Le potenzialità rimandano al concetto di qualcosa che si trova in noi allo stato latente, ma che ancora non siamo in grado di utilizzare o di esserne consapevoli, tuttavia rientrano nelle nostre possibilità.
Le potenzialità differiscono dalle capacità.
Queste ultime raccontano ciò che siamo in grado di fare o di essere nel momento presente.
Le potenzialità fanno riferimento, invece, a un contesto più ampio: riconducono a un ambito costituzionale o attitudinale, ma possono trovarsi, in parte o completamente, in uno stato latente a volte inconsapevole. Diventano effettive quando, attraverso la consapevolezza, evolvono in risorse agite.
Il nostro potenziale di sviluppo deriva, dunque, dall’insieme delle capacità che potremo sviluppare nella nostra vita in seguito a una adeguata stimolazione dell’ambiente, a un costante allenamento e alla conoscenza di sé.
James Hillman, con la teoria della ghianda, parte dal presupposto che ognuno di noi possegga un talento innato (daimon) che aspetta solo di essere riscoperto, un destino cui siamo chiamati fin dalla nascita e che, spesso, si manifesta più liberamente nell’infanzia.
Utilizzando la metafora della natura, paragona l’uomo a un seme di quercia che, nel corso del tempo, necessariamente darà vita a un albero di quercia.
Non è possibile che il seme generi una tipologia di albero diverso poiché esso è destinato, in origine, a diventare solo e solamente una quercia, con caratteristiche uniche, diverse da tutte le altre querce, ma sempre una quercia.
Secondo Hillman la stessa cosa accade agli esseri umani che nascono con uno o più talenti peculiari che spesso dimenticano di avere.
Ogni persona ha sperimentato almeno una volta nella vita un’illuminazione che l’ha condotta dove ora si trova. Hillman chiama questa la “fulminazione” che porta l’essere umano ad avere chiaro in mente ciò che doveva fare e a farlo generando, improvvisamente, una maggiore coscienza di sé.
L’individuo è responsabile delle proprie scelte e da lui dipende la capacità o meno di mettersi in contatto con il proprio daimon, quella vocazione innata che è, poi, il motivo per cui abbiamo scelto di vivere in un particolare contesto.
Riprendendo il significato della metafora, non è però detto che la ghianda riesca sempre a diventare quercia perché, sebbene in potenziale lo sia, potrebbe venire distrutta prima che questa cresca, oppure potrebbe, per una serie di motivazioni, non riuscire a svilupparsi completamente.
Diventare una quercia significa compiere in questa vita esattamente ciò per cui si è nati, in base alle caratteristiche e alle peculiarità personali. Il modo per farlo è riscoprire i propri talenti e nutrirli con l’applicazione, affinché si possano realizzare, portando a compimento il senso della propria esistenza.
Il daimon è una presenza invisibile che si prende cura di noi quotidianamente.
Nella tradizione greca si arricchisce di ulteriori significati: esso rappresenta l’indole dell’uomo, una specie di modello da seguire per poter realizzare il destino che gli è stato assegnato permettendogli di compiere pienamente la sua natura.
Mentre nell’antichità questa presenza era riconosciuta e perfino omaggiata, oggi risulta quasi totalmente ignorata.
Le potenzialità differiscono dalle capacità.
Queste ultime raccontano ciò che siamo in grado di fare o di essere nel momento presente.
Le potenzialità fanno riferimento, invece, a un contesto più ampio: riconducono a un ambito costituzionale o attitudinale, ma possono trovarsi, in parte o completamente, in uno stato latente a volte inconsapevole. Diventano effettive quando, attraverso la consapevolezza, evolvono in risorse agite.
Il nostro potenziale di sviluppo deriva, dunque, dall’insieme delle capacità che potremo sviluppare nella nostra vita in seguito a una adeguata stimolazione dell’ambiente, a un costante allenamento e alla conoscenza di sé.
James Hillman, con la teoria della ghianda, parte dal presupposto che ognuno di noi possegga un talento innato (daimon) che aspetta solo di essere riscoperto, un destino cui siamo chiamati fin dalla nascita e che, spesso, si manifesta più liberamente nell’infanzia.
Utilizzando la metafora della natura, paragona l’uomo a un seme di quercia che, nel corso del tempo, necessariamente darà vita a un albero di quercia.
Non è possibile che il seme generi una tipologia di albero diverso poiché esso è destinato, in origine, a diventare solo e solamente una quercia, con caratteristiche uniche, diverse da tutte le altre querce, ma sempre una quercia.
Secondo Hillman la stessa cosa accade agli esseri umani che nascono con uno o più talenti peculiari che spesso dimenticano di avere.
Ogni persona ha sperimentato almeno una volta nella vita un’illuminazione che l’ha condotta dove ora si trova. Hillman chiama questa la “fulminazione” che porta l’essere umano ad avere chiaro in mente ciò che doveva fare e a farlo generando, improvvisamente, una maggiore coscienza di sé.
L’individuo è responsabile delle proprie scelte e da lui dipende la capacità o meno di mettersi in contatto con il proprio daimon, quella vocazione innata che è, poi, il motivo per cui abbiamo scelto di vivere in un particolare contesto.
Riprendendo il significato della metafora, non è però detto che la ghianda riesca sempre a diventare quercia perché, sebbene in potenziale lo sia, potrebbe venire distrutta prima che questa cresca, oppure potrebbe, per una serie di motivazioni, non riuscire a svilupparsi completamente.
Diventare una quercia significa compiere in questa vita esattamente ciò per cui si è nati, in base alle caratteristiche e alle peculiarità personali. Il modo per farlo è riscoprire i propri talenti e nutrirli con l’applicazione, affinché si possano realizzare, portando a compimento il senso della propria esistenza.
Il daimon è una presenza invisibile che si prende cura di noi quotidianamente.
Nella tradizione greca si arricchisce di ulteriori significati: esso rappresenta l’indole dell’uomo, una specie di modello da seguire per poter realizzare il destino che gli è stato assegnato permettendogli di compiere pienamente la sua natura.
Mentre nell’antichità questa presenza era riconosciuta e perfino omaggiata, oggi risulta quasi totalmente ignorata.