In certi film vediamo che il protagonista per evolvere affronta i conflitti del passato, combatte per i propri ideali, si prodiga generosamente verso gli altri, perdona le sofferenze ricevute, lascia andare il dolore, rinuncia al proprio ego e pensa a se stesso in modi diversi.
I protagonisti della vita quotidiana affrontano le medesime prove quando si arrovellano nelle sofferenze passate, sulla ragazza dei sogni che non c’è più, sulla confusione del momento, sulle scelte che angosciano, sul lasciar andare quegli attaccamenti all’immagine di sé, ai ruoli, alle cose, che servono da fragili boe in mezzo alla tormenta del mare e della vita.
Quando non si gestisce più niente e si vuole tutto, si ha voglia di essere adottati dalla vita, dagli altri e dalle circostanze. Ma non funziona così.
Dopo ogni temporale, c’è un raggio di sole, sì, ma bisogna coglierlo. E bisogna smettere di friggere e frignare. Di lamentarsi e di caricare la propria rabbia verso il mondo.
Non è il mondo il problema. Siamo noi. Le nostre elucubrazioni, le relazioni folli, i desideri chimerici, i sogni senza costrutto, quel senso della realtà fragile e insicuro che ci accompagna alla pensione di noi stessi.
Basta lamentarsi, sfogarsi, disperarsi. A che serve? ‘Vicino, ma non troppo vicino. Lontano ma non troppo 'lontano’. Basta giocare, pensare negativo e bollire come i fagioli in pentola.
‘Male che si vuole, non duole’, dice il proverbio, e allora assumiamoci la responsabilità di sapere che la nostra vita non fa così 'schifo' e che non si può avere capre e cavoli, istinto e ragione, amore e amicizia, soldi e tempo libero, cose e sogni, presenti a comando.
Basta stare male, basta giocare al gioco di sedurre la vita con il broncio, impariamo a fregarcene. Non possiamo essere adottati, accuditi, sostenuti a oltranza a 30/40 o 50 anni.
E’ ora di far quadrare i conti e far brillare le passioni, con decisioni e scelte che restano in piedi da sole. Che hanno i piedi nella realtà e che camminano in modo unico.
Non possiamo essere il migliore amico/a di tutti e allo stesso tempo amanti e sposi.
Questa gara è finita ed è ora di cambiare sport.
I protagonisti della vita quotidiana affrontano le medesime prove quando si arrovellano nelle sofferenze passate, sulla ragazza dei sogni che non c’è più, sulla confusione del momento, sulle scelte che angosciano, sul lasciar andare quegli attaccamenti all’immagine di sé, ai ruoli, alle cose, che servono da fragili boe in mezzo alla tormenta del mare e della vita.
Quando non si gestisce più niente e si vuole tutto, si ha voglia di essere adottati dalla vita, dagli altri e dalle circostanze. Ma non funziona così.
Dopo ogni temporale, c’è un raggio di sole, sì, ma bisogna coglierlo. E bisogna smettere di friggere e frignare. Di lamentarsi e di caricare la propria rabbia verso il mondo.
Non è il mondo il problema. Siamo noi. Le nostre elucubrazioni, le relazioni folli, i desideri chimerici, i sogni senza costrutto, quel senso della realtà fragile e insicuro che ci accompagna alla pensione di noi stessi.
Basta lamentarsi, sfogarsi, disperarsi. A che serve? ‘Vicino, ma non troppo vicino. Lontano ma non troppo 'lontano’. Basta giocare, pensare negativo e bollire come i fagioli in pentola.
‘Male che si vuole, non duole’, dice il proverbio, e allora assumiamoci la responsabilità di sapere che la nostra vita non fa così 'schifo' e che non si può avere capre e cavoli, istinto e ragione, amore e amicizia, soldi e tempo libero, cose e sogni, presenti a comando.
Basta stare male, basta giocare al gioco di sedurre la vita con il broncio, impariamo a fregarcene. Non possiamo essere adottati, accuditi, sostenuti a oltranza a 30/40 o 50 anni.
E’ ora di far quadrare i conti e far brillare le passioni, con decisioni e scelte che restano in piedi da sole. Che hanno i piedi nella realtà e che camminano in modo unico.
Non possiamo essere il migliore amico/a di tutti e allo stesso tempo amanti e sposi.
Questa gara è finita ed è ora di cambiare sport.