senza combattere? Come ucciderlo senza un’arma?
Qualcosa non mi torna, sono confusa, disorientata, mi manca un pezzo.
All’improvviso un’illuminazione, una piccola epifania: mi sembra di essere nella caverna, vedo il buio e ne sento l’umidità... ed ho la sensazione netta che da qualche parte, lì intorno, vicino a me, debba pur esserci il tesoro nascosto. Ecco il pezzo che manca !!
“L’oro è nell’ombra...”
“La caverna in cui hai paura di entrare ha il tesoro che stai cercando...”
Mi risuonano queste parole, a cui non avevo prestato molta attenzione e comincio a sentire anche tutta la paura che avevo ignorato e che se ne stava ben ben compressa sotto l’armatura pesante.
Il buio, il nemico, il tesoro, la paura...
E se la chiave di tutto fosse la Paura?
Se il vero nemico non fosse né il mostro, né il buio, ma la paura stessa?
Effettivamente a ben poco valgono armi ed armature contro la paura. Allora tornerebbe il discorso del guerriero evoluto, quello che sa quando non serve combattere... la paura va accolta e capita, non combattuta.
Sì, ma qualcosa ancora non quadra... la paura di cosa? Del buio? Del mostro, il terribile peggior nemico?
Si insinua ancora, prepotente, nella mia testa, l’immagine del tesoro ... ne vedo il luccichio.
E se, alla fine di tutto, la vera paura non fosse né quella del buio, né quella del peggior nemico, ma solo e soltanto quella di trovare il tesoro? Di restarne abbagliati? Forse, in fondo, non sopportare l’idea di meritarsi tanta bellezza?
Ecco, la paura di sapere che il tesoro è lì ed è tutto per sé, basta abituarsi un po’ all’ombra, aprire bene gli occhi ed allungare la mano... farlo proprio.
Il guerriero ancora più evoluto, di cui parlava Francesca, può deporre le armi perché ha capito che ciò per cui combatte è già suo, é il tesoro che ha in sé, con cui è nato, ci vuole solo il coraggio di guardarlo. Oro Svelato.
Posso deporre la spada, smetterla di fendere l’aria. Riposo.