I cambiamenti iniziano con piccoli passi. E se il tuo obiettivo è formarti e crescere, ecco cosa puoi imparare dal mito dello specchio e dai suoi protagonisti.
Tre modelli a confronto.
La realtà di questo momento è uno specchio che ci invita a riflettere su di noi e sulle nostre trasformazioni.
Dal mito dello specchio della Grecia antica, abbiamo tre figure che parlano di noi, della nostra bellezza e delle nostre paure: Dioniso, Perseo, Narciso.
Dioniso è un Dio fanciullo amato da tutti che diventa oggetto dell’invidia dei Titani (Figli della terra) che lo vogliono uccidere, e da cui scappa fino a trovarsi davanti ad uno specchio rotondo. Davanti a quello specchio 'vede', 'scopre il mondo' e diventa ‘il’ mondo. Si trasforma in ogni cosa del mondo e grazie a quell'artificio sfugge ai propri inseguitori. La Madre terra, ribellandosi a questa 'fuga', emette un suono che ne paralizza la ‘creatività’. E Dioniso, sorpreso, viene finalmente catturato dai Titani e fatto a pezzi. Apollo, suo padre, ne raccoglie i pezzi, li ricompone e nel suo lamento ne condivide la tragedia.
Dioniso rappresenta il mondo bambino di ciascuno e mostra come creatività e fanciullezza, si accompagnino a trasformazione, tragedia e morte.
Perseo, invece, che ha il compito di tagliare la testa al terrore, alla Medusa e ai suoi serpenti, si guarda allo specchio e vede sé stesso. La sua testa è la medusa. La taglia, taglia la propria testa, guardandosi allo specchio. Consapevole di sé stesso.
Con Perseo scopriamo che per diventare uomini si devono portare sulle spalle i fardelli della vita. E si cresce solo guardandosi allo specchio e affrontando da ‘vivi’ il proprio terrore e le proprie angosce.
Narciso, dal canto suo, è una creatura bellissima, che piace a tutti, ma non ne è consapevole. Abita in un luogo speciale che si chiama Eco (Una ninfa che è stata punita da Giunone nel non riuscire a dire che le ultime parole di una frase) e in quel luogo, un laghetto perfettamente rotondo, si china sull’acqua e raccoglie, vede, lo sguardo di sé. Ne viene rapito, cade nell’acqua e muore. Secondo altre interpretazioni, si trasforma in un fiore, un narciso bellissimo, riflesso di una incosciente e necessaria trasformazione.
Con Narciso scopriamo che la bellezza è riconoscersi, partendo da una non coscienza, da qualcosa di cui non siamo consapevoli e attraverso la quale ci trasformiamo.
Cosa possiamo trarre da tutto questo?
Da Dioniso stordito dalla sua fanciullezza, da Perseo che taglia il suo profondo di terrore e se lo mette sulle spalle, da Narciso e dalla sua inconsapevole bellezza, scopriamo che dobbiamo fare pace con il nostro passato, che le tragedie ci fanno crescere e che la consapevolezza è un respiro che non fa sognare ma ci rispecchia.
Tre modelli a confronto.
La realtà di questo momento è uno specchio che ci invita a riflettere su di noi e sulle nostre trasformazioni.
Dal mito dello specchio della Grecia antica, abbiamo tre figure che parlano di noi, della nostra bellezza e delle nostre paure: Dioniso, Perseo, Narciso.
Dioniso è un Dio fanciullo amato da tutti che diventa oggetto dell’invidia dei Titani (Figli della terra) che lo vogliono uccidere, e da cui scappa fino a trovarsi davanti ad uno specchio rotondo. Davanti a quello specchio 'vede', 'scopre il mondo' e diventa ‘il’ mondo. Si trasforma in ogni cosa del mondo e grazie a quell'artificio sfugge ai propri inseguitori. La Madre terra, ribellandosi a questa 'fuga', emette un suono che ne paralizza la ‘creatività’. E Dioniso, sorpreso, viene finalmente catturato dai Titani e fatto a pezzi. Apollo, suo padre, ne raccoglie i pezzi, li ricompone e nel suo lamento ne condivide la tragedia.
Dioniso rappresenta il mondo bambino di ciascuno e mostra come creatività e fanciullezza, si accompagnino a trasformazione, tragedia e morte.
Perseo, invece, che ha il compito di tagliare la testa al terrore, alla Medusa e ai suoi serpenti, si guarda allo specchio e vede sé stesso. La sua testa è la medusa. La taglia, taglia la propria testa, guardandosi allo specchio. Consapevole di sé stesso.
Con Perseo scopriamo che per diventare uomini si devono portare sulle spalle i fardelli della vita. E si cresce solo guardandosi allo specchio e affrontando da ‘vivi’ il proprio terrore e le proprie angosce.
Narciso, dal canto suo, è una creatura bellissima, che piace a tutti, ma non ne è consapevole. Abita in un luogo speciale che si chiama Eco (Una ninfa che è stata punita da Giunone nel non riuscire a dire che le ultime parole di una frase) e in quel luogo, un laghetto perfettamente rotondo, si china sull’acqua e raccoglie, vede, lo sguardo di sé. Ne viene rapito, cade nell’acqua e muore. Secondo altre interpretazioni, si trasforma in un fiore, un narciso bellissimo, riflesso di una incosciente e necessaria trasformazione.
Con Narciso scopriamo che la bellezza è riconoscersi, partendo da una non coscienza, da qualcosa di cui non siamo consapevoli e attraverso la quale ci trasformiamo.
Cosa possiamo trarre da tutto questo?
Da Dioniso stordito dalla sua fanciullezza, da Perseo che taglia il suo profondo di terrore e se lo mette sulle spalle, da Narciso e dalla sua inconsapevole bellezza, scopriamo che dobbiamo fare pace con il nostro passato, che le tragedie ci fanno crescere e che la consapevolezza è un respiro che non fa sognare ma ci rispecchia.