Come spesso accade, l’osservare il mio bimbo, Fede, mi porta a soffermarmi a pensare…
Gli piace molto disegnare e qualche giorno fa, dopo avere ultimato una delle sue creazioni, mi ha detto: “Mamma ecco, la nostra famiglia. C’è nonno con le sue orecchie giganti. Io con i capelli arancioni come la barba di papà, che sembra una sciarpa. E poi ci siete tu e nonna che siete uguali, ma tu hai gli occhi verdi e nonna marroni”.
Apro una parentesi su un breve aneddoto divertente. Le orecchie del nonno sono oggettivamente grandi tre volte le nostre (magari è per questo che è il solo ad averle) o probabilmente il fatto che sia l’unico al quale Fede abbia deciso di disegnarle, sottolinea l’importanza che hanno per lui. Il nonno gli ha raccontato che sono come quelle di Dumbo: hanno la capacità di farlo volare!
Nella semplicità che questo esempio vuole rappresentare, tornando alla descrizione di Fede, ho pensato: “che meraviglia!” La sua semplicità, la sua purezza, il suo non giudizio mi affascinano. Davvero è un osservatore indiscriminato ed autentico nella descrizione di quel che vede.
Mi sono domandata come un adulto, famigliare o amico che sia, di fronte a noi cinque, in una situazione reale o vedendoci in una foto, ci avrebbe descritti.
Sembra davvero così banale dirlo, dovremmo tutti essere capaci di vivere nel non giudizio, ma è ormai un po' consuetudine quella di utilizzare questo atteggiamento critico, spesso probabilmente anche in maniera inconsapevole, che si è ormai radicata come un’abitudine difficile da perdere. Sembra essere un’esigenza quella di dover classificare in qualche modo, eventi e persone (noi inclusi).
E’ fondamentale lavorarci, lavorare su questa pratica di sospensione del giudizio, soprattutto per cogliere la pienezza di ciò che ci circonda; solo rompendo questi schemi potremo sperimentare con totalità e accoglienza situazioni e persone e vivere il tutto per quello che davvero è, e non per quello che i nostri pregiudizi hanno deciso debba essere. Carichiamo situazioni e persone di significati che non appartengono loro.
Questo indipendentemente dal fatto che possa rivelarsi un riscontro positivo o negativo il nostro; il punto non è il risvolto del giudizio, ma la purezza e la neutralità con le quali dovremmo vivere.
Il giudicare rappresenta un ostacolo alla piena realizzazione del sé, al prendere parte ad alcune situazioni e possibilità che la vita ci offre (quando ad esempio si decide di non mettersi in gioco perché si è interpretata una situazione in maniera non realistica, non oggettiva) oppure, quando non conoscendo una persona sono sufficienti poche parole o ancora meno, il semplice aver giudicato il suo aspetto senza nemmeno aver dato la possibilità di conoscere, per alzare muri.
Bisognerebbe diventare osservatori imparziali, cercare di ancorarsi al presente, di stare nella situazione .
Il prendere consapevolezza di quando stiamo per cadere nel giudizio, sicuramente potrebbe aiutare a fermarci, fare un passo indietro e cambiare prospettiva, passare da una prospettiva giudicante ad una accogliente ad esempio.
L’essere imparziali aiuterebbe a comprendere pregiudizi e inganni mentali che vivono in noi e più diventeremo consapevoli di quando il giudizio sta entrando in gioco, e sapremo quindi riconoscerlo, e più vivremo in modo autentico il presente. Questo ci renderebbe più liberi, felici e meno “stressati”, pronti a cogliere la pienezza di ciò che ci circonda e sicuramente farebbe di noi dei coach capaci nel loro lavoro.
Gli piace molto disegnare e qualche giorno fa, dopo avere ultimato una delle sue creazioni, mi ha detto: “Mamma ecco, la nostra famiglia. C’è nonno con le sue orecchie giganti. Io con i capelli arancioni come la barba di papà, che sembra una sciarpa. E poi ci siete tu e nonna che siete uguali, ma tu hai gli occhi verdi e nonna marroni”.
Apro una parentesi su un breve aneddoto divertente. Le orecchie del nonno sono oggettivamente grandi tre volte le nostre (magari è per questo che è il solo ad averle) o probabilmente il fatto che sia l’unico al quale Fede abbia deciso di disegnarle, sottolinea l’importanza che hanno per lui. Il nonno gli ha raccontato che sono come quelle di Dumbo: hanno la capacità di farlo volare!
Nella semplicità che questo esempio vuole rappresentare, tornando alla descrizione di Fede, ho pensato: “che meraviglia!” La sua semplicità, la sua purezza, il suo non giudizio mi affascinano. Davvero è un osservatore indiscriminato ed autentico nella descrizione di quel che vede.
Mi sono domandata come un adulto, famigliare o amico che sia, di fronte a noi cinque, in una situazione reale o vedendoci in una foto, ci avrebbe descritti.
Sembra davvero così banale dirlo, dovremmo tutti essere capaci di vivere nel non giudizio, ma è ormai un po' consuetudine quella di utilizzare questo atteggiamento critico, spesso probabilmente anche in maniera inconsapevole, che si è ormai radicata come un’abitudine difficile da perdere. Sembra essere un’esigenza quella di dover classificare in qualche modo, eventi e persone (noi inclusi).
E’ fondamentale lavorarci, lavorare su questa pratica di sospensione del giudizio, soprattutto per cogliere la pienezza di ciò che ci circonda; solo rompendo questi schemi potremo sperimentare con totalità e accoglienza situazioni e persone e vivere il tutto per quello che davvero è, e non per quello che i nostri pregiudizi hanno deciso debba essere. Carichiamo situazioni e persone di significati che non appartengono loro.
Questo indipendentemente dal fatto che possa rivelarsi un riscontro positivo o negativo il nostro; il punto non è il risvolto del giudizio, ma la purezza e la neutralità con le quali dovremmo vivere.
Il giudicare rappresenta un ostacolo alla piena realizzazione del sé, al prendere parte ad alcune situazioni e possibilità che la vita ci offre (quando ad esempio si decide di non mettersi in gioco perché si è interpretata una situazione in maniera non realistica, non oggettiva) oppure, quando non conoscendo una persona sono sufficienti poche parole o ancora meno, il semplice aver giudicato il suo aspetto senza nemmeno aver dato la possibilità di conoscere, per alzare muri.
Bisognerebbe diventare osservatori imparziali, cercare di ancorarsi al presente, di stare nella situazione .
Il prendere consapevolezza di quando stiamo per cadere nel giudizio, sicuramente potrebbe aiutare a fermarci, fare un passo indietro e cambiare prospettiva, passare da una prospettiva giudicante ad una accogliente ad esempio.
L’essere imparziali aiuterebbe a comprendere pregiudizi e inganni mentali che vivono in noi e più diventeremo consapevoli di quando il giudizio sta entrando in gioco, e sapremo quindi riconoscerlo, e più vivremo in modo autentico il presente. Questo ci renderebbe più liberi, felici e meno “stressati”, pronti a cogliere la pienezza di ciò che ci circonda e sicuramente farebbe di noi dei coach capaci nel loro lavoro.