L’apnea è uno sport invisibile. Tutto accade dentro di noi: l’apnea si inizia esplorando e cercando il proprio equilibrio. E quando si raggiunge il livello in cui non si ha più bisogno di respirare, si inizia a sentire il piacere, un piacere mentale.
Ogni tanto, però, ci avviciniamo troppo al limite. Questo accade quando scendiamo di più o allunghiamo la dinamica o il tempo della statica.
Tutto ciò può trasformarsi in una dipendenza, in una trappola.
Il desiderio del piacere diventa uno scoglio sul quale ogni uomo vorrebbe naufragare.
Desideriamo sempre di più, più tempi e più misure, e ciò ci può far del male.
Il limite, però, non ci deve limitare, ma salvare e tutelare. Ed è importante conoscerlo, perché il limite ci protegge e va gestito.
Per farlo, bisogna imparare gestire le emozioni, che chiamerei: “Educazione dell’apnea”.
Quando si manifestano emozioni negative, è utile incanalarle in qualche modo. Ad esempio si può scrivere su un foglio di carta tutto il ‘veleno’ che si prova e dopo aver abbassato la pressione emotiva, trasformarla in grinta o energia positiva.
Il piacere arriva quando c’è controllo.
Se il piacere si fonde con il limite, diventa punitivo per il corpo. Non è utile arrivare al limite del piacere, ognuno deve trovare le proprie emozioni e gestirne le sfumature.
Tutti abbiamo le nostre paure. Non è utile cercare di evitarle, bensì affrontarle con piccoli avanzamenti. Una paura affrontata si trasforma in coraggio, una paura evitata si trasforma in timor panico. Poi c’è anche il dolore, che è parte della nostra vita. Non bisogna aver paura di guardare in faccia al dolore. Spesso cerchiamo di evitarlo e deviarlo, ma se ci irrigidiamo, in apnea, ciò porta alle contrazioni.
Ci sono apneisti che cadono in psicotrappole. Alcuni cercano di aver tutto sotto controllo. Fanno super allenamenti e adottano rituali rassicuranti. Però sappiamo che la perfezione non esiste. Ad esempio, se si allagano gli occhialini o le gambe iniziano a far male, prima del solito, l’apneista può andare nel panico.
Ci sono anche gli autoinganni. Riguardano l’illusione di aver risolto tutto, creando una correlazione tra azione e prestazione, o modi rituali di usare l’attrezzatura. Dopo qualche tempo non si può fare a meno seguire un rituale e se l’apneista dimentica di farlo, può capitare che l’imprevisto lo spaventi.
Per cominciare ad immergersi, pertanto, serve la preparazione sia per il corpo che della mente.
Prima di cominciare l’apnea, ho praticato yoga per tanti anni e, oggi, faccio spesso sia rilassamento che respirazione pranayama. Tutte queste attività, accompagnate con una passeggiata all’aria aperta, un po di sport e una dieta sana, sono diventate per me uno stile di vita.
Mi viene di dire, che il limite ci preserva e ci rende un po più liberi.
Ogni tanto, però, ci avviciniamo troppo al limite. Questo accade quando scendiamo di più o allunghiamo la dinamica o il tempo della statica.
Tutto ciò può trasformarsi in una dipendenza, in una trappola.
Il desiderio del piacere diventa uno scoglio sul quale ogni uomo vorrebbe naufragare.
Desideriamo sempre di più, più tempi e più misure, e ciò ci può far del male.
Il limite, però, non ci deve limitare, ma salvare e tutelare. Ed è importante conoscerlo, perché il limite ci protegge e va gestito.
Per farlo, bisogna imparare gestire le emozioni, che chiamerei: “Educazione dell’apnea”.
Quando si manifestano emozioni negative, è utile incanalarle in qualche modo. Ad esempio si può scrivere su un foglio di carta tutto il ‘veleno’ che si prova e dopo aver abbassato la pressione emotiva, trasformarla in grinta o energia positiva.
Il piacere arriva quando c’è controllo.
Se il piacere si fonde con il limite, diventa punitivo per il corpo. Non è utile arrivare al limite del piacere, ognuno deve trovare le proprie emozioni e gestirne le sfumature.
Tutti abbiamo le nostre paure. Non è utile cercare di evitarle, bensì affrontarle con piccoli avanzamenti. Una paura affrontata si trasforma in coraggio, una paura evitata si trasforma in timor panico. Poi c’è anche il dolore, che è parte della nostra vita. Non bisogna aver paura di guardare in faccia al dolore. Spesso cerchiamo di evitarlo e deviarlo, ma se ci irrigidiamo, in apnea, ciò porta alle contrazioni.
Ci sono apneisti che cadono in psicotrappole. Alcuni cercano di aver tutto sotto controllo. Fanno super allenamenti e adottano rituali rassicuranti. Però sappiamo che la perfezione non esiste. Ad esempio, se si allagano gli occhialini o le gambe iniziano a far male, prima del solito, l’apneista può andare nel panico.
Ci sono anche gli autoinganni. Riguardano l’illusione di aver risolto tutto, creando una correlazione tra azione e prestazione, o modi rituali di usare l’attrezzatura. Dopo qualche tempo non si può fare a meno seguire un rituale e se l’apneista dimentica di farlo, può capitare che l’imprevisto lo spaventi.
Per cominciare ad immergersi, pertanto, serve la preparazione sia per il corpo che della mente.
Prima di cominciare l’apnea, ho praticato yoga per tanti anni e, oggi, faccio spesso sia rilassamento che respirazione pranayama. Tutte queste attività, accompagnate con una passeggiata all’aria aperta, un po di sport e una dieta sana, sono diventate per me uno stile di vita.
Mi viene di dire, che il limite ci preserva e ci rende un po più liberi.